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22 novembre 2022 - Prima - Italia - Il Giornale
Migranti, l’Ue si sveglia “Sbarchi insostenibili” Nuova stretta sulle Ong
Un piano europeo in venti punti su come tamponare l\\\'ondata migratoria via mare, accolto bene dal Viminale, ma che assomiglia ad una via di mezzo fra buoni auspici e decisioni già prese che stentano ad ottenere risultati sul terreno. La Commissaria europea agli Affari Interni, Ylva Johansson, ha sottolineato che «il focus è sul Mediterraneo Centrale. Gli ultimi eventi confermano una situazione insostenibile con un aumento del 50% in più rispetto all\\\'anno scorso».
Il dato di ieri registrava 94.344 migranti illegali sbarcati in Italia da gennaio, quasi il triplo rispetto al 2020. E la stessa Johansson ha ammesso che «su 8mila promesse di ricollocamento» dall\\\'Italia «gli Stati membri hanno accolto solo 177 richiedenti asilo».
Anche per questo motivo la Commissione ha deciso di lanciare «un piano d\\\'azione con tre pilastri» sulla cooperazione con i paesi di partenza, coordinamento dei soccorsi riguardanti pure le Ong e veri ricollocamenti. La prima parte del piano mira a rafforzare la collaborazione con Tunisia, Egitto e Libia per migliorare la loro capacità di contrasto della migrazione illegale e gestione delle frontiere. L\\\'investimento, già previsto, è di 580 milioni di euro fino al 2023. Non solo: verrà incrementata «la lotta contro il traffico di migranti e migliorato l\\\'impegno diplomatico sui rimpatri, intensificando al contempo i percorsi legali verso l\\\'Ue». Con Egitto e Tunisia può anche funzionare, ma nel buco nero libico non sarà così facile mantenendo le rigide regole imposte dalla Ue sui diritti dei migranti e porto sicuro. Primo fra tutti il necessario appoggio alla Guardia costiera libica, che fino ad ottobre aveva intercettato e riportato indietro 16.283 persone. Il piano punta molto sui «rimpatri umanitari volontari dalla Libia».
Il secondo pilastro dei 20 punti proposti, in vista del Consiglio straordinario che si riunirà venerdì con i ministri dell\\\'Interno Ue, riguarda i soccorsi e gli interventi in mare. La commissione chiede un «miglior coordinamento» di tutti gli attori coinvolti compresi «i soggetti privati». Le Ong del mare non vengono mai citate, ma si punta ad «aumentare la cooperazione tra gli Stati membri e promuovere le migliori pratiche e modalità per lo scambio di informazioni e il coordinamento. In particolare tra i paesi costieri e di bandiera (delle navi delle Ong ndr)». Belle parole, ma ben poco concrete e lontane da un nuovo, chiaro e perentorio codice di condotta, che sarebbe necessario. Si prevede anche di «promuovere le discussioni in seno all\\\'Organizzazione marittima internazionale sulla necessità di un quadro specifico e di linee guida per le navi che si dedicano in modo particolare alle attività di ricerca e salvataggio, in particolare alla luce degli sviluppi nel contesto europeo». Ottimi propositi che avranno comunque bisogno di tempo per regolare lo strapotere delle Ong.
Il terzo pilastro prevede, per l\\\'ennesima volta, il rafforzamento del meccanismo volontario di solidarietà con relativa tabella di marcia. Il piano d\\\'azione della Commissione propone di accelerare «l\\\'attuazione del meccanismo, anche per fornire un sostegno rapido agli Stati membri che ricevono gli arrivi via mare (come l\\\'Italia nda), migliorando la flessibilità, snellendo i processi e attuando il finanziamento di misure alternative di solidarietà».
Il ministro dell\\\'Interno, Matteo Piantedosi, è un ottimista e vede il bicchiere mezzo pieno: «Sono soddisfatto per i contenuti del Piano di azione. Il testo mette al centro della discussione alcune importanti questioni in tema di gestione dei flussi migratori e lo fa nella prospettiva già auspicata dal Governo italiano». Vero, ma non risolverà a breve i problemi, a cominciare dal braccio di ferro con le Ong.
Nel frattempo gli sbarchi continuano con un migliaio di arrivi nel siracusano. La Guardia costiera è stata impegnata in una difficile operazione con mare forza 5 per l\\\'ennesimo peschereccio con 580 persone a bordo partito dalla Libia dell\\\'Est.
Il piano d\\\'azione, se avrà successo o almeno verrà effettivamente applicato, servirà «come modello per altre rotte migratorie». La Commissione ribadisce che bisogna rimanere «vigili sulle rotte dalla Turchia lungo il Mediterraneo orientale e quella migratoria attraverso i Balcani occidentali».
[continua]

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10 giugno 2008 | Emittente privata TCA | reportage
Gli occhi della guerra.... a Bolzano /2
Negli anni 80 lo portava in giro per Milano sulla sua 500, scrive Panorama. Adesso, da ministro della Difesa, Ignazio La Russa ha voluto visitare a Bolzano la mostra fotografica Gli occhi della guerra, dedicata alla sua memoria. Almerigo Grilz, triestino, ex dirigente missino, fu il primo giornalista italiano ucciso dopo la Seconda guerra mondiale, mentre filmava uno scontro fra ribelli e governativi in Mozambico nell’87. La mostra, organizzata dal 4° Reggimento alpini paracadutisti, espone anche i reportage di altri due giornalisti triestini: Gian Micalessin e Fausto Biloslavo.

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04 luglio 2012 | Telefriuli | reportage
Conosciamoci
Giornalismo di guerra e altro.

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10 giugno 2008 | TG3 regionale | reportage
Gli occhi della guerra.... a Bolzano /1
Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, non dimentica i vecchi amici scomparsi. Il 10 giugno ha visitato a Bolzano la mostra fotografica “Gli occhi della guerra” dedicata ad Almerigo Grilz. La mostra è stata organizzata dal 4° Reggimento alpini paracadutisti. Gli ho illustrato le immagini forti raccolte in 25 anni di reportage assieme ad Almerigo e Gian Micalessin. La Russa ha ricordato quando "sono andato a prendere Fausto e Almerigo al ritorno da uno dei primi reportage con la mia vecchia 500 in stazione a Milano. Poco dopo li hanno ricoverati tutti e due per qualche malattia". Era il 1983, il primo reportage in Afghanistan e avevamo beccato l'epatite mangiando la misera sbobba dei mujaheddin, che combattevano contro le truppe sovietiche.

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03 giugno 2019 | Radio Scarp | intervento
Italia
Professione Reporter di Guerra


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25 maggio 2010 | Spazio Radio - Radio 1 | intervento
Italia
L'Islam nelle carceri italiane
In Italia su oltre 23mila detenuti stranieri, 9840 risultano musulmani, secondo i dati ufficiali. Almeno seimila, però, non si sono dichiarati. Il rapporto di 364 pagine, “La radicalizzazione jihadista nelle istituzioni penitenziarie europee”, realizzato dall’esperto di Islam nella carceri, Sergio Bianchi, ne indica 13mila.
In Italia ci sono circa 80 islamici dietro le sbarre per reati connessi al terrorismo. Dal 2009 li hanno concentrati in quattro istituti di pena: ad Asti, Macomer, Benevento e Rossano. Nel carcere di Opera, invece, sono arrivati Adel Ben Mabrouk, Nasri Riadh e Moez Abdel Qader Fezzani, ex prigionieri di Guantanamo. Chi li controlla ogni giorno racconta che parlano in italiano. La guerra santa in Afghanistan l’hanno abbracciata dopo aver vissuto come extracomunicatori nel nostro paese. Non si possono incontrare fra loro e vivono in celle singole. Pregano regolarmente con molta devozione e hanno mantenuto i barboni islamici.

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20 giugno 2017 | WDR | intervento
Italia
Più cittadini italiani con lo ius soli
Estendere la cittadinanza italiana ai bambini figli di stranieri? È la proposta di legge in discussione in Senato in questi giorni. Abbiamo sentito favorevoli e contrari.

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27 gennaio 2020 | Radio 1 Italia sotto inchiesta | intervento
Italia
Esercito e siti ebraici
Fausto Biloslavo I nostri soldati rispettano la giornata della Memoria dell’Olocausto non solo il 27 gennaio, ma tutto l’anno. L’esercito, con l’operazione Strade sicure, schiera 24 ore al giorno ben 700 uomini in difesa di 58 siti ebraici sul territorio nazionale. Tutti obiettivi sensibili per possibile attentati oppure oltraggi anti semiti. “Per ora non è mai accaduto nulla anche grazie alla presenza dei militari, che serve da deterrenza e non solo. Il senso di sicurezza ha evitato episodi di odio e minacce ripetute come in Francia, che rischiano di provocare un esodo della comunità ebraica” spiega una fonte militare de il Giornale. I soldati, che si sono fatti le ossa all’estero, sorvegliano, quasi sempre con presidi fissi, 32 sinagoghe o tempi ebraici, 9 scuole, 4 musei e altri 13 siti distribuiti in tutta Italia, ma soprattutto al nord e al centro. La città con il più alto numero di obiettivi sensibili, il 41%, è Milano. Non a caso il comandante del raggruppamento di Strade sicure, come in altre città, è ufficialmente invitato alle celebrazioni del 27 gennaio, giorno della Memoria. Lo scorso anno, in occasione dell’anniversario della nascita dello Stato di Israele, il rappresentante della comunità ebraica di Livorno, Vittorio Mosseri, ha consegnato una targa al comandante dei paracadustisti. “Alla brigata Folgore con stima e gratitudine per il servizio di sicurezza prestato nell’ambito dell’operazione Strade sicure contribuendo con attenzione e professionalità al sereno svolgimento delle attività della nostro comunità” il testo inciso sulla targa. In questi tempi di spauracchi anti semiti l’esercito difende i siti ebraici in Italia con un numero di uomini praticamente equivalente a quello dispiegato in Afghanistan nel fortino di Herat. Grazie ad un’esperienza acquisita all’estero nella protezione delle minoranze religiose, come l’antico monastero serbo ortodosso di Decani in Kosovo. “In ogni città dove è presente la comunità ebraica esiste un responsabile della sicurezza, un professionista che collabora con le forze dell’ordine ed i militari per coordinare al meglio la vigilanza” spiega la fonte del Giornale. Una specie di “assessore” alla sicurezza, che organizza anche il sistema di sorveglianza elettronica con telecamere e sistemi anti intrusione di avanguardia su ogni sito. Non solo: se in zona appare un simbolo o una scritta anti semita, soprattuto in arabo, viene subito segnalata, fotografata, analizzata e tradotta. “I livelli di allerta talvolta si innalzano in base alla situazione internazionale” osserva la fonte militare. L’ultimo allarme ha riguardato i venti di guerra fra Iran e Stati Uniti in seguito all’eliminazione del generale Qassem Soleimani. Roma è la seconda città per siti ebraici presidiati dai militari compresi asili, scuole e oratori. Le sinagoghe sono sorvegliate pure a Napoli, Verona, Trieste e quando necessario vengono disposte le barriere di cemento per evitare attacchi con mezzi minati o utilizzati come arieti. A Venezia i soldati garantiscono la sicurezza dello storico ghetto. A Livorno e in altre città sono controllati anche i cimiteri ebraici. Una residenza per anziani legata alla comunità è pure nella lista dei siti protetti a Milano. Ed i militari di Strade sicure nel capoluogo lombardo non perdono d’occhio il memoriale della Shoah, lo sterminio degli ebrei voluto da Hitler.

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06 settembre 2018 | Radio immaginaria | intervento
Italia
Teen Parade
Gli adolescenti mi intervistano sulla passione per i reportage di guerra

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