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Reportage
18 settembre 2008 - Esteri - Afghanistan - Panorama
Salvate il soldato Perna
Un fratello in prima linea nell’Afghanistan in guerra, un altro che dalla terza missione in Iraq non è più tornato a casa. Un incidente stradale gli ha spezzato la giovinezza e la vita da soldato che tanto amava. E lei, Francesca Perna, che ha seguito il fratellino più piccolo in Afghanistan arruolata come ufficiale della riserva selezionata. Una piccola storia italiana, che ricorda da lontano “Salvate il soldato Ryan”, il grande film di Steven Spielberg. Quando il tenente Alfredo Perna, 25 anni, è tornato sano e salvo dalla prima linea l’abbraccio con la sorella Francesca ha scalfito la durezza della guerra.
Una guerra che continua come dimostra l’attacco kamikaze ad un convoglio italiano ad Herat. Il 7 settembre un terrorista suicida si è scagliato contro un fuoristrada blindato dei nostri soldati, che rientravano in base dopo una missione umanitaria. Le biglie d’acciaio della cintura esplosiva si sono conficcate nella fiancata riducendola ad un colabrodo. A bordo i quattro soldati italiani sono rimasti miracolosamente illesi. Fanno parte del 66° reggimento Trieste della brigata Friuli, lo stesso reparto dei fratelli Perna.
Giuseppe non c’è più. E’ morto a 32 anni il 26 gennaio 2006. Lasciando un vuoto nella famiglia di militari con l’accento toscano. “Alle due di notte, quando l’aereo che lo stava riportando in Italia era arrivato mandò un sms a mia madre: “Sono atterrato, sono finalmente a casa”. Non poteva sapere che solo tre ore dopo un tamponamento in autostrada gli avrebbe tolto la vita…” scrive la sorella Francesca in un libro che non ha mai visto la luce. Si intitola “Angeli di frontiera”, ma forse basterebbe chiamarlo “Soldati”. Pagine toccanti che raccontano gioie e dolori dei nostri ragazzi impegnati nelle missioni all’estero. (TAGLIO) Doveva venire pubblicato con la prefazione dell’allora ministro della Difesa Arturo Parisi, ma poi è caduto il governo. (TAGLIO) Francesca, nella vita civile, lavora al fianco di Dario Franceschini, numero due del Partito democratico. Il suo libro nel cassetto l’ha scritto per “rabbia” nei confronti “di coloro i quali non vogliono vedere, non vogliono capire cosa voglia dire essere un soldato. La rabbia per chi usa termini come “guerrafondai” o “mercenari””.
Il maggiore Giuseppe Perna, croce di bronzo al merito, si era distinto in Iraq, dove teneva un diario. “Ore 14.20. Partiamo, inizia l’avventura. È la mia terza missione, la prima da comandante di compagnia. Paura, angoscia, incertezza – scriveva il giovane ufficiale - Sono tanti i sentimenti che avvolgono i miei pensieri alla partenza, ma anche orgoglio, voglia di fare, dovere e fede mi riempiono il cuore. Partiamo, ci lanciamo nel vuoto come dall’aereo…”. Una missione dura e difficile con i “Diavoli” della 4° compagnia mortai. I pericoli di Nassiryah li descriveva così: “Quarantaseiesimo giorno di missione… Da oggi rischio di avvelenamento da parte della milizia. Ci vogliono avvelenare con delle bacche velenose. Alcune sono state trovate nelle borse dei lavoranti civili…”… “Sessantasettesimo giorno di missione…La tensione si taglia con il coltello. Gli uomini sono stanchi…”… “Settantesimo giorno di missione… Oggi ci siamo andati vicini… La città è un casino. Per fortuna che non ci hanno tirato…”.
Il tenente Alfredo Perna ha seguito le orme del fratello. Si è arruolato nello stesso reggimento. I veterani erano esterrefatti. “All’inizio mi scambiavano per Giuseppe” racconta il giovane ufficiale.
Lo scorso agosto il tenente Perna ha vissuto il suo battesimo del fuoco a Bala Murghab, nella sperduta provincia afghana di Badghis. Con la compagnia Aquile asserragliata in un fortino, che negli anni ottanta fu l’ultima trincea di un distaccamento sovietico.
Il 5-6 e 7 agosto i talebani non danno tregua a colpi di razzi. Il giovane Perna riceve l’ordine di impiegare i mortai. Mentre il capitano ordina “fuoco, fuoco” lui infila le granate nel tubo di lancio (vedi il video sul sito). Poco dopo i colpi partono verso le postazioni talebane. “E’ stata dura, ma ce l’abbiamo fatta – racconta il tenente Perna – Quando i talebani ci attaccavano sentivo che Giuseppe in qualche maniera c’era sempre…, in mezzo a noi”.
La sorella Francesca, 32 anni, trepida per lui ad Herat, la grande base del contingente italiano nell’Afghanistan occidentale. L’hanno arruolata nell’ufficio stampa, perchè da civile fa la giornalista. Alfredo lo abbiamo raggiunto nel fortino di Bala Murghab con una “letterina” di Francesca registrata sulla telecamera. Schivo, mimetica impolverata, non voleva dimostrare quanto bene vuole alla sorella. E quanto forte sia la loro unione ed il ricordo del fratello scomparso.
Dopo un mese in prima linea il giovane tenente rientra ad Herat. All’arrivo della colonna di blindati lo attende Francesca. Il loro abbraccio liberatorio, stile “Salvate il soldato Perna”, fa parte dei frammenti di umanità che accompagnano ogni guerra.
Durante la missione Francesca, da pochi giorni rientrata in Italia, ha aperto un blog dal titolo accattivante: “Una democratica in Afghanistan”. Il 30 luglio è un giorno speciale. Alfredo sta raggiungendo il fronte. “E’ il compleanno del mio fratellino combat AUGURI GOFFRE!!!!!” scrive la sorella sul blog. E ancora un mese dopo: “Ho mandato alcune foto alla mamma. Delle mie immagini mentre faccio delle donazioni o mentre porto medicine e giochi ai bambini dell'ospedale di Herat. E poi le ho mandato alcune foto di mio fratello che, invece, si trovava nella parte più brutta e triste dell'Afghanistan. In quelle zone dove vedono le nostre divise come un pericolo da combattere... E la mia mamma ha riassunto il tutto in un sms dove diceva "le due facce della guerra"... Ma perché le mamme hanno sempre (…) ragione....?”.
Francesca ha inaugurato ad Herat, fra un tripudio di bambini, la ristrutturazione della scuola Massud, un grande comandante afghano che combattè contro i sovietici ed i talebani. Una delle aule è stata intitolata al maggiore Perna, il fratello che non c’è più. (TAGLIO) La fondazione di famiglia aiuta ogni anno i bambini di Herat. . (TAGLIO) Per Francesca è una giornata speciale, ma il fratello che ha combattuto a Bala Murghab avrebbe preferito fare beneficenza in Italia. “Qui ci prodighiamo a costruire ponti, scuole ospedali e loro ci rispondono con le bombe, con i kamikaze, con la morte...” sostiene Alfredo. Sul blog Francesca gli risponde: “Come dargli torto se il paese che ha visto lui è solo l'Afghanistan di chi ci vuole morti? (…) Ma dobbiamo almeno provarci a dare loro la speranza di un futuro diverso”.
Fausto Biloslavo


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05 agosto 2008 | Radio24 | reportage
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Afghanistan
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Il governo italiano ha annunciato il cambiamento dei caveat, gli ordini nazionali che limitano gli interventi del nostro contingente in Afghanistan. La zona a sud della cosiddetta "cintura" pasthun, il serbatoio etnico dei talebani, è la più calda. I soldati italiani potrebbero essere chiamati ad intervenire in quest'area.

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19 agosto 2008 | Radio24 | reportage
Afghanistan
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