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Articolo
27 febbraio 2010 - Prima - Afghanistan - Il Giornale
Uomini invisibili con barba islamica d'ordinanza
«Gli italiani mi hanno reclutato perché sono pashtun e sveglio, ma quello che facevo era troppo pericoloso, anche se ben pagato» racconta a Il Giornale un giovane afghano agganciato dai nostri 007 a Kabul. «Mi portavano ai bordi di qualche quartiere o zona dove c'erano segnalazioni che potesse nascondersi un cattivone - racconta il ragazzo -. Mi facevano vedere una foto con un nome ed io dovevo infiltrarmi nell'area cercando informazioni. Qualsiasi occidentale sarebbe stato subito scoperto. Rischiavo la testa e dopo un po' ho mollato tutto».
Attentati sventati, riscatti per liberare gli ostaggi, accordi con i capi clan locali per evitare guai al nostro contingente sono le missioni dei nostri servizi segreti in Afghanistan. Non solo: gli 007 mediano con le tribù per rendere possibile la costruzione di un ponte o il passaggio di un convoglio di rifornimenti.
Nel Paese al crocevia dell'Asia sono alcune decine. Uno scudo invisibile di gente che rischia la pelle ogni giorno e quando va finire nei guai spesso non se ne sa nulla. In ambasciata hanno una centrale, come al quartier generale di Herat, nell'Afghanistan occidentale. Chi opera sul terreno si lascia crescere la barba islamica d'ordinanza. Se girano fra i villaggi si vestono spesso all'afghana, con la tunica ed i pantaloni a sbuffo. Nelle grandi città gli italiani non li vedi mai in tenuta da Rambo. Al massimo hanno la pelle bruciata dal sole ed un giubbotto mille tasche, come quello dei fotografi, che nasconde qualche arma leggera.
A bordo di fuoristrada con targhe civili entrano ed escono dalle basi di giorno e di notte. Al fianco hanno quasi sempre un autista afghano o un interprete. «La loro assicurazione per la vita», spiegano gli addetti ai lavori. Nelle zone ostiche, come Farah, la provincia più a sud dello schieramento italiano, le nostre "barbe finte" si facevano accompagnare dal figlio di un trafficante di oppio. I benpensanti potrebbero arricciare il naso, ma in Afghanistan, dove contano i legami tribali e familiari, è un asso nella manica. Non a caso sono stati sventati alcuni attacchi proprio a Fort Apache, la base alla periferia del capoluogo di Farah.
Non sempre fila tutto liscio. Nel 2007 morì il sottufficiale dei servizi Lorenzo D'Auria, preso in ostaggio dai talebani e colpito alla testa durante un blitz per liberare lui e un altro agente italiano. Si era talmente mescolato con la popolazione che gli afghani lo avevano soprannominato Lorenzo Jan, «amico fraterno».
Molti conoscono almeno una delle lingue afghane, come il «consigliere diplomatico» ucciso ieri a Kabul. Il loro compito principale è fare da «antenne» raccogliendo qualsiasi segnale di pericolo, per poi diramarlo ai reparti nel bollettino dei warning. Come l'utilizzo di manichini con il burqa all'interno di una macchina minata, per far pensare che il terrorista suicida al volante faccia parte di un'allegra famigliola afghana.
«Un pezzo di storia della nostra intelligence è stato scritto a Khowst, vicino al confine con il Pakistan» spiega un veterano dell'Afghanistan. Fra le tante operazioni avventurose, durante l'ardua missione Nibbio nel 2003, un nostro convoglio di rifornimenti venne sequestrato dai miliziani di Padasha Khan Zadran, signore della guerra locale poi eletto in Parlamento. Ci pensarono i nostri 007 ad inerpicarsi sui monti e risolvere la faccenda.
Gli uomini dei servizi sono quelli che pagano i soldi dei riscatti, come i due milioni di dollari che servirono per liberare il free lance italiano Gabriele Torsello. Nel 2006 era stato rapito nel sud dell'Afghanistan. Una delle poche immagini che ritraggono gli agenti operativi è stata scattata alla liberazione del fotografo. Si vede un uomo in borghese, di spalle, con un giubbotto mille tasche ed un mitra a tracolla che scorta via l'ostaggio italiano.

video
24 novembre 2001 | Studio Aperto - Italia1 | reportage
Gli orfani di Kabul
Gli orfani di Kabul

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19 settembre 2009 | TG5 Speciale - Canale 5 | reportage
Morire per Kabul
Dopo l'attentato che è costato la vita a sei paracadutisti della Folgore ci si interroga sulla missione in Afghanistan. Se valeva la pena morire per Danzica lo stesso discorso va fatto per Kabul.

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27 novembre 2001 | TG5 - Canale 5 | reportage
Kunduz sta cadendo
Kunduz sta cadendo "Inshalla"

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[altri video]
radio

16 giugno 2010 | Spazio Radio - Radio 1 | intervento
Afghanistan
Il "tesoro" nascosto
L’Afghanistan è un paese disgraziato, povero e senza risorse, a parte l’oppio? Assolutamente no. Il sottosuolo afghano nasconde un forziere di minerali che vale 1 trilione di dollari. In cifre europee stiamo parlando di 810 miliardi di euro. Oro, gemme, rame, ferro ed il prezioso litio sono presenti in quantità tali da poter trasformare l’Afghanistan in una delle maggiori “potenze” minerarie al mondo. Lo hanno scoperto i geologi assoldati dal Pentagono studiando vecchie carte tracciate dai sovietici, che invasero il paese negli anni ottanta. Una ricchezza naturale capace di risollevare economicamente l’Afganistan e magari farlo uscire dal tunnel delle guerra.

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18 maggio 2010 | Radio 24 | intervento
Afghanistan
Morire per Kabul?
La missione in Afghanistan è una sfida che non possiamo perdere, anche se ci costa sangue e sudore. La maggioranza degli ascoltatori di Radio 24, che ascoltano al mattino Alessandro Milan, vorrebbero il ritiro delle truppe.

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13 aprile 2010 | SBS Radio Italian Language Programme | intervento
Afghanistan
Mistero Emergency
La Radio per gli italiani d'Australia intervista Strada, ma i misteri di Emergency cominciano con il rapimento del free lance Gabriele Torsello nel 2006 e dell'inviato di Repubblica, Daniele Mastrogiacomo, l'anno dopo, sempre nella provincia di Helmand.

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12 aprile 2010 | Rai Radio3 | intervento
Afghanistan
Smentito il Times
Il portavoce del governatore di Helmand, contattato telefonicamente da Il Giornale, ha smentito i virgoletatti del Times. “Non ho mai accusato gli italiani di Emergency di essere in combutta con al Qaida – ha ribadito – Ho solo detto sabato (come riportato da Il Giornale) che Marco (il chirurgo dell’ong fermato nda) stava collaborando e rispondendo alle domande”. IN STUDIO CECILIA STRADA PRESIDENTE DI EMERGENCY.

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18 agosto 2010 | SBS | intervento
Afghanistan
Vittime civili e negoziati con i talebani
Dall’inizio dell’anno vengono uccisi in Afghanistan una media di 6 civili al giorno e 8 rimangono feriti a causa del conflitto. Lo sostiene Afghanistan rights monitor (Arm), che registra le vittime della guerra. Nel 2010 sono stati uccisi 1047 civili e altri 1500 feriti. Un incremento del 13% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Oltre il 60% delle vittime civili sono responsabilità degli insorti (661), che secondo il rapporto di Arm “dimostrano scarso o nessun rispetto per la sicurezza e la protezione dei non combattenti”. Le trappole esplosive hanno ucciso fino ad oggi 282 civili, più di ogni altra minaccia seguito da 127 morti a causa degli attacchi suicidi. Le truppe della coalizione internazionale hanno ridotto considerevolmente le perdite provocate fra i civili grazie alle restrizioni imposte sugli interventi aerei. L’Arm sostiene che dall’inizio dell’anno 210 civili sono morti per colpa della Nato. Altri 108 sono stati uccisi dalle forze di sicurezza afghane. Lo scorso anno, secondo le Nazioni Unite, sono stati uccisi in Afghanistan 2.412 civili, il 14% in più rispetto al 2008. Però il 70% dei morti era responsabilità dei talebani. Non solo: le 596 vittime attribuite alle forze Nato e di Kabul segnano un calo del 28% rispetto al 2008. Un segnale che gli ordini ferrei del comando Nato in Afghanistan, tesi ad evitare perdite fra i civili, sono serviti a qualcosa. La propaganda talebana, però riesce a far credere in Afghanistan, ma pure nelle fragili opinioni pubbliche occidentali che i soldati della Nato sono i più cattivi o addirittura gli unici responsabili delle vittime civili a causa dei bombardamenti.

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