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Reportage
10 marzo 2022 - Esteri - Ucraina - Grazia |
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Resistiamo anche per voi |
KIEV - Katya è una bella ragazza mora, che si è specializzata nella preparazione delle molotov. Prima versa la pece, poi la benzina e infine lo straccio che serve da miccia. I giovani patrioti che nella capitale ucraina si sono organizzati per quartiere hanno già pronti dei piccoli arsenali di bottiglie incendiare. Non vinceranno la guerra con le molotov, ma lo stesso ministero della Difesa ucraino ha postato in rete le istruzioni, con tanto di disegni, dei mezzi russi e dove vanno colpiti con le molotov per metterli fuori uso. Assieme alla distribuzione di armi ai civili, la mobilitazione popolare finirà con una battaglia quartiere per quartiere e un bagno di sangue se i russi attaccassero Kiev. “Siamo gli eredi dei ragazzi di Budapest e Praga che affrontarono i carri armati sovietici. Oggi tocca a noi morire per la patria. Ricordatevi, però, che non combattiamo solo per l’Ucraina, ma per la libertà dell’Europa” è convinto Artem Zinchenko, barba curata e bomber nero. Nome di battaglia Avik si è fatto le ossa sulle barricate di piazza Maidan, dove tutto è cominciato con la presa del potere dei rivoltosi nel 2014, la zampata russa in Crimea e la guerra nel Donbass. Avik è stato sei volte in Italia da Milano a Napoli e parla un po’ italiano. Adesso è il giovane capo della resistenza di un quartiere che potrebbe essere fra i primi a venire investito dall’attacco russo sulla capitale. I patrioti di Avik hanno eretto diverse barricate con sacchetti di sabbia, pezzi di cemento, carcasse di macchine, copertoni e reti. Più che fermare rallenteranno le colonne russe cercando di impantanarle in un Vietnam urbano. I giovani con le molotov che montano la guardia scherzano sulle bottiglie incendiarie: “Tu hai vino bianco, birra o spumante?”. Una ragazza bionda che mai avrebbe immaginato di trovarsi in guerra non ha dubbi: “Siamo cresciuti in questo quartiere. Eravamo in asilo, a scuola assieme. Siamo pronti a difendere la nostra città. Non vogliamo la guerra, ma non abbiamo scelta”. Tutti ragazzi che amano la vita e fino al 24 febbraio, quando è scattata l’invasione, ballavano in piazza Maidan al ritmo della musica pop russa. “Adesso tutto è cambiato. siamo pronti a sacrificarci per la libertà dell’Ucraina” sottolinea Avik nella “base” della resistenza di quartiere con alle spalle la bandiera nazionale blu e gialla. La palazzina bassa con alte mura di cinta è il bunker perfetto per la guerriglia. I ragazzi portano viveri e acqua, le ragazze sistemano i rifornimenti. Gli ex militari del quartiere hanno rispolverato mimetica, kalashnikov e presidiano le barricate. La città è disseminata di posti di blocco, barriere in cemento e cavalli di Frisia per fermare i tank. Gli autobus gialli sono piazzati in mezzo alle strade più larghe. Trent’anni dopo Kiev ricorda Sarajevo poco prima del terribile assedio. Il fronte è a una manciata di chilometri dalla periferia. Il benvenuto è un sibilo continuo e da brivido di una batteria multipla ucraina che lancia un razzo dietro l’altro verso i russi. L’artiglieria risponde al fuoco e le granate esplodono vicino. “Oggi arrivano meno colpi. Siete fortunati. Stiamo evacuando i civili” spiega un sergente di ferro dell’esercito ucraino. Oltre i finestrini appannati di un autobus giallo si intravedono gli spettri della guerra: volti atterriti di donne e bambini accompagnato dai loro padri e mariti, che sono tornati indietro per fronteggiare la gigantesca colonna russa a soli 25 chilometri dal centro di Kiev. Il ponte con Irpin è spezzato in due. Soldati diretti in prima linea e civili in fuga con i trolley, gatti e cani devono passare su un’instabile passarella di legno. La cittadina è spettrale e la popolazione vive sotto terra in bunker della seconda guerra mondiale. Una donna attaccata al telefonino con qualche parente chissà dove piange disperatamente. Un’anziana allarga le braccia e si dispera: “La scora notte una bomba ha portato via mia nipote, ma ne ho altri dieci. Chi andrà a salvarli?” La sua famiglia è intrappolata a Gostomel presa dai russi poche ore dopo. I militari ucraini si aspettano un attacco e dobbiamo tornare indietro di corsa. Un soldatino si butta per terra puntando il lanciagranate ed i blindati al riparo di alcune case scaldano i motori per l’ennesima battaglia. Dal primo marzo i missili russi colpiscono anche la capitale. Il primo danneggia la torre della televisione, che resta in piedi, ma in realtà fa a pezzi una palestra dall’altra parte della strada. Fumo e fiamme avvolgono bilancieri e tapi roulant, non proprio obiettivi militari. Le sirene ululano più volte al giorno e alla periferia di Kiev le colonne di fumo nero si alzano verso il cielo. Ogni notte i boati dei missili si avvicinano di più al centro. I viveri scarseggiano perchè gli alimentari aperti sono pochi e si creano lunghe file. Anche i giornalisti devono arrangiarsi con acqua, pane e scatolette. Lera è una giovane che fra pochi giorni compirà 17 anni, l’età di mia figlia. Assieme a 200 civili si sta svegliando nei bivacchi per terra ricavati nel rifugio di una scuola: “E’ un incubo. Sono giovane e mai avrei pensato di trovarmi in guerra. Voglio solo tornare alla vita di prima”. Con le dita fa il segno di vittoria e dice una sola parola: “Peace”. Fausto Biloslavo |
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01 febbraio 2014 | MezziToni | reportage
Sulle barricate di Kiev
Piazza Maidan, l'Ucraina e le mille facce della rivolta contro il regime del presidente Viktor Yanukovich.
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02 luglio 2014 | SKYTG24 | reportage
Gli uomini neri sul fronte dell'Est
La guerra civile in Ucraina sempre più sanguinosa e dimenticata schiera in prima linea un reparto fedele a Kiev, che arruola volontari provenienti da paesi europei come Italia, Svezia, Finlandia e Francia. Il battaglione Azov, accusato di simpatie naziste, sta combattendo con i suoi 250 uomini sul fronte di Mariupol, una città costiera nell’Est dell’Ucraina. Una dozzina di volontari stranieri, che sostengono di non venir pagati, hanno già prestato giuramento. Altri 24 stanno arrivando e su Facebook, il veterano francese della guerra in Croazia, Gaston Besson, ha lanciato da Kiev un appello all’arruolamento. Per giorni abbiamo seguito dalla base di Berdyansk, nell’est dell’Ucraina, il battaglione Azov, che è sotto il controllo del ministero dell’Interno.
Fra i volontari europei, l’italiano Francesco F. ha lasciato la vita da manager per combattere al fianco degli ucraini contro i ribelli filo russi. Il cecchino svedese, Mikael Skillt, uno dei pochi a parlare a viso scoperto, ha una taglia dei separatisti sulla testa. E fra loro c’è pure un russo che vorrebbe abbattere il governo di Mosca.
Per il colore della divisa e la provenienza dall’estrema destra ucraina ed europea sono conosciuti come “gli uomini neri”.
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07 marzo 2014 | TG5 | reportage
In Crimea arrivano i volontari serbi
SEBASTOPOLI - Folti barboni, mimetiche, coltellacci alla cintola e sulla spalla il teschio con le tibie incrociate, simbolo del sacrificio in nome del popolo slavo. Si presenta così una ventina di cetnici, i paramilitari serbi, arrivati in Crimea per dare man forte ai filo russi. Non è stato facile trovare l’avanguardia dei “lupi” come vengono chiamati i volontari giunti dalla Serbia.
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16 aprile 2014 | Radio IES | intervento |
Ucraina
Una nuova Crimea
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26 maggio 2014 | RadioVaticana | intervento |
Ucraina
Il nuovo presidente ucraino e la guerra civile nell'Est
I rapporti con Mosca, la crisi economica, la secessione del Donbas e lo spettro della guerra civile sempre più sanguinosa.
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27 marzo 2014 | La notte di radio uno | intervento |
Ucraina
Crimea, i trenta giorni che sconvolsero l'Europa
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