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Articolo
07 ottobre 2023 - Il Fatto - Italia - Il Giornale
Magistrati schierati
Il caso della giudice Iolanda Apostolico, che grazia gli illegali tunisini e partecipa a rabbiose manifestazioni pro migranti dell’estrema sinistra è la punta di un iceberg. Sul versante della rotta balcanica c’è un’altra giudice, Silvia Albano, specializzata nella protezione internazionale al Tribunale di Roma, che ha fatto calare la scure sulle riammissioni dei migranti illegali in Slovenia. L’ordinanza scaturisce dall’esposto di un pachistano che si è rivelato una gigantesca bufala. La giudice fa parte dell’esecutivo nazionale di Magistratura democratica e del comitato direttivo dell’Anm, l’Associazione nazionale dei togati. E non è un caso che sia vicina all’Asgi, un’associazione legale finanziata da George Soros, che fa di tutto per aprire le porte all’immigrazione. Albano, sulla sua pagina Facebook, appoggia le Ong del mare, anche le più estremiste come la tedesca Sea watch, pubblicizzando raccolte fondi a loro favore e postando articoli. Il 7 febbraio 2020 fa una donazione, lanciata da Alessandro Metz, a favore di nave Mare Jonio. Oggi per Metz assieme a Luca Casarini la procura di Ragusa ha chiesto il rinvio a giudizio per il reato di favoreggiamento aggravato dell’immigrazione clandestina. E ovviamente negli ultimi giorni Albano difende a spada tratta la collega Apostolico nell’occhio del ciclone.
La mazzata sulle riammissioni in Slovenia, pratica comune da parte dei francesi a Ventimiglia, arriva il 18 gennaio 2021 quando Albano accoglie in pieno il ricorso contro il ministero dell’Interno di Mahmood Zeeshan presentato dagli avvocati Caterina Bove e Anna Brambilla legati all’Asgi. In sintesi il pachistano sostiene di essere arrivato a Trieste, capolinea della rotta balcanica, dove la polizia l’ha malmenato e rimandato in Slovenia. E poi è stato rimbalzato in Croazia e alla fine in Bosnia.
La giudice si spinge più in là nell’ordinanza bollando come «illegittime» le «riammissioni informali» in Slovenia, vero obiettivo dell’Asgi, che canta vittoria. L’allora ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, blocca le riammissioni, che si basano su un discusso accordo con Lubiana del 1996. «Al di là dei numeri è grave il messaggio sbagliato arrivato ai trafficanti: nessuno verrà rimandato indietro - spiega Pierpaolo Roberti assessore leghista del Friuli- Venezia Giulia su sicurezza e immigrazione - Per di più si è scoperto con il ricorso del Viminale che la denuncia del pachistano era inventata».
Il 27 aprile 2021 il tribunale di Roma, ma con altri giudici, smaschera la presunta vittima della polizia italiana in stile Pinochet. E la condanna pure al pagamento alle spese processuali, ma non si pronuncia sull’ «eventuale illegittimità» dell’accordo italo-sloveno sulle riammissioni. In pratica rimane in vigore il blocco e torniamo a rimandare indietro gli illegali solo di recente con il ministro Matteo Piantedosi. «Ma a rilento - ammette Roberti - Il danno provocato dall’ordinanza nel contrasto all’immigrazione illegale è irreversibile». Il motivo aggiuntivo è che in Slovenia il nuovo governo di sinistra non vuole saperne di riammissioni crollate a meno di 100. A parte le ripetute interviste sul Manifesto, che criticano il governo su Ong e sbarchi, Albano è l’unico magistrato a partecipare il 14 ottobre 2020 al convegno «Europa: migranti e richiedenti asilo – Per una svolta di civiltà» organizzato da Cgil, Cisl, Uil, Md e Asgi. La mattina interviene Gianfranco Schiavone, allora numero due dell’associazione. A Trieste è presidente della onlus Consorzio Italiano di Solidarietà, che accoglie i migranti in arrivo dalla rotta balcanica facendosi pagare dallo Stato. Non solo preannuncia il caso (farlocco) del pachistano ma dichiara: «Prima o dopo ci sarà un giudice a Berlino». Nel pomeriggio prende la parola Albano che attacca i decreti sicurezza di quando Salvini era ministro dell’Interno. Solo tre mesi dopo gli avvocati dell’Asgi trovano «il giudice a Berlino» evocato da Schiavone con l’ordinanza di Silvia Albano che affossa le riammissioni in Slovenia.
[continua]

video
24 novembre 2015 | Rai 1 Storie vere | reportage
Terrorismo in Europa
Dopo gli attacchi di Parigi cosa dobbiamo fare per estirpare la minaccia in Siria, Iraq e a casa nostra

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21 settembre 2012 | La Vita in Diretta | reportage
Islam in Italia e non solo. Preconcetti, paure e pericoli


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04 luglio 2012 | Telefriuli | reportage
Conosciamoci
Giornalismo di guerra e altro.

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20 giugno 2017 | WDR | intervento
Italia
Più cittadini italiani con lo ius soli
Estendere la cittadinanza italiana ai bambini figli di stranieri? È la proposta di legge in discussione in Senato in questi giorni. Abbiamo sentito favorevoli e contrari.

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27 gennaio 2020 | Radio 1 Italia sotto inchiesta | intervento
Italia
Esercito e siti ebraici
Fausto Biloslavo I nostri soldati rispettano la giornata della Memoria dell’Olocausto non solo il 27 gennaio, ma tutto l’anno. L’esercito, con l’operazione Strade sicure, schiera 24 ore al giorno ben 700 uomini in difesa di 58 siti ebraici sul territorio nazionale. Tutti obiettivi sensibili per possibile attentati oppure oltraggi anti semiti. “Per ora non è mai accaduto nulla anche grazie alla presenza dei militari, che serve da deterrenza e non solo. Il senso di sicurezza ha evitato episodi di odio e minacce ripetute come in Francia, che rischiano di provocare un esodo della comunità ebraica” spiega una fonte militare de il Giornale. I soldati, che si sono fatti le ossa all’estero, sorvegliano, quasi sempre con presidi fissi, 32 sinagoghe o tempi ebraici, 9 scuole, 4 musei e altri 13 siti distribuiti in tutta Italia, ma soprattutto al nord e al centro. La città con il più alto numero di obiettivi sensibili, il 41%, è Milano. Non a caso il comandante del raggruppamento di Strade sicure, come in altre città, è ufficialmente invitato alle celebrazioni del 27 gennaio, giorno della Memoria. Lo scorso anno, in occasione dell’anniversario della nascita dello Stato di Israele, il rappresentante della comunità ebraica di Livorno, Vittorio Mosseri, ha consegnato una targa al comandante dei paracadustisti. “Alla brigata Folgore con stima e gratitudine per il servizio di sicurezza prestato nell’ambito dell’operazione Strade sicure contribuendo con attenzione e professionalità al sereno svolgimento delle attività della nostro comunità” il testo inciso sulla targa. In questi tempi di spauracchi anti semiti l’esercito difende i siti ebraici in Italia con un numero di uomini praticamente equivalente a quello dispiegato in Afghanistan nel fortino di Herat. Grazie ad un’esperienza acquisita all’estero nella protezione delle minoranze religiose, come l’antico monastero serbo ortodosso di Decani in Kosovo. “In ogni città dove è presente la comunità ebraica esiste un responsabile della sicurezza, un professionista che collabora con le forze dell’ordine ed i militari per coordinare al meglio la vigilanza” spiega la fonte del Giornale. Una specie di “assessore” alla sicurezza, che organizza anche il sistema di sorveglianza elettronica con telecamere e sistemi anti intrusione di avanguardia su ogni sito. Non solo: se in zona appare un simbolo o una scritta anti semita, soprattuto in arabo, viene subito segnalata, fotografata, analizzata e tradotta. “I livelli di allerta talvolta si innalzano in base alla situazione internazionale” osserva la fonte militare. L’ultimo allarme ha riguardato i venti di guerra fra Iran e Stati Uniti in seguito all’eliminazione del generale Qassem Soleimani. Roma è la seconda città per siti ebraici presidiati dai militari compresi asili, scuole e oratori. Le sinagoghe sono sorvegliate pure a Napoli, Verona, Trieste e quando necessario vengono disposte le barriere di cemento per evitare attacchi con mezzi minati o utilizzati come arieti. A Venezia i soldati garantiscono la sicurezza dello storico ghetto. A Livorno e in altre città sono controllati anche i cimiteri ebraici. Una residenza per anziani legata alla comunità è pure nella lista dei siti protetti a Milano. Ed i militari di Strade sicure nel capoluogo lombardo non perdono d’occhio il memoriale della Shoah, lo sterminio degli ebrei voluto da Hitler.

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15 marzo 2018 | Radio Radicale | intervento
Italia
Missioni militari e interesse nazionale
https://www.radioradicale.it/scheda/535875/missioni-militari-e-interesse-nazionale Convegno "Missioni militari e interesse nazionale", registrato a Roma giovedì 15 marzo 2018 alle 09:23. L'evento è stato organizzato da Center for Near Abroad Strategic Studies. Sono intervenuti: Paolo Quercia (Direttore del CeNASS, Center for Near Abroad Strategic Studies), Massimo Artini (vicepresidente della Commissione Difesa della Camera dei deputati, Misto - Alternativa Libera (gruppo parlamentare Camera)), Fausto Biloslavo (giornalista, inviato di guerra), Francesco Semprini (corrispondente de "La Stampa" da New York), Arije Antinori (dottore di Ricerca in Criminologia ed alla Sicurezza alla Sapienza Università di Roma), Leonardo di marco (generale di Corpo d'Armata dell'Esercito), Fabrizio Cicchitto (presidente della Commissione Affari esteri della Camera, Area Popolare-NCD-Centristi per l'Europa). Tra gli argomenti discussi: Difesa, Esercito, Esteri, Forze Armate, Governo, Guerra, Informazione, Italia, Ministeri, Peace Keeping, Sicurezza. La registrazione video di questo convegno ha una durata di 2 ore e 46 minuti. Questo contenuto è disponibile anche nella sola versione audio

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24 maggio 2010 | Radio Padania Libera | intervento
Italia
Proselitismo islamico dietro le sbarre
“Penso che sia giusto se alcuni musulmani combattono la guerra santa contro gli americani in paesi che non sono la loro terra”. Dopo un lungo girarci attorno Kamel Adid sorprende un po’ tutti, quando sputa il rospo. La domanda riguardava i mujaheddin, i musulmani pronti a morire per Allah, contro l’invasore infedele. Tre soldati della guerra santa, arrivati un paio di mesi fa da Guantanamo, sono rinchiusi poco più in là, nel reparto di massima sicurezza del carcere di Opera, alle porte di Milano.
Adid è un giovane marocchino di 31 anni con barbetta islamica d’ordinanza e tunica color noce. Nel carcere modello di Opera fa l’imam dei 44 musulmani detenuti, che frequentano una grande sala adibita a moschea. Un predicatore fai da te, che di solito parla un linguaggio moderato e ti guarda con occhioni apparentemente timidi.
Deve scontare ancora due mesi di pena per un reato legato alla droga e da pochi giorni è stato trasferito in un altro istituto. “Quelli che si fanno saltare in aria subiscono il lavaggio del cervello – si affretta a spiegare l’autonominato imam – Noi abbiamo riscoperto la fede in carcere. Pregare ci da conforto, ci aiuta ad avere speranza”.

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03 gennaio 2011 | Radio Capodistria - Storie di bipedi | intervento
Italia
Gli occhi della guerra
Le orbite rossastre di un bambino soldato, lo sguardo terrorizzato di un prigioniero che attende il plotone di esecuzione, l’ultimo rigagnolo di vita nelle pupille di un ferito sono gli occhi della guerra incrociati in tanti reportage di prima linea. Dopo l’esposizione in una dozzina di città la mostra fotografica “Gli occhi della guerra” è stata inaugurata a Trieste. Una collezione di immagini forti scattate in 25 anni di reportage da Fausto Biloslavo, Gian Micalessin e Almerigo Grilz, ucciso il 19 maggio 1987 in Mozambico, mentre filmava uno scontro a fuoco. La mostra, che rimarrà aperta al pubblico fino al 20 gennaio, è organizzata dall’associazione Hobbit e finanziata dalla regione Friuli-Venezia Giulia. L’esposizione è dedicata a Grilz e a tutti i giornalisti caduti in prima linea. Il prossimo marzo verrà ospitata a Bruxelles presso il parlamento europeo.Della storia dell'Albatross press agency,della mostra e del libro fotografico Gli occhi della guerra ne parlo a Radio Capodistria con Andro Merkù.

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