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Reportage
04 giugno 2008 - Prima - Iran - il Giornale
Faccia a faccia col "diavolo" trattato da star
Fausto Biloslavo
ROMA – “How are you sir (come va)?” mi chiede il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, che in molti considerano il “diavolo” in persona. Poi mi da la mano senza provocare nessuna folata di zolfo. Nel salone di gala dell’hotel Hilton un nugolo di imprenditori italiani ed una minoranza di iraniani, che vivono nel nostro paese, scattano in piedi all’arrivo dell’ex Pasdaran. E’ l’altra faccia della medaglia di chi se ne frega dell’alone diabolico incollato addosso ad Ahmadinejad e delle sue minacciose sparate contro Israele. L’importante è fare affari con un capo popolo pronto ad aprire le braccia agli imprenditori italiani. Accanto al palco hanno già sistemano il faccione arcigno dell’ayatollah Khomeini, fondatore della Repubblica islamica iraniana e del suo successore la guida suprema Alì Khamenei.
All’hotel Cavalieri Hilton di Roma la Camera di commercio e industria italo-iraniana ha tributato un’accoglienza incredibile ad Ahmadinejad. Non solo tutti in piedi al suo ingresso e applausi a scena aperta, con la cantilena di alcuni versi del Corano, ma anche ressa per dirgli bravo o farsi scattare una stucchevole fotografia assieme, come i turisti con le star del cinema.
Per incontrarlo da vicino l’ho aspettato davanti al palco sedendomi sulla sedia bianca accanto alla sua con alla sinistra il ministro degli Esteri iraniano Manucher Mottaki, indaffarato a leggere appunti in farsi. Ahmadinejad ha capito che ero un giornalista, ma ha fatto buon viso a cattivo gioco. Vedendolo da vicino il “diavolo” è un ometto basso e segaligno con la barbetta spruzzata di bianco. I capelli se li deve lisciare e pettinare con cura. Il completo grigio è semplice e porta una camicia bianca rigorosamente senza cravatta, come usano i rivoluzionari sciiti. Sembra quasi innocuo, a parte lo sguardo furbo e veloce, che ha fulminato l’ambasciatore iraniano Abolfazl Zohrevand, quando tardava a dare la parola all’organizzatore italiano della calorosa accoglienza ad Ahmadinejad. L’ingegnere Rosario Alessandrello, presidente della camera di commercio con l’Iran, è un uomo navigato. “Gli imprenditori hanno sempre aperto la strada alla politica, come è successo in Cina” spiega prima dell’arrivo del nemico numero uno di Israele. In sala siedono un centinaio di imprenditori italiani o rappresentanti di grandi società come l’Eni, Mediobanca, l’Enel, ma anche l’istituto di credito Ubae. Attraverso questa banca gli italiani riescono ad aggirare l’embargo all’Iran. C’è pure il direttore generale del ministero del Commercio estero, anche se nessuno del governo ha voluto incontrare Ahmadinejad. “E’ per me un onore dare il benvenuto in Italia al presidente iraniano” attacca Alessandrello, il padrone di casa.
L’ex Pasdaran sale sul palco e ricorda l’anniversario della morte di Khomeini. Poi tiene un discorso alla camomilla, in cui si guarda bene di ripetere le minacce contro Israele. Coglie l’occasione per aprire agli imprenditori ricordando che l’interscambio si aggira sui 6 miliardi di euro. “Vogliamo sviluppare non solo i rapporti economici, ma anche culturali e politici con l’Italia al più alto livello possibile” chiude Ahmadinejad strappando un applauso a scena aperta.
L’incredibile accade subito dopo. Non solo iraniani, ma anche italiani si tuffano per stringergli la mano, farsi benedire e strappare un’immancabile foto ricordo. Alcuni imprenditori fanno a gara per lo scatto al fianco della “star” venuta da Teheran. Lui dispensa saluti a tutti, accarezza un bambino e incanta gli ospiti. Un anziano imprenditore del sud gli grida “bravo”. Un altro, Paolo Guardigli della Safe, vende tecnologia all’Iran: “Non me ne intendo di politica, ma il nostro governo deve prendere posizione: o pensiamo al business oppure agli alleati americani”.
Nella ressa attorno ad Ahmadinejad spunta anche Roberto Fiore l’europarlamentare di estrema destra, unico politico italiano venuto a salutarlo. Fra gli ospiti ci sono personaggi insospettabili come Edoardo Almagià. Americano di nascita ha lavorato al Congresso Usa come come esperto di politica estera. Assieme ad un gruppo di pressione punta al “disgelo” fra Iran e Stati Uniti ed è convinto che ci sarà.
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