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27 ottobre 2010 - Esteri - Iraq - Il Giornale
"A morte Tarek Aziz" Il numero 2 di Saddam lo seguirà sulla forca
Tarek Aziz, il 'volto uma­no' del sanguinario regime di Saddam Hussein è stato con­dannato a morte. Il cristiano, maestro della sopravvivenza, dalle purghe del defunto ditta­tore iracheno a sette processi a suo carico con il nuovo cor­so a Bagdad, questa volta ri­schia la forca. L'Alta corte pe­nale della capitale ha condan­nato a morte l'ex vicepremier «per i crimini tesi ad eliminare i partiti religiosi in Irak prima del 2003». Saddam e il partito socialista Baath, fecero terra bruciata di tutti gli oppositori. Nel mirino dei baathisti della prima ora, come Aziz, finiro­no soprattutto gli sciiti del par­tito al- Dawa. Lo stesso al pote­re oggi con il premier Nouri al Maliki. Nel 1980 un fallito at­tentato ad Aziz scatenò una fe­roce repressione e venne usa­to come pretesto per l'attacco all'Iran. Dieci anni di guerra che provocarono un milione di morti.
Aziz è stato condannato alla pena capitale assieme al mini­­stro dell'Interno di allora, Saa­du­n Shaker e al segretario per­sonale del dittatore, Abdel Ha­mid Hamud. La difesa ha 30 giorni per ricorrere in appello ed il capo dello Stato, il curdo Jalal Talabani, può sempre commutare la sentenza.
A 74 anni, Aziz l'aveva quasi scampata. In sei processi è sta­to assolto o si è beccato un tota­le di 22 anni di carcere, ma non il patibolo. La pena capita­le ha sollevato una valanga di appelli per salvare la pelle all' ex ministro degli Esteri, che si presentava come moderato in Occidente, ma non ha mai alzato un dito in patria per fer­mare i
crimini del suo regime. L'Unione europea ha bollato la sentenza come 'inaccettabi­le' e a gran voce si chiede l'in­tervento del Papa. «La con­danna a morte di mio padre è una vendetta» ha sostenuto Zi­yad Aziz, uno dei figli dell'ex braccio destro di Saddam in esilio in Giordania.
Può anche essere una vendet­ta, ma Tarek Aziz non è una pe­corella smarrita. Sigaro cuba­no, baffetto grigio ed occhialo­ni stile anni Settanta, sembra­no tutti dimenticarlo in divisa
militare verde oliva e basco ne­ro di gerarca. O quando cerca­va di spiegare che il Kuwait, in­vaso da Saddam nel 1991, è la diciannovesima provincia dell'Irak. Nato vicino a Mosul, in una famiglia caldea, il suo vero nome è Mikhail Yuhan­na, dai santi Michele e Giovan­ni. Ben presto lo cambia per in­s­eguire il panarabismo di Sad­dam. C'è chi giura che da gio­van­e rivoluzionario non disde­gnasse premere il grilletto con­tro nemici e traditori, veri o presunti. Davanti alla nazio­nalizzazione delle scuole cri­stiane «non ha battuto ciglio» ricordava Jean Benjamin Sule­iman, arcivescovo cattolico di Bagdad. Stesso atteggiamen­t­o per l'insegnamento obbliga­torio del Corano. Durante la lunga agonia delle sanzioni è sempre Aziz a dispensare favo­ri in mezzo mondo con la truf­fa del petrolio in cambio di ci­bo, sotto gli occhi dell'Onu. Nel febbraio 2003, pochi gior­ni prima dell'inizio della fine, riesce a farsi ricevere da Gio­vanni Paolo II. Alla vigilia dell' invasione dell'Irak annuncia: «Vi aspettate che con la mia storia vado a finire a Guanta­namo o in una prigione irache­na? Preferirei morire».
Si consegna agli americani il 24 aprile 2003. Alla pri­ma apparizio­ne in tribunale appare emacia­to ed in pigia­ma. In aula, pe­rò, difende lo stesso Saddam e il sanguinario capo dei servizi segreti del de­posto regime, che considera «un fratello».
Quando gli americani an­nun­ciano la riti­rata dall'Irak ac­cusa
Washington di «lasciare l'Irak in mano ai lupi». Dietro le sbarre sopravvive a un infar­to. Per lui si mobiliteranno in molti e forse si salverà la pelle ancora una volta.
www.faustobiloslavo.eu

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06 marzo 2010 | Rai News 24 | reportage
I morti di Nassiriya
Sei anni dopo la strage non si fermano le polemiche sulla mancata sicurezza della base e sulle responsabilità dei comandanti.

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12 febbraio 2008 | Top Secret Rete 4 | reportage
Iraq: il caso Calipari
Fausto Biloslavo e Barbara Schiavulli parlano di Nicola Calipari il numero due del Sismi ucciso ad un posto di blocco americano in Iraq, mentre portava in salvo Giuliana Sgrena, la giornalista del Manifesto sequestrata a Baghdad nel 2005. Con Claudio Brachino si parla anche della missione italiana ad An Nassiryah e dell'impegno militare in Afghanistan.

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28 settembre 2015 | Terra! | reportage
Il fronte del parto
In onda su Rete 4 la puntata "Avanti c'è posto" del settimanale tv di Toni Capuozzo sull'immigrazione e le sue cause. Uno dei servizi è il mio reportage di dieci minuti sul fronte nel nord dell'Iraq fra battaglie contro le bandiere nere, tendopoli dove i profughi vogliono partire per l'Europa, paracadutisti della Folgore che addestrano i curdi ed i monuments men italiani, che proteggono il patrimonio archeologico dell'umanità.

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31 ottobre 2010 | Nuova Spazio Radio | intervento
Iraq
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I rapporti Usa che smonterebbero la versione italiana di un episodio della battaglia dei ponti ad An Nassiryah e la morte accidentale di un paracadutista in Iraq sono la classica tempesta in un bicchier d’acqua. Le rivelazioni di Wikileaks sugli italiani della missione Antica Babilonia derivano dagli stessi rapporti scritti dal nostro contingente, che lungo la catena di comando arrivavano fino al quartier generale americano a Baghdad. E altro ancora.

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26 agosto 2010 | Radio Anch'io - Radio Uno | intervento
Iraq
Missione compiuta?
Il ritiro del grosso dei soldati americani lascia un paese ancora instabile, ma la missione è in parte compiuta.

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