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Articolo
15 aprile 2010 - Esteri - Afghanistan - Il Giornale
Berlsuconi scrive a Karzai, presto libero un arrestato
Due cartelle indirizzate al
presidente afghano Hamid
Karzai e firmate di pugno da
Silvio Berlusconi. Oltre al ministro degli Esteri,
Franco Frattini,
che si dice «insoddisfatto»
delle risposte afghane sul caso
Emergency. Il presidente del
Consiglio ha inviato ieri a Kabul
una lettera personale per
risolvere il caso di Marco Garatti,
Matteo Dall'Aira e Matteo Pagani,
i tre operatori umanitari
italiani arrestati. La missiva ricorda che l'Italia è Paese
amico e solidale con l'Afghanistan,
dove siamo impegnati
sia nella ricostruzione, che a livello
militare. A fine estate saranno
4mila i soldati italiani
schierati nella parte occidentale
del Paese, grazie ai mille di
rinforzo previsti. Il presidente
del Consiglio da una parte ribadisce
la piena indipendenza
e sovranità dell'Afghanistan.
Dall'altra chiede che ai
tre connazionali,siano garantiti
tutti i diritti previsti dalle
norme internazionali e dalla
legislazione locale. A cominciare
dal diritto alla difesa.

Non a caso a Kabul l'ambasciata italiana ha messo in contatto Emergency con Mohammad
Afzael Nuristani, presidente
dell'Associazione degli
avvocati afghani. «Il legale ha
accettato di occuparsi del caso assieme ad altri due specialisti
afghani» confermava ieri
il ministro Frattini, durante
l'audizione sul caso Emergency
davanti alla Commissione
Esteri di Camera e Senato.
La notizia più importante è
che uno dei tre arrestati verrà
ben presto liberato, perché le
accuse nei suoi confronti sono
lievi o inesistenti. Con tutta
probabilità si tratterà
di Pagani, il più
giovane del gruppo,
responsabile logistico,
giunto per
la prima volta all'
ospedale di
Lashkar Gah. Lo
avrebbe confermato
il direttore dell'
Aise, l'intelligence
esterna, Adriano
Santini, ascoltato
ieri dal Copasir, il
comitato di controllo
sui servizi.

Garatti, il chirurgo
di Emergency, era
al corrente della
mediazione per liberare
Gabriele
Torsello,il free lance
italiano rapito
nel 2006. Faccende
rimaste sul gozzo
dell'Nds, il servizio segreto
di Kabul, che interroga gli italiani.
D'Aira,l'infermiere capo
di Emergency, si era molto
esposto con i tragici racconti
della guerra addossando quasi
sempre la colpa alle truppe
internazionali. Secondo fonti
del Giornale i tre saranno trasferiti a
Kabul, a giorni e Pagani verrà liberato,
salvo contrordini
dell'ultima ora.
Frattini, che pure ha inviato
una lettera alla sua controparte
afghana Zalmay Rassoul,
chiede a Kabul «risposte urgenti
e concrete». Il governo
italiano «è insoddisfatto» delle
risposte fornite fino ad oggi.
«Vogliamo conoscere gli elementi di prova e che venga garantito il diritto pieno alla difesa
», ha dichiarato Frattini. Le
accuse agli operatori di Emergency
sono di «detenzione
consapevole di esplosivi e armi
da guerra». Ovvero di aver
saputo che nell'ospedale era
nascosto un mini arsenale.

Non solo: rimarrebbe in piedi
l'accusa del complotto per uccidere Gulab Mangal,
il governatore
della provincia di Helmand.
Secondo il ministro della Difesa,
Ignazio La Russa,contattato
da Il Giornale, «a lume di
naso dovrebbe trattarsi al massimo
di una mancata vigilanza.
Non si sono accorti o hanno
chiuso un occhio su quelli
che facevano entrare e uscire
scatoloni sospetti. Certo che
l'atteggiamento di Emergency,
di Strada e di parte della sinistra non ci aiuta a risolvere
il problema».
Frattini ha comunque ribadito
che «il governo continuerà
ad adoperarsi affinché la
presunzione d'innocenza venga
garantita». Il titolare della
Farnesina ha però messo dei
paletti: «A coloro che hanno
adombrato l'idea che si possa
andare lì, come se fossimo i padroni dell'Afghanistan,
rispondo che è un errore che non farò».
Oggi l'inviato speciale della
Farnesina, Massimo Attilio
Iannucci, incontrerà il presidente Karzai.
L'Italia,come ha
anticipato ieri Il Giornale, punta
ad un'inchiesta congiunta.
Rosario Aitala, il consigliere
giuridico della Farnesina inviato
a Kabul, dovrebbe far
parte di un team italo-afghano,
che seguirà le indagini.Magistrato
di formazione avrà al
suo fianco elementi dell'intelligence italiana,
che collaboreranno
nel team con i colleghi
afghani dell'Nds per evitare
sorprese. Non è escluso un
coinvolgimento del Ros,l'unità
dei carabinieri specializzata
in indagini all'estero.
Per sbloccare la situazione
Frattini ha parlato al telefono
non solo con il ministro degli
Esteri afghano Rassoul, ma pure
con Rangin Dadfar Spanta,
il Consigliere per la sicurezza
nazionale di Karzai. Ex ministro degli Esteri,
aveva partecipato al G8 di Trieste dello scorso
anno dedicato ad Afghanistan e Pakistan.
Fuggito in Germania
ai tempi dei sovietici,
ha militato nel partito dei Verdi.
Nel 2007 si scagliò contro i
tedeschi e il leader del centrosinistra Piero Fassino,
che avevano
proposto di dialogare
con i talebani moderati.

FB

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12 aprile 2010 | Porta a porta | reportage
Duello senza peli sulla lingua con Strada
Gioco sporco e tinto di giallo sulla sorte dei tre volontari italiani di Emergency in manette con l’accusa di essere coinvolti in un complotto talebano per uccidere il governatore della provincia afghana di Helmand. Opsiti di punta: il ministro degli Esteri Franco Frattini , Piero Fassino del Pd e Gino Strada, fondatore di Emergency

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20 maggio 2007 | Terra! | reportage
I due che non tornarono
Due “fantasmi” resteranno legati per sempre alla brutta storia del sequestro e della liberazione di Daniele Mastrogiacomo. I fantasmi degli ostaggi afghani, gli ostaggi di serie B, il cui sangue pesa meno di quello di un giornalista italiano, come ci hanno detto fra le lacrime i loro familiari ed in tanti a Kabul (…) Gente comune, interpreti ed autisti del circo mediatico che ha invaso per qualche settimana l’Afghanistan e si è dissolto quando il giornalista di Repubblica è tornato a casa sano e salvo. I due fantasmi di questa brutta storia si chiamano Sayed Agha e Adjmal Naskhbandi, i compagni di sventura afghani di Mastrogiacomo che non sono più tornati a casa. I tagliagole talebani non hanno avuto un briciolo di pietà a tagliare loro la testa in nome del Jihad, la guerra santa. (…) Non si capisce cosa aveva da esultare il giornalista italiano, il 20 marzo, quando è sceso dalla scaletta dell’aereo che lo aveva riportato in patria, alzando le braccia al cielo come se avesse vinto un incontro di pugilato all’ultimo round. Alle spalle, sul campo di battaglia, aveva lasciato sia i vivi che i morti: Sayed il suo autista decapitato quattro giorni prima e Adjmal l’interprete rimasto vivo, ma ancora nelle grinfie dei talebani. (…) Purtroppo con il destino già segnato di una condanna a morte che servirà solo a seminare ulteriore zizzania politica in Italia ed in Afghanistan. Fin dal 5 marzo, quando sono stati inghiottiti in tre nella palude talebana della provincia di Helmand, i riflettori erano puntati solo sull’ostaggio eccellente, Daniele Mastrogiacomo. (…) Una prassi nei casi di sequestro dove chi ha il tuo stesso passaporto vale di più dei disgraziati locali che si trascina dietro. Loro se la cavano, si pensa spesso, ma in questo caso non è stato così. Il miraggio di guadagnare un pugno di dollari accompagnando un giornalista straniero a caccia dello scoop l’hanno pagato con la vita. Sayed aveva 25 anni e quattro figli, di cui il più grande Atifah ha solo sei anni. L’ultimo, il quinto che la moglie rischiava di perdere quando ha saputo del sequestro del marito, è nato un giorno prima del funerale del padre. Sayed faceva l’autista e pensava che non fosse tanto rischioso portare in giro Mastrogiacomo in una zona che conosceva come le sue tasche, perché c’era nato e ci viveva. Invece non aveva fatto i conti giusti con i talebani che per vecchie ruggini familiari e con l’accusa di spionaggio l’hanno processato secondo la legge islamica e condannato a morte. (…) Il 16 marzo i tagliagole hanno detto ai tre ostaggi che andavano a fare un giro, ma Sayed doveva sentire che era arrivata la sua ultima ora. Quando l’hanno fatto inginocchiare, a fianco di Mastrogiacomo, nella sabbia, in tunica bianca e con una benda rossa sugli occhi, non si agitava, sembrava rassegnato. Il giudice islamico ha letto una sbrigativa sentenza in nome di Allah ed il boia al suo fianco ha buttato il poveretto nella polvere, di traverso, per decapitarlo meglio. Nella mano destra del boia è apparso un coltellaccio ricurvo per segargli il collo. Sul corpo inanimato della vittima, come se fosse un burattino sena fili i tagliagole solitamente appoggiano la testa e si fanno riprendere soddisfatti. Ci sono voluti 11 giorni ai familiari per recuperare la salma, senza testa, perché nessuno gli ha dato una mano. (…) “Tutto il mondo ci ha dimenticato e si è occupato solo del rilascio del giornalista italiano in cambio di cinque criminali. Sayed e Adjmal lavoravano con lo straniero. Lui è stato liberato e per gli afgani cosa si è fatto?” ci ha detto amaramente Mohammed Dawood il fratello dell’autista ucciso. Adjmal aveva 23 anni e si era sposato da poco. Faceva il giornalista, non solo l’interprete e nelle zone talebane c’era già stato. Non abbastanza per salvarsi la pelle ed evitare di finire in una trappola assieme all’inviato di Repubblica. Con Mastrogiacomo ha diviso le catene ed i dolori del sequestro. (…) Nello scambio con cinque prigionieri talebani detenuti nelle carceri afghane era previsto sia Mastrogiacomo che Adjmal. A tutti e due il capobastone dei tagliagole che li tenevano prigionieri aveva detto “siete liberi”. Invece qualcosa è andato storto e Adjmal non è più tornato a casa. Quando la sua anziana madre ha capito che era ancora ostaggio dei talebani ha avuto un infarto. (…) Per non turbare il successo a metà della liberazione di Mastrogiacomo la grancassa di Repubblica aveva annunciato anche la liberazione di Adjmal e gran parte dei media hanno abboccato all’amo, ma non era vero. Qualche giorno dopo, quando Adjmal mancava tristemente all’appello, sempre Repubblica ha cercato di accreditare la teoria che era stata la sicurezza afghana a farlo sparire per interrogarlo. Anche questa volta non era così. (…) I talebani volevano sfruttare ancora un po’ il povero interprete per tenere sulla graticola il governo di Kabul e quello di Roma, che a parole ha chiesto la liberazione di tutti, ma nei fatti si è portato a casa solo il giornalista italiano. “Sono felice per la liberazione di Daniele, perché la vita di un uomo è stata salvata da un pericolo mortale. Allo stesso tempo sono arrabbiato, perché non ci si è occupati con la stessa attenzione di mio fratello” ci diceva Munir Naskhbandi assieme ad amici e cugini quando il giovane interprete era ancora vivo. Tutti, però, sapevano che il governo del presidente afghano Hamid Karzai non avrebbe più liberato un solo talebano in cambio dell’ostaggio. Per non lasciarsi testimoni afgani alle spalle a dare un’ultima scossa i tagliagole hanno condannato a morte anche Adjmal. La decapitazione di rito è avvenuto un giorno qualsiasi per loro, ma ancora più amaro per noi, la domenica di Pasqua e resurrezione. Attorno ai fantasmi e all’unico sopravissuto di questa storia non mancano le zone d’ombra, che prima o poi andranno chiarite. Rahmattulah Hanefi, l’uomo di fiducia di Emergency, che ha fatto da mediatore è stato arrestato dai servizi segreti afghani il giorno dopo la liberazione di Mastrogiacomo. (…) Il fratello di Sayed Agha, l’autista decapitato, aveva puntato subito il dito contro di lui. Amrullah Saleh il capo dei servizi di Kabul è ancora più duro e dice: “Abbiamo le prove che Hanefi è un facilitatore dei talebani, se non addirittura un loro militante travestito da operatore umanitario”. (…) L’uomo di Emergency avrebbe fatto cadere in una trappola Mastrogiacomo, sarebbe stato una quinta colonna dei tagliagole e avrebbe abbandonato Adjmal al suo destino. Le prove, però, non si vedono e fino a quando non verranno rese note non sapremo se si tratta di una ritorsione contro Emergency troppo blanda con i talebani, oppure un’innominabile verità che schizzerebbe fango su tutti, compreso il governo italiano. Un’altra ombra di questa vicenda è il canale parallelo di mediazione ingaggiato da Repubblica fin dalle prime ore del sequestro. Uno strano free lance italo inglese, Claudio Franco e la sua spalla afgana, hanno mediato per la liberazione. (…) Gino Strada, fondatore di Emergency, sente puzza di servizi segreti e non vuole averne a che fare. La strana coppia rispunta nell’area riservata dell’aeroporto militare di Kabul, quando arriva Mastrogiacomo appena liberato ed in viaggio verso l’Italia. Qualcuno della Nato li ha appena “estratti” dal sud dell’Afghanistan. Franco scatta foto esclusive di Mastrogiacomo mentre sale sul Falcon della presidenza del Consiglio, che lo riporterà a casa. Le immagini non vengono mai pubblicate e sul canale parallelo di mediazione viene steso un velo di silenzio. C‘è voluto un negoziato per avere questa fotografia di Sayed Agha con tre dei suoi cinque bambini. Nell’immagine c’era pure la moglie, ma i familiari, da buoni pasthun, non potevano farla vedere a degli stranieri (…) per di più infedeli. Alla fine hanno tagliato via la moglie e sono rimasti i bambini. Non vedranno più loro padre, morto nella provincia di Helmand, in Afghanistan, (…) per fare l’autista ad un giornalista italiano, Noi preferiamo ricordarlo così, (…) da vivo, con i suoi figli.

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16 aprile 2010 | SkyTG24 | reportage
Luci e ombre su Emergency in prima linea
Per la prima volta collegamento in diretta dal mio studio a Trieste. Gli altri ospiti sono: Luca Caracciolo di Limes, il sottosegretario agli Esteri Alfredo Mantica e l'ex generale Mauro Del Vecchio. In collegamento Maso Notarianni, direttore di Peacereporter

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[altri video]
radio

13 aprile 2010 | Radio Città Futura | intervento
Afghanistan
La sorte dei tre italiani di Emergency in manette
Gli uomini dei servizi afghani puntano il dito contro il chirurgo Marco Garatti e Matteo D’Aira, il capo infermiere, mentre il giovane Matteo Pagani non sarebbe coinvolto e potrebbe venir ben presto scagionato.

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12 aprile 2010 | Radio 24 | intervento
Afghanistan
Giallo sulla confessione di Emergency
Gioco sporco e tinto di giallo sula sorte dei tre volontari italiani di Emergency in manette con l’accusa di essere coinvolti in un complotto talebano per uccidere il governatore della provincia afghana di Helmand.

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16 aprile 2010 | Radio 24 | intervento
Afghanistan
I tre di Emergency a Kabul
Una svolta l'arrivo nella capitale afghana degli italiani arrestati e l'incontro con i diplomatici.

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12 aprile 2010 | Rai Radio3 | intervento
Afghanistan
Smentito il Times
Il portavoce del governatore di Helmand, contattato telefonicamente da Il Giornale, ha smentito i virgoletatti del Times. “Non ho mai accusato gli italiani di Emergency di essere in combutta con al Qaida – ha ribadito – Ho solo detto sabato (come riportato da Il Giornale) che Marco (il chirurgo dell’ong fermato nda) stava collaborando e rispondendo alle domande”. IN STUDIO CECILIA STRADA PRESIDENTE DI EMERGENCY.

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16 aprile 2010 | SBS Australia | intervento
Afghanistan
I tre di Emergency trasefriti nella capitale afghana
Trasferiti a Kabul i tre medici di Emergency. Sembrava che la soluzione fosse ancora lontana.

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[altri collegamenti radio]




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