
|
Reportage
15 settembre 2021 - Attualità - Afghanistan - Il Giornale |
|
| Niente adolescenti né stipendio nella scuola dedicata alla Cutuli |
Fausto Biloslavo Gian Micalessin Jebrael (Afghanistan) La scuola è una macchia di mattoni azzurri tra il verde della vegetazione, l\'intrico di canali putridi e le case di fango su cui sventolano ancora le bandiere rosse e verdi preparate per l\'Ashura, la grande festa dell\'Islam sciita dello scorso 18 agosto. Siamo a Jebrael, un villaggio della minoranza Hazara, dodici chilometri a ovest di Herat. La scuola dedicata a Maria Grazia Cutuli, la collega assassinata in Afghanistan da una banda talebana il 19 novembre di 20 anni fa, è appena aldilà della strada che attraversa il villaggio. Sono le nove di mattina e una frotta di bimbe con il grembiule nero e la testa avvolta in lunghi veli bianchi sciama dal cancello e s\'infila nell\'entrata, passando accanto alla lapide con il nome di Maria Grazia. Oltre quella soglia nulla fa pensare all\'Afghanistan. L\'impressione è, piuttosto, quella di entrare in una scuola di campagna dell\'Italia di 50 anni fa. I banchi sono di legno grezzo, i muri un po\' scrostati, il pavimento di piastrella grezze, ma in questa rude sobrietà non c\'è nulla fuori posto. Corridoi e aule sono spogli, ma puliti e nelle classi le bambine seguono con un\'attenzione inaspettata la lezione delle maestre. A prima vista, insomma, la scuola Maria Grazia Cutuli sembra capace di garantire livelli educativi superiori a quelli di tanta parte dell\'Afghanistan. Ma non è tutto oro quel che luccica. Per capirlo basta entrare nell\'ufficio, desolatamente vuoto, di Shir Ahmad Mohammedi, direttore e responsabile della scuola. Accanto alla sua scrivania, ancora vuota, campeggia una foto impolverata di Maria Grazia Cutuli appoggiata su una fotocopiatrice. «Vi spiegherà meglio lui quando arriva» - abbozza una signora velata che si presenta come il supervisore dell\'istituto. In quel «quando» è nascosta la spada di Damocle sospesa sul futuro di questo edificio azzurro, sulle sue insegnanti e sui suoi scolari. «Da quando ci sono loro - sussurra la sovrintendente evitando di pronunciare la parola talebani - lui può mettere piedi in ufficio solo quando le maestre e le bimbe hanno finito lezione». E infatti la moto di Shir Ahmad fa capolino davanti al cancello cinque minuti dopo la campanella che - alle 12.30 - rimanda a casa le bimbe velate. «Mi dispiace, ma da quando ci sono i talebani sono cambiate tutte le regole, ci hanno bloccato le classi dai dodici ai diciotto anni. Qui fino a pochi mesi fa facevamo studiare cinquecento alunni, ora possiamo insegnare solo alle bimbe e ai bimbi dai sei ai 12 anni. Ma solo quando non ci sono i maschi e viceversa». I problemi veri non sono soltanto le nuove regole dell\'Emirato talebano. «Il principale - spiega Shir Ahmad - sono gli stipendi. Da quando i talebani hanno preso il potere non ne abbiamo ricevuto nemmeno uno. Molte insegnanti mi hanno fatto capire che se continuerà così non verranno più al lavoro perché dovranno trovare qualche altro modo per sbarcare il lunario. Quindi - a meno che non arrivino fondi dall\'Italia o da altri finanziatori la scuola rischia di chiudere i battenti a breve». Ma la foto di Maria Grazia tirata giù dal muro e appoggiata a lato della scrivania è il segnale di altre, ben più gravi incognite. «Almeno tre ragazzi usciti da questa scuola si sono arruolati nei talebani. Quindi loro sanno praticamente tutto. Sanno a chi è dedicato l\'istituto, sanno cosa insegniamo ai nostri alunni, conoscono il mio nome e quello di tutte le maestre. In passato ho subito anche delle aggressioni. Una volta mi hanno rubato la moto, un\'altra mi hanno preso a bastonate in testa. Ora ricevo minacce e insulti quasi continuamente. Anche per questo ho tirato giù dal muro la fotografia e l\'ho messa qua. Non voglio fornire pretesti a quella gente. Non voglio che vengano e la rompano. E, soprattutto, non voglio che mi impongano di cambiare il nome della scuola come mi hanno già chiesto in passato. Voi giornalisti credete ai loro proclami sull\'amnistia e sul perdono, ma io non mi fido di quelle persone. Per loro io, le mie maestre e questo istituto siamo solo una spina nel fianco. Non so se useranno il taglio degli stipendi, la violenza o la forza della legge, ma di sicuro faranno di tutto per farci chiudere». |
| [continua] |
|
video
|
|
|
23 novembre 2001 | TG5 - Canale 5 e Studio Aperto - Italia 1 | reportage
La battaglia di Kandahar
La battaglia di Kandahar
|
|
|
|
|
28 ottobre 2012 | TGCOM | reportage
Così sono saltato in aria in aria su una trappola esplosiva con i soldati italiani in Afghanistan
L’esplosione è improvvisa, quando meno te l’aspetti, lungo una pista arida, assolata e deserta, che si infila fra le montagne. Non hai neppure il tempo di capire se sei vivo o morto, che la polvere invade il super blindato Cougar fatto apposta per resistere alle trappole esplosive. E’ come se la mano del Dio talebano afferrasse il bestione da 14 tonnellate in movimento fermandolo come una macchinina giocattolo. “Siano saltati, siamo saltati” urla alla radio il tenente Davide Secondi, che conduce la missione per stanare gli Ied, le famigerate trappole esplosive. E poi sbotta: “Porco demonio”.
|
|
|
|
|
27 novembre 2001 | TG5 - Canale 5 | reportage
Kunduz sta cadendo
Kunduz sta cadendo "Inshalla"
|
|
|
|
radio

|
04 agosto 2008 | Radio 24 | reportage |
Afghanistan
Taccuino di guerra - In volo sugli elicotteri dei marines
Afghanistan, un'estate in trincea. In prima linea con i marines
|

|
11 agosto 2009 | Radio24 | reportage |
Afghanistan
Al fronte con gli italiani/ A caccia dei razzi talebani
A caccia di mortai e razzi talebani che colpivano Tobruk, la base più avanzata dei paracadutisti italiani nella famigerata provincia di Farah. E’ questa la missione del 2° plotone Jolly guidato dal maresciallo Cristiano Nicolini, 35 anni, di Ancona. Si esce di notte con i visori notturni montati sull’elmetto che fanno sembrare il paesaggio afghano ancora più lunare di quello che è, con una tinta verdognola. Si va verso Shewan la roccaforte dei talebani, dove gli inosrti hanno scavato tunnel e cunicoli che collegano le case, le postazioni trincerate e spuntano a 300 metri dall’abitato in campo aperto. Come i vietcong. Un reticolo mortale per i parà che da queste parti hanno combattuto battaglie durissime. “Negli ultimi due mesi le trappole esplosive e le imbosctae sono aumentate fortmente, in vista delle elezioni” spiega il maresciallo Nicolini.
Per il voto del 20 agosto che eleggerà il nuovo presidente afghano sono previsti 1089 seggi elettorali nel settore ovest del paese controllato dagli italiani. Almeno il 15% è a rischio. I seggi vengono ricavati in scuole e moschee ed i parà li hanno ispezionati tutti nell’ostica provincia di Farah. In alcuni casi neppure esistevano, in un villaggio gli afghani non avevano idea che ci fossero le elezioni e da altre parti non hanno trovato anima disposta a parlare del voto. La maggioranza dei seggi, però, sarà aperta con l’aiuto della Folgore.
Fausto Biloslavo da base Tobruk, Afghanistan occidentale
per Radio 24 Il Sole 24 ore
|

|
12 aprile 2010 | Radio 24 | intervento |
Afghanistan
Giallo sulla confessione di Emergency
Gioco sporco e tinto di giallo sula sorte dei tre volontari italiani di Emergency in manette con l’accusa di essere coinvolti in un complotto talebano per uccidere il governatore della provincia afghana di Helmand.
|

|
12 giugno 2009 | R101 | intervento |
Afghanistan
Soldati italiani nel mirino
Le truppe italiani, assieme all'esercito afghano, espandono il controllo del territorio ed aumentano gli scontri. La fine della raccolta dell'oppio offre soldi e manovalanza per i talebani.
|

|
23 agosto 2008 | Radio24 | intervento |
Afghanistan
Strage di civili
Afghanistan, un'estate in trincea.
|
|
|
|
|