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Articolo
12 ottobre 2010 - Interni - Afghanistan - Il Giornale |
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In Italia le bare dei quattro alpini Oggi l'omaggio di Roma ai caduti |
Le salme degli alpini caduti sono rientrate in patria. I loro commilitoni, che li hanno visti saltare per aria, hanno respinto un nuovo attacco talebano, per uscire dalla valle maledetta del Gulistan. Le bare, avvolte nel tricolore, di Sebastiano Ville, Gianmarco Manca, Francesco Vannozzi e Marco Pedone, del 7˚ reggimento alpini, sono scese ieri mattina, portate a spalle, dal C130 militare partito da Herat. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha sfiorato i feretri. All’aeroporto romano di Ciampino c’erano i parenti e le autorità, dal premier Silvio Berlusconi, al ministro della Difesa, Ignazio La Russa, al presidente della Camera, Gianfranco Fini. Lo zio di uno dei soldati uccisi, rivolgendosi a La Russa, ha detto: «Signor ministro, godetevi lo spettacolo». Il responsabile della Difesa si è limitato a rispondere che «i parenti in queste occasioni hanno diritto a qualsiasi reazione emotiva sia quella dello zio, che quelle affettuose dimostrate da altri familiari ». Le esequie solenni sono fissate per questa mattina alle 10.30 alla Chiesa di Santa Maria degli Angeli nella capitale. In Afghanistan gli alpini della Taurinense sono in fase di cambio con la brigata Julia, dopo essere arrivati ad aprile. Entro la fine dell’anno sono previsti ulteriori rinforzi che porteranno il contingente a quattromila uomini. Stanno per partire anche tre elicotteri della marina, mentre i lagunari opereranno a Farah. Con l’avvicinarsi dell’inverno gli attacchi dei talebani subiscono sempre una flessione, ma il Gulistan rischia di rimanere la prima linea più «calda». Nelle tre basi nell’area sono impegnati 450 uomini, in gran parte del 7˚ alpini, che ha subito le perdite di sabato scorso. Il nuovo comandante del contingente, generale Marcello Bellacicco, assumerà il comando del settore Ovest ad Herat il 18 ottobre. E prima o dopo dovrà prendere l’iniziativa per riguadagnare il controllo del territorio nella valle maledetta. Non a caso, domenica mattina, la colonna italiana, che ha perso i quattro alpini, è tornata sotto attacco. Per oltre un’ora le penne nere sono avanzate sotto il fuoco intermittente. I talebani hanno usato anche i mortai, ma i tiri erano corti o imprecisi e non si registrano feriti. Quando la colonna del 7˚ alpini ha ripreso la marcia, per uscire dalla maledetta valle del Gulistan, gli insorti si erano organizzati per martellarli. Gli italiani hanno giocato d’anticipo evitando la strada lungo il torrente, dove i talebani li attendevano per nuove imboscate. La colonna ha percorso un tragitto su un tratto desertico. «Sembrava che la montagna sparasse », racconta un alpino. Gli insorti, con un'indubbia dose di coraggio, correvano per avvicinarsi ai blindati ad una distanza di fuoco utile per colpire il convoglio. Gli alpini hanno reagito sparando e stringendo i denti per difendere se stessi e i 70 autisti afghani, dei camion civili del convoglio. Se fossero rimasti senza scorta li avrebbero sgozzati tutti. Di villaggio in villaggio gli insorti avevano preparato imboscate o trappole esplosive. Alla fine saranno stati un centinaio, ma non sono riusciti a bloccare la colonna. Gli alpini hanno chiesto l’appoggio dei caccia bombardieri, che sono scesi in volo radente per intimorire gli assalitori. Non sempre si sgancia, ma i nostri 4 Amx dispiegati ad Herat decollano senza le bombe. Poi gli elicotteri, probabilmente americani, hanno colpito alcuni punti nevralgici delle postazioni talebane. Domenica sera, dopo giorni di battaglie, la colonna italiana è finalmente tornata a base Lavaredo, nel distretto di Bakwa. www.faustobiloslavo.com |
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17 novembre 2001 | Studio Aperto - Italia 1 | reportage
Kabul vuole tornare alla normalità
Kabul vuole tornare alla normalità
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13 marzo 2011 | Terra! | reportage
Cicatrici
Cicatrici
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27 novembre 2001 | TG5 - Canale 5 | reportage
La caduta di Kunduz
La caduta di Kunduz
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13 aprile 2010 | SBS Radio Italian Language Programme | intervento |
Afghanistan
Mistero Emergency
La Radio per gli italiani d'Australia intervista Strada, ma i misteri di Emergency cominciano con il rapimento del free lance Gabriele Torsello nel 2006 e dell'inviato di Repubblica, Daniele Mastrogiacomo, l'anno dopo, sempre nella provincia di Helmand.
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26 febbraio 2010 | SBS | intervento |
Afghanistan
Bacha bazi: piccoli schiavi del sesso
In Afghanistan molti ragazzini vengono venduti e trasformati in schiavi sessuali da signori della guerra o personaggi facoltosi. I bacha bazi sono minori che vengono vestiti da donna e ballano per un pubblico di soli uomini. Il servizio del giornalista Fausto Biloslavo.
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13 aprile 2010 | Radio Città Futura | intervento |
Afghanistan
La sorte dei tre italiani di Emergency in manette
Gli uomini dei servizi afghani puntano il dito contro il chirurgo Marco Garatti e Matteo D’Aira, il capo infermiere, mentre il giovane Matteo Pagani non sarebbe coinvolto e potrebbe venir ben presto scagionato.
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18 maggio 2010 | SBS Australia | intervento |
Afghanistan
Trappola esplosiva uccide due alpini
L’Afghanistan è la nostra trincea, dove 3300 soldati italiani combattono i talebani e portano aiuti e sviluppo alla popolazione. Dal 2001 abbiamo perso 22 uomini per cercare di garantire sicurezza al paese. Gli ultimi due caduti sono il sergente Massimiliano Ramadù ed il caporal maggiore Luigi Pascazio. La mattina del 17 maggio sono saltati in aria su una trappola esplosiva lungo la “strada maledetta”. Una pista in mezzo alle montagne di sabbia che porta da Herat, il capoluogo dell’Afghanistan occidentale, a Bala Murghab, dove i soldati italiani tengono con le unghie e con i denti una base avanzata. I caduti fanno parte del 32° reggimento genio guastatori della brigata Taurinense. Due loro commilitoni, il primo caporal maggiore Gianfranco Scirè ed il caporale Cristina Buonacucina sono rimasti feriti dall’esplosione che ha sconquassato il blindato Lince su cui viaggiavano. L’alpina è la seconda donna soldato ferita in Afghanistan.
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18 agosto 2010 | SBS | intervento |
Afghanistan
Vittime civili e negoziati con i talebani
Dall’inizio dell’anno vengono uccisi in Afghanistan una media di 6 civili al giorno e 8 rimangono feriti a causa del conflitto. Lo sostiene Afghanistan rights monitor (Arm), che registra le vittime della guerra. Nel 2010 sono stati uccisi 1047 civili e altri 1500 feriti. Un incremento del 13% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Oltre il 60% delle vittime civili sono responsabilità degli insorti (661), che secondo il rapporto di Arm “dimostrano scarso o nessun rispetto per la sicurezza e la protezione dei non combattenti”. Le trappole esplosive hanno ucciso fino ad oggi 282 civili, più di ogni altra minaccia seguito da 127 morti a causa degli attacchi suicidi.
Le truppe della coalizione internazionale hanno ridotto considerevolmente le perdite provocate fra i civili grazie alle restrizioni imposte sugli interventi aerei. L’Arm sostiene che dall’inizio dell’anno 210 civili sono morti per colpa della Nato. Altri 108 sono stati uccisi dalle forze di sicurezza afghane.
Lo scorso anno, secondo le Nazioni Unite, sono stati uccisi in Afghanistan 2.412 civili, il 14% in più rispetto al 2008. Però il 70% dei morti era responsabilità dei talebani. Non solo: le 596 vittime attribuite alle forze Nato e di Kabul segnano un calo del 28% rispetto al 2008. Un segnale che gli ordini ferrei del comando Nato in Afghanistan, tesi ad evitare perdite fra i civili, sono serviti a qualcosa.
La propaganda talebana, però riesce a far credere in Afghanistan, ma pure nelle fragili opinioni pubbliche occidentali che i soldati della Nato sono i più cattivi o addirittura gli unici responsabili delle vittime civili a causa dei bombardamenti.
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