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Intervista
24 maggio 2010 - Il Fatto - Italia - Il Giornale
"Il rischio estremismo c'è Ma l'isolamento funziona"
Il sottosegretario alla Giustizia, Maria Elisabetta Lamberti Casellati, ha scritto la prefazione del rapporto per Bruxelles «La radicalizzazione jihadista nellei stituzioni penitenziarie europee». Sottosegretario esiste un pericolo di estremismo islamico nelle carceri italiane? «La realtà carceraria costituisce un pericoloso bacino di coltura per il fondamentalismo, che potrebbe svilupparsi sia attraverso il contatto con altri reclusi e l’accesso amateriali radicali, che per l’influenza di persone esterne al carcere in contattocon i detenuti. In Italia si è deciso di concentrare imusulmani terroristioimputati di reatic onnessi al terrorismo, in quattro carceri, Macomer, Benevento, Asti e Rossano, creando un regime speciale». Quali sono gli strumenti per evitare il proselitismo jihadista? «Alla dimensione repressiva l’Italia ha accompagnato un impegno che si articola in varie direzioni: da un lato, ha ritenuto utile valorizzare il contributo dell’islam moderato, conil quale è già in atto un dialogo fecondo. Dall’altro, ha utilizzato tutte le moderne tecnologie, anche le più sofisticate, per individuare atteggiamenti sospetti (su internet, via sms, twitter) e quindi prevenire azioni pericolose». I detenuti islamici spesso si lamentano perché pochi istituti hanno una moschea. Bisogna trovare uno spazio in ogni carcere con popolazione musulmana? «Laddoveè stato possibile si è andati incontro a questa esigenza. Non possiamo dimenticare però i problemi logistici e di carenza del personale che affliggono il sistema carcerario. Per di più si dovrebbe richiedere al personale ulteriori competenze quali, ad esempio, la conoscenza linguistica». In carcere nascono gli imam fai da te per guidare la preghiera. Sarebbe meglio avere dei predicatori ufficiali, come i cappellani per i cristiani? «Oggi manca un elenco ufficiale di ministri di culto islamici. Le direzioni penitenziarie perciò devono individuare, secondo i criteri elaborati dal ministero della Giustizia, l’imam di riferimento all’interno delle carceri». In Europa ci sono 500 terroristi islamici detenuti. In Italia esiste il pericolo di proteste violente o rivolte? «Il rischio di proselitismo finalizzato alla lotta armata va tenuto sotto controllo. Basti pensare che i detenuti di fede islamica sono 9.838 su un totale di 24.910 stranieri, cioè il 14,55% dell’intera popolazione carceraria. Ottanta sono reclusi per reati direttamente associati al terrorismo. Ritengo che la strategia di isolamento scelta dall’Italia possa arginare il rischio di mobilitazioni pericolose». FBil

video
18 ottobre 2010 | La vita in diretta - Raiuno | reportage
L'Islam nelle carceri
Sono circa 10mila i detenuti musulmani nelle carceri italiane. Soprattutto marocchini, tunisini algerini, ma non manca qualche afghano o iracheno. Nella stragrande maggioranza delinquenti comuni che si aggrappano alla fede per sopravvivere dietro le sbarre. Ma il pericolo del radicalismo islamico è sempre in agguato. Circa 80 detenuti musulmani con reati di terrorismo sono stati concentrati in quattro carceri: Macomer, Asti, Benevento e Rossano. Queste immagini esclusive mostrano la preghiera verso la Mecca nella sezione di Alta sicurezza 2 del carcere sardo di Macomer. Dove sono isolati personaggi come il convertito francese Raphael Gendron arrestato a Bari nel 2008 e Adel Ben Mabrouk uno dei tre tunisini catturati in Afghanistan, internati a Guantanamo e mandati in Italia dalla Casa Bianca. “Ci insultano per provocare lo scontro dandoci dei fascisti, razzisti, servi degli americani. Una volta hanno esultato urlando Allah o Akbar, quando dei soldati italiani sono morti in un attentato in Afghanistan” denunciano gli agenti della polizia penitenziaria. Nel carcere penale di Padova sono un centinaio i detenuti comuni musulmani che seguono le regole islamiche guidati dall’Imam fai da te Enhaji Abderrahman Fra i detenuti comuni non mancano storie drammatiche di guerra come quella di un giovane iracheno raccontata dall’educatrice del carcere Cinzia Sattin, che ha l’incubo di saltare in aria come la sua famiglia a causa di un attacco suicida. L’amministrazione penitenziaria mette a disposizione degli spazi per la preghiera e fornisce il vitto halal, secondo le regole musulmane. La fede nell’Islam serve a sopportare la detenzione. Molti condannano il terrorismo, ma c’è anche dell’altro....

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radio

24 maggio 2010 | Radio Padania Libera | intervento
Italia
Proselitismo islamico dietro le sbarre
“Penso che sia giusto se alcuni musulmani combattono la guerra santa contro gli americani in paesi che non sono la loro terra”. Dopo un lungo girarci attorno Kamel Adid sorprende un po’ tutti, quando sputa il rospo. La domanda riguardava i mujaheddin, i musulmani pronti a morire per Allah, contro l’invasore infedele. Tre soldati della guerra santa, arrivati un paio di mesi fa da Guantanamo, sono rinchiusi poco più in là, nel reparto di massima sicurezza del carcere di Opera, alle porte di Milano.
Adid è un giovane marocchino di 31 anni con barbetta islamica d’ordinanza e tunica color noce. Nel carcere modello di Opera fa l’imam dei 44 musulmani detenuti, che frequentano una grande sala adibita a moschea. Un predicatore fai da te, che di solito parla un linguaggio moderato e ti guarda con occhioni apparentemente timidi.
Deve scontare ancora due mesi di pena per un reato legato alla droga e da pochi giorni è stato trasferito in un altro istituto. “Quelli che si fanno saltare in aria subiscono il lavaggio del cervello – si affretta a spiegare l’autonominato imam – Noi abbiamo riscoperto la fede in carcere. Pregare ci da conforto, ci aiuta ad avere speranza”.

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25 maggio 2010 | Spazio Radio - Radio 1 | intervento
Italia
L'Islam nelle carceri italiane
In Italia su oltre 23mila detenuti stranieri, 9840 risultano musulmani, secondo i dati ufficiali. Almeno seimila, però, non si sono dichiarati. Il rapporto di 364 pagine, “La radicalizzazione jihadista nelle istituzioni penitenziarie europee”, realizzato dall’esperto di Islam nella carceri, Sergio Bianchi, ne indica 13mila.
In Italia ci sono circa 80 islamici dietro le sbarre per reati connessi al terrorismo. Dal 2009 li hanno concentrati in quattro istituti di pena: ad Asti, Macomer, Benevento e Rossano. Nel carcere di Opera, invece, sono arrivati Adel Ben Mabrouk, Nasri Riadh e Moez Abdel Qader Fezzani, ex prigionieri di Guantanamo. Chi li controlla ogni giorno racconta che parlano in italiano. La guerra santa in Afghanistan l’hanno abbracciata dopo aver vissuto come extracomunicatori nel nostro paese. Non si possono incontrare fra loro e vivono in celle singole. Pregano regolarmente con molta devozione e hanno mantenuto i barboni islamici.

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