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20 aprile 2010 - Il Fatto - Afghanistan - Il Giornale
Dalla cattura alla liberazione Ecco gli otto punti oscuri
Il lieto fine e i festeggiamenti in vista, per il rientro dei tre “martiri” di Emergency da Kabul, dichiarati “non colpevoli”, lascia in secondo piano una serie di domande su una vicenda in cui c’è ancora molto da chiarire. Prima fra tutte chi ha messo le armi e perché, dando origine agli arresti di Marco Garatti, Matteo Dell’Aira e Matteo Pagani. E provocando una settimana di passione per l’Ong milanese, i familiari degli arrestati e la Farnesina. La vicenda non può essere chiusa fino a quando non verranno fugati tutti i dubbi. Non a caso i carabinieri dei Ros andranno in Afghanistan a indagare, anche se non si capisce bene su cosa.


Per questo il Giornale ha preparato, a futura memoria, otto domande alle quali bisognerà trovare una risposta per dissipare le ombre sui protagonisti di questa strana storia, compresi i nostri alleati britannici. Oppure i servizi segreti afghani che cambiano repentinamente idea. Per non parlare del sospetto, adombrato dallo stesso Gino Strada, che fra i collaboratori locali di Emergency ci sia qualche mela marcia. Non è una novità. I dubbi su Ramatullah Hanefi, l’ex responsabile dell’ospedale di Lashkar Gah, aleggiano ancora nella torbida aria afghana. Proprio lui aveva mediato per il sequestro del free lance Gabriele Torsello e la discussa liberazione del giornalista di Repubblica Daniele Mastrogiacomo.


- Le armi / Chi le ha messe nell'ospedale e perché?

Tutto nasce da due scatoloni, ritrovati in un magazzino dell'ospedale di Emergency a Lashkar Gah, con dentro presunti giubbotti esplosivi, bombe a mano, pistole e munizioni. Gino Strada, fondatore dell'Ong, paventa un complotto ordito dai servizi afghani, magari con il via libera degli inglesi, per incastrare Emergency e togliere di mezzo dei testimoni scomodi. In custodia delle autorità di Kabul c'è ancora un afghano arrestato a Lashkar Gah, che sarebbe stato "minacciato" per nascondere le armi. Il governatore della provincia di Helmand ha sempre sostenuto che si trattava di un complotto talebano per ucciderlo.


- Le accuse / Erano gravissime poi tutto è svanito. Chi mente?

Da quando i tre italiani di Emergency erano stati arrestati, l'intelligence afghana ha fatto trapelare accuse gravissime nei loro confronti. Sui media di Kabul è apparsa addirittura l'incredibile storia degli agenti della polizia o dell'esercito afghani amputati senza motivo. A parte le fantasie, per una settimana le prove concrete sembravano certe per incastrare due degli arrestati a cominciare da Marco Garatti. Poi le accuse sono cadute come un castello di carte. Le barbe finte afghane mentivano prima, dopo, o in tutte e due i casi?


- Le prove / Vedremo mai le presunte intercettazioni?

L'Nds (il servizio segreto afghano) aveva raccolto delle presunte prove, comprese intercettazioni, che nonostante le smentite, erano state messe in parte a conoscenza del governo italiano perché venivano considerate compromettenti. Tenendo conto che, dopo essere state considerate attendibili dagli afghani per diversi giorni, sono poi risultate insufficienti, per quale motivo non vengono rese note fugando ogni dubbio? Una ipotesi è che l'incartamento venga consegnato alla magistratura italiana, che a Roma ha aperto un fascicolo.


- Gli infiltrati / In Emergency c'è qualche mela marcia?

Lo stesso Gino Strada faceva capire che su circa mille collaboratori nei tre ospedali e nei 28 ambulatori di Emergency in Afghanistan può esserci qualcuno corrotto o sottoposto a minacce. Ad un certo punto ha parlato di una guardia dell'ospedale di Lashkar Gah, un personaggio che potrebbe essere coinvolto nella faccenda delle armi trovate in un magazzino. Poi la questione è tornata a cadere nel dimenticatoio. Non è chiaro se possa trattarsi di infiltrati dei servizi locali, dei talebani o di tutti e due. Un mistero che merita di essere chiarito.



- L'inchiesta / Su cosa indagano i carabinieri inviati a Kabul?

Il procuratore aggiunto Pietro Saviotti ha aperto un fascicolo sulla vicenda. Secondo il Corriere della Sera i Reparti operativi speciali dei carabinieri andranno in Afghanistan a indagare al comando del colonnello Massimiliano Macilenti, un veterano delle inchieste sugli attacchi ai nostri soldati. Indagheranno su chi ha portato le armi, sui tre di Emergency, anche se sono stati scagionati, o su presunti complotti ai danni dell'Ong? Forse potrebbero scavare anche sulla mediazione di Emergency nei sequestri di Gabriele Torsello e Daniele Mastrogiacomo.


- Gli alleati / Inglesi e americani volevano cacciare Strada?

Le denunce, spesso a senso unico, degli uomini di Emergency contro la Nato e le cure garantite dall’organizzazione ai feriti talebani davano fastidio agli inglesi che hanno novemila uomini schierati nella provincia di Helmand.

Stesso discorso per vale i «cugini» americani, che hanno scatenato un'offensiva nella sud della stessa provincia. Forse il loro obiettivo era di levarsi di torno una spina politicizzata nel fianco, perennemente intenta a denunciare soprattutto le vittime civili della missione internazionale in Afghanistan.



- Il passato / Il blitz all'ospedale è legato ad altri sequestri?

Rahmatullah Hanefi, ex responsabile di Emergency a Lashkar Gah, mediò per la liberazione dei due giornalisti sequestrati nella provincia di Helmand nel 2006 e nel 2007. Fu accusato di collusione con i talebani e arrestato ma anche in quel caso le prove svanirono e fu rilasciato su pressione del governo Prodi. I servizi afghani giurarono vendetta per essere stati tagliati fuori dal controllo del rapimento Mastrogiacomo e per la liberazione di 5 talebani in cambio del giornalista di Repubblica. Oltre che per la morte dell'interprete afghano, Adjmal Nashkbandi, che doveva venir rilasciato e invece fu decapitato.


- Il futuro / L'Ong italiana tornerà nella struttura di Lashkar Gah?

L'Ong milanese sostiene che la chiusura dell’ospedale non faceva parte dell'accordo per il rilascio di Marco Garatti, Matteo Dell'Aira e Matteo Pagani. Secondo Strada, la decisione di rientrare dipenderà dalle trattative con il ministero della Sanità afghano.

Le condizioni di sicurezza, dopo quello che è accaduto, non sarebbero certo le migliori. Fin dalla crisi del sequestro dell'inviato di Repubblica, Daniele Mastrogiacomo, l'ospedale avrebbe dovuto passare nelle mani della Croce rossa o di Medici senza frontiere, ritenuti più neutrali.
[continua]

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12 aprile 2010 | Porta a porta | reportage
Duello senza peli sulla lingua con Strada
Gioco sporco e tinto di giallo sulla sorte dei tre volontari italiani di Emergency in manette con l’accusa di essere coinvolti in un complotto talebano per uccidere il governatore della provincia afghana di Helmand. Opsiti di punta: il ministro degli Esteri Franco Frattini , Piero Fassino del Pd e Gino Strada, fondatore di Emergency

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20 maggio 2007 | Terra! | reportage
I due che non tornarono
Due “fantasmi” resteranno legati per sempre alla brutta storia del sequestro e della liberazione di Daniele Mastrogiacomo. I fantasmi degli ostaggi afghani, gli ostaggi di serie B, il cui sangue pesa meno di quello di un giornalista italiano, come ci hanno detto fra le lacrime i loro familiari ed in tanti a Kabul (…) Gente comune, interpreti ed autisti del circo mediatico che ha invaso per qualche settimana l’Afghanistan e si è dissolto quando il giornalista di Repubblica è tornato a casa sano e salvo. I due fantasmi di questa brutta storia si chiamano Sayed Agha e Adjmal Naskhbandi, i compagni di sventura afghani di Mastrogiacomo che non sono più tornati a casa. I tagliagole talebani non hanno avuto un briciolo di pietà a tagliare loro la testa in nome del Jihad, la guerra santa. (…) Non si capisce cosa aveva da esultare il giornalista italiano, il 20 marzo, quando è sceso dalla scaletta dell’aereo che lo aveva riportato in patria, alzando le braccia al cielo come se avesse vinto un incontro di pugilato all’ultimo round. Alle spalle, sul campo di battaglia, aveva lasciato sia i vivi che i morti: Sayed il suo autista decapitato quattro giorni prima e Adjmal l’interprete rimasto vivo, ma ancora nelle grinfie dei talebani. (…) Purtroppo con il destino già segnato di una condanna a morte che servirà solo a seminare ulteriore zizzania politica in Italia ed in Afghanistan. Fin dal 5 marzo, quando sono stati inghiottiti in tre nella palude talebana della provincia di Helmand, i riflettori erano puntati solo sull’ostaggio eccellente, Daniele Mastrogiacomo. (…) Una prassi nei casi di sequestro dove chi ha il tuo stesso passaporto vale di più dei disgraziati locali che si trascina dietro. Loro se la cavano, si pensa spesso, ma in questo caso non è stato così. Il miraggio di guadagnare un pugno di dollari accompagnando un giornalista straniero a caccia dello scoop l’hanno pagato con la vita. Sayed aveva 25 anni e quattro figli, di cui il più grande Atifah ha solo sei anni. L’ultimo, il quinto che la moglie rischiava di perdere quando ha saputo del sequestro del marito, è nato un giorno prima del funerale del padre. Sayed faceva l’autista e pensava che non fosse tanto rischioso portare in giro Mastrogiacomo in una zona che conosceva come le sue tasche, perché c’era nato e ci viveva. Invece non aveva fatto i conti giusti con i talebani che per vecchie ruggini familiari e con l’accusa di spionaggio l’hanno processato secondo la legge islamica e condannato a morte. (…) Il 16 marzo i tagliagole hanno detto ai tre ostaggi che andavano a fare un giro, ma Sayed doveva sentire che era arrivata la sua ultima ora. Quando l’hanno fatto inginocchiare, a fianco di Mastrogiacomo, nella sabbia, in tunica bianca e con una benda rossa sugli occhi, non si agitava, sembrava rassegnato. Il giudice islamico ha letto una sbrigativa sentenza in nome di Allah ed il boia al suo fianco ha buttato il poveretto nella polvere, di traverso, per decapitarlo meglio. Nella mano destra del boia è apparso un coltellaccio ricurvo per segargli il collo. Sul corpo inanimato della vittima, come se fosse un burattino sena fili i tagliagole solitamente appoggiano la testa e si fanno riprendere soddisfatti. Ci sono voluti 11 giorni ai familiari per recuperare la salma, senza testa, perché nessuno gli ha dato una mano. (…) “Tutto il mondo ci ha dimenticato e si è occupato solo del rilascio del giornalista italiano in cambio di cinque criminali. Sayed e Adjmal lavoravano con lo straniero. Lui è stato liberato e per gli afgani cosa si è fatto?” ci ha detto amaramente Mohammed Dawood il fratello dell’autista ucciso. Adjmal aveva 23 anni e si era sposato da poco. Faceva il giornalista, non solo l’interprete e nelle zone talebane c’era già stato. Non abbastanza per salvarsi la pelle ed evitare di finire in una trappola assieme all’inviato di Repubblica. Con Mastrogiacomo ha diviso le catene ed i dolori del sequestro. (…) Nello scambio con cinque prigionieri talebani detenuti nelle carceri afghane era previsto sia Mastrogiacomo che Adjmal. A tutti e due il capobastone dei tagliagole che li tenevano prigionieri aveva detto “siete liberi”. Invece qualcosa è andato storto e Adjmal non è più tornato a casa. Quando la sua anziana madre ha capito che era ancora ostaggio dei talebani ha avuto un infarto. (…) Per non turbare il successo a metà della liberazione di Mastrogiacomo la grancassa di Repubblica aveva annunciato anche la liberazione di Adjmal e gran parte dei media hanno abboccato all’amo, ma non era vero. Qualche giorno dopo, quando Adjmal mancava tristemente all’appello, sempre Repubblica ha cercato di accreditare la teoria che era stata la sicurezza afghana a farlo sparire per interrogarlo. Anche questa volta non era così. (…) I talebani volevano sfruttare ancora un po’ il povero interprete per tenere sulla graticola il governo di Kabul e quello di Roma, che a parole ha chiesto la liberazione di tutti, ma nei fatti si è portato a casa solo il giornalista italiano. “Sono felice per la liberazione di Daniele, perché la vita di un uomo è stata salvata da un pericolo mortale. Allo stesso tempo sono arrabbiato, perché non ci si è occupati con la stessa attenzione di mio fratello” ci diceva Munir Naskhbandi assieme ad amici e cugini quando il giovane interprete era ancora vivo. Tutti, però, sapevano che il governo del presidente afghano Hamid Karzai non avrebbe più liberato un solo talebano in cambio dell’ostaggio. Per non lasciarsi testimoni afgani alle spalle a dare un’ultima scossa i tagliagole hanno condannato a morte anche Adjmal. La decapitazione di rito è avvenuto un giorno qualsiasi per loro, ma ancora più amaro per noi, la domenica di Pasqua e resurrezione. Attorno ai fantasmi e all’unico sopravissuto di questa storia non mancano le zone d’ombra, che prima o poi andranno chiarite. Rahmattulah Hanefi, l’uomo di fiducia di Emergency, che ha fatto da mediatore è stato arrestato dai servizi segreti afghani il giorno dopo la liberazione di Mastrogiacomo. (…) Il fratello di Sayed Agha, l’autista decapitato, aveva puntato subito il dito contro di lui. Amrullah Saleh il capo dei servizi di Kabul è ancora più duro e dice: “Abbiamo le prove che Hanefi è un facilitatore dei talebani, se non addirittura un loro militante travestito da operatore umanitario”. (…) L’uomo di Emergency avrebbe fatto cadere in una trappola Mastrogiacomo, sarebbe stato una quinta colonna dei tagliagole e avrebbe abbandonato Adjmal al suo destino. Le prove, però, non si vedono e fino a quando non verranno rese note non sapremo se si tratta di una ritorsione contro Emergency troppo blanda con i talebani, oppure un’innominabile verità che schizzerebbe fango su tutti, compreso il governo italiano. Un’altra ombra di questa vicenda è il canale parallelo di mediazione ingaggiato da Repubblica fin dalle prime ore del sequestro. Uno strano free lance italo inglese, Claudio Franco e la sua spalla afgana, hanno mediato per la liberazione. (…) Gino Strada, fondatore di Emergency, sente puzza di servizi segreti e non vuole averne a che fare. La strana coppia rispunta nell’area riservata dell’aeroporto militare di Kabul, quando arriva Mastrogiacomo appena liberato ed in viaggio verso l’Italia. Qualcuno della Nato li ha appena “estratti” dal sud dell’Afghanistan. Franco scatta foto esclusive di Mastrogiacomo mentre sale sul Falcon della presidenza del Consiglio, che lo riporterà a casa. Le immagini non vengono mai pubblicate e sul canale parallelo di mediazione viene steso un velo di silenzio. C‘è voluto un negoziato per avere questa fotografia di Sayed Agha con tre dei suoi cinque bambini. Nell’immagine c’era pure la moglie, ma i familiari, da buoni pasthun, non potevano farla vedere a degli stranieri (…) per di più infedeli. Alla fine hanno tagliato via la moglie e sono rimasti i bambini. Non vedranno più loro padre, morto nella provincia di Helmand, in Afghanistan, (…) per fare l’autista ad un giornalista italiano, Noi preferiamo ricordarlo così, (…) da vivo, con i suoi figli.

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16 aprile 2010 | SkyTG24 | reportage
Luci e ombre su Emergency in prima linea
Per la prima volta collegamento in diretta dal mio studio a Trieste. Gli altri ospiti sono: Luca Caracciolo di Limes, il sottosegretario agli Esteri Alfredo Mantica e l'ex generale Mauro Del Vecchio. In collegamento Maso Notarianni, direttore di Peacereporter

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12 aprile 2010 | Rai Radio3 | intervento
Afghanistan
Smentito il Times
Il portavoce del governatore di Helmand, contattato telefonicamente da Il Giornale, ha smentito i virgoletatti del Times. “Non ho mai accusato gli italiani di Emergency di essere in combutta con al Qaida – ha ribadito – Ho solo detto sabato (come riportato da Il Giornale) che Marco (il chirurgo dell’ong fermato nda) stava collaborando e rispondendo alle domande”. IN STUDIO CECILIA STRADA PRESIDENTE DI EMERGENCY.

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12 aprile 2010 | Radio 24 | intervento
Afghanistan
Giallo sulla confessione di Emergency
Gioco sporco e tinto di giallo sula sorte dei tre volontari italiani di Emergency in manette con l’accusa di essere coinvolti in un complotto talebano per uccidere il governatore della provincia afghana di Helmand.

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19 aprile 2010 | SBS Australia | intervento
Afghanistan
Liberati i tre operatori di Emergency
Svolta nella ultime ore dopo una settimana di passione.

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13 aprile 2010 | Radio Città Futura | intervento
Afghanistan
La sorte dei tre italiani di Emergency in manette
Gli uomini dei servizi afghani puntano il dito contro il chirurgo Marco Garatti e Matteo D’Aira, il capo infermiere, mentre il giovane Matteo Pagani non sarebbe coinvolto e potrebbe venir ben presto scagionato.

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16 aprile 2010 | SBS Australia | intervento
Afghanistan
I tre di Emergency trasefriti nella capitale afghana
Trasferiti a Kabul i tre medici di Emergency. Sembrava che la soluzione fosse ancora lontana.

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