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07 giugno 2022 - Il Fatto - Ucraina - Il Giornale
Zelensky al fronte: “Orgoglioso di voi” Ma sale la tensione con i suoi generali
«Tu che hai visto l\'assedio di Sarajevo e il conflitto nell\'ex Jugoslavia quando finirà l\'invasione russa? Nel Donbass si combatteva da 8 anni, ma in una zona circoscritta. Adesso durerà delle settimane o qualche mese?». La domanda, nella speranza che l\'incubo finisca presto, era ripetitiva da parte degli ucraini fin dai primi giorni di guerra con le truppe russe che minacciavano la capitale. La risposta che nell\'ex Jugoslavia il conflitto è durato a fasi alterne per dieci anni, prima di far tacere le armi, ammutoliva i poveretti che volevano solo tornare alla normalità.
Al quarto mese di guerra lo stesso presidente, Volodymyr Zelenskyi, deve ammettere che la situazione non è rosea anche se le truppe resistono con le unghie e con i denti. La sua visita negli ultimi due giorni sui fronti più caldi, a cominciare dal Donbass, ha messo a nudo che fermare i russi nell\'avanzata ad Est è quasi una missione impossibile. Il presidente ammette che «le condizioni» sul fronte orientale «sono indescrivibilmente difficili». Il capo dello stato ha raggiunto coraggiosamente, di notte, la linea di difesa a Lysychansk martellata dall\'artiglieria e dai caccia bombardieri russi. La cittadina sorge su una collina che domina la prima linea di Severodonetsk. Le forze ucraine «mantengono le loro posizioni», spiega Zelensky rientrato a Kiev nonostante gli assalti delle truppe russe, ma i soldati di Mosca risultano «più numerosi e più forti». Severodonetsk e Lysychansk «sono città morte», dichiara il capo dello Stato. Un\'ammissione dovuta dopo avere rivelato che gli ucraini subiscono perdite terribili da 60 a 100 uomini al giorno. Tutti sperano nei nuovi lanciarazzi multipli promessi dagli americani e nelle ultime ore pure anche dagli inglesi, ma ci vorranno almeno tre settimane per metterli in linea. Sergey Lavrov, ministro degli Esteri russo, ha subito minacciato che «più lunga sarà la gittata delle (nuove) armi e più avanzeremo» sul territorio ucraino.
Zelensky nel blitz sui fronti caldi si è detto «orgoglioso di tutte le persone che ho incontrato, a cui ho stretto la mano e dato il mio sostegno. Abbiamo qualcosa per loro, ma non scenderò nei dettagli, mentre ho avuto qualcosa da loro che è importante: fiducia e forza». Non basterà per fermare le truppe d\'invasione, che pure sul fronte sud di Zaporizhzhia hanno occupato il 60% della regione come ha confermato al presidente in visita il governatore Oleksandr Starukh.
Soprattutto per il Donbass gli stessi militari in prima linea ed i loro comandanti si chiedono se ha senso combattere sotto un diluvio di fuoco a Severodonetsk, fino all\'ultimo uomo, oppure se sarebbe meglio ritirarsi per resistere sulla linea del Piave di Sloviansk e Kramatorsk. A Kiev i vertici della Difesa sono seriamente preoccupati ed il rapporto con Zelesnky non è più così idilliaco. Non a caso a fine maggio, in occasione della sua visita a Kharkiv, il presidente ha rimosso il capo della sicurezza accusandolo di «non aver lavorato per la difesa della città», la seconda del paese. E sono cadute anche le teste di altri «antieroi», una formula soft utilizzata da Zelensky per i traditori degradati, come l\'ex capo del dipartimento chiave della sicurezza interna, Naumov Andriy Olehovych, e l\'ex responsabile della regione di Kherson, Kryvoruchko Serhiy Oleksandrovych, che «non sono più generali».
Anche la «battaglia» del grano va male. Kiev non si fida del possibile accordo fra turchi e russi con la possibile scorta delle navi da guerra di Ankara ai mercantili carichi di grano attraverso il Mar Nero. Zelensky ha annunciato che la quantità di cereali destinati all\'esportazione e bloccati in Ucraina, a causa della guerra, potrebbe triplicare «da qui all\'autunno per arrivare a 75 milioni di tonnellate». Il presidente sembra avere perso lo smalto anche con gli alleati europei, dopo i successi travolgenti dei discorsi ai Parlamenti occidentali da Kiev sotto attacco. L\'asse d\'acciaio è sempre inossidabile con il premier inglese Boris Johnson, ma i russi non aspettano altro di vedere scricchiolare la compattezza pro Ucraina come potrebbe capitare con il Parlamento italiano.
[continua]

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14 marzo 2014 | TG5 | reportage
Gli italiani di Crimea
Gli italiani di Crimea, emigrati nella penisola oltre duecento anni fa, furono deportati in Siberia e decimati da Stalin, che li considerava una spina nel fianco durante la seconda guerra mondiale. Poi sono tornati a Kerch, vicino all'ex confine con la Russia. Gli italiani di origine sono ancora 500.

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20 luglio 2014 | Russia 1 | reportage
Gli uomini neri
La guerra civile in Ucraina sempre più sanguinosa e dimenticata schiera in prima linea un reparto fedele a Kiev, che arruola volontari europei provenienti da Italia, Svezia, Finlandia, paesi Baltici e Francia. Il battaglione Azov, accusato di simpatie naziste, sta combattendo con i suoi 250 uomini sul fronte orientale dell'Ucraina contro i ribelli filo russi. Una dozzina di volontari stranieri, che giurano di non venir pagati, hanno già prestato giuramento. Altri 24 stanno arrivando e su Facebook, il veterano francese della guerra in Croazia, Gaston Besson, ha lanciato da Kiev un appello all'arruolamento. Per giorni abbiamo seguito dalla base di Berdyansk, nell'est del paese, il battaglione Azov, che è sotto il controllo del ministero dell'Interno. Fra i volontari europei, l'italiano Francesco F. ha lasciato la vita da manager per combattere al fianco degli ucraini contro i ribelli filo russi. Il cecchino svedese, Mikael Skillt, uno dei pochi a parlare a viso scoperto, ha una taglia dei separatisti sulla testa. E fra loro c'è pure un russo che vorrebbe abbattere il governo di Mosca. Per il colore della divisa e la provenienza dall'estrema destra ucraina ed europea sono conosciuti come "gli uomini neri".

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07 marzo 2014 | TG5 | reportage
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SEBASTOPOLI - Folti barboni, mimetiche, coltellacci alla cintola e sulla spalla il teschio con le tibie incrociate, simbolo del sacrificio in nome del popolo slavo. Si presenta così una ventina di cetnici, i paramilitari serbi, arrivati in Crimea per dare man forte ai filo russi. Non è stato facile trovare l’avanguardia dei “lupi” come vengono chiamati i volontari giunti dalla Serbia.

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I rapporti con Mosca, la crisi economica, la secessione del Donbas e lo spettro della guerra civile sempre più sanguinosa.

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16 aprile 2014 | Radio IES | intervento
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Una nuova Crimea


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27 marzo 2014 | La notte di radio uno | intervento
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Crimea, i trenta giorni che sconvolsero l'Europa


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