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Esclusivo
27 gennaio 2011 - Esteri - Afghanistan - Panorama
Soldi iraniani per uccidere i nostri
L’8 gennaio gli Us Marsof, i corpi speciali dei marines americani, hanno circondato il bersaglio nel distretto del Gulistan, il fronte più sanguinoso nell’Afghanistan occidentale a sud dello schieramento italiano di 4 mila uomini. L’ordine era catturare vivo un comandante talebano in contatto con al-Quds, la costola dei Guardiani della rivoluzione iraniani specializzata nelle operazioni all’estero. Il suo nome è ancora coperto dal segreto, ma si sa che la missione ha avuto successo. Gli americani hanno fatto trapelare che il prigioniero era «legato alla forza al Quds e disponeva di ingenti somme di denaro per lanciare attacchi contro forze della coalizione internazionale e afghane nella zona».
L’ultimo caduto italiano in Afghanistan è il caporal maggiore degli alpini Luca Sanna, ucciso a tradimento il 18 gennaio da un infiltrato con l’uniforme dell’esercito afghano, che ha ferito gravemente anche un’altra penna nera a Bala Murghab, a nord di Herat, ma il fronte più caldo è proprio quello a sud, nella maledetta valle del Gulistan, dove il contingente italiano ha già perso sei uomini dallo scorso settembre. Il 31 dicembre, nell’avamposto di Buji, il caporal maggiore Matteo Miotto è stato centrato da un tiratore scelto, che durante un attacco ha sparato da almeno 600 metri. Gli italiani in Gulistan sono convinti di avere di fronte «gente ben addestrata, con preparazione militare» e non le solite bande stile armata Brancaleone.
Negli ultimi mesi la guerra segreta contro le infiltrazioni iraniane in Afghanistan ha coinvolto soprattutto l’«Op box Tripoli», l’area operativa fra Bakwa e il Gulistan, al confine con la provincia di Helmand. La presidiano circa 500 alpini divisi in tre basi: Lavaredo, Ice e il piccolo avamposto Snow, dove è caduto Miotto.
Il talebano catturato l’8 gennaio e legato ai Pasdaran era «il comandante anziano nella zona di Bakwa». E il 2 gennaio, nella confinante provincia di Nimroz, è stato eliminato un altro capo degli insorti «che facilitava le azioni dei terroristi suicidi in Afghanistan e guidava operazioni nei distretti di Bakwa e Gulistan» sostiene l’Isaf, la missione Nato in Afghanistan. Dallo scorso ottobre i corpi speciali, anche italiani della Task force 45, hanno incrementato le missioni sul fronte sud. E da marzo, nel corso di 13 raid, sono stati uccisi o catturati sei comandanti degli insorti legati all’Iran. Uno dei più famosi era il mullah Aktar, accusato «di organizzare l’addestramento di combattenti stranieri facendoli arrivare attraverso l’Iran», che confina con la provincia di Farah dove si trova il Gulistan. Il 16 luglio i corpi speciali della Nato hanno distrutto un campo di addestramento che si trovava nel distretto di Bala Baluk (dove gli italiani tengono la base avanzata Tobruk), uccidendo Aktar. Secondo The long war journal, un blog specializzato nella guerra al terrorismo, la forza al Quds dei Pasdaran ha incaricato delle operazioni clandestine in Afghanistan il Corpo Ansar con base a Mashad, nel nord-est dell’Iran, poco distante dal confine. E il 6 agosto scorso il suo comandante, generale Hossein Musavi, è stato inserito nella lista nera del dipartimento del Tesoro americano di chi appoggia i talebani. «Gli iraniani utilizzano i rimpatri forzati dei clandestini afghani per infiltrare spie e tenere sotto minaccia la stabilità socioeconomica della parte occidentale, attorno a Herat, la più sviluppata del paese» spiega a Panorama una fonte militare della Nato. Nel 2010, secondo i dati dell’Unhcr, l’agenzia dell’Onu per i rifugiati, l’Iran ha respinto 247.757 afghani e a fine ottobre si era arrivati a 753 rimpatri al giorno, soprattutto dal posto di confine di Islam Qala, dove un reparto del 5° alpini di Vipiteno fornisce appoggio alla polizia di frontiera afghana. «Fin dal 2007 le Uk Sof, le unità speciali inglesi, hanno lanciato operazioni denominate “anti influenza iraniana”» spiega la fonte Nato. «Lungo il poroso confine di 1.186 chilometri, quando si individuano, grazie all’intelligence, i carichi di armi o colonne di insorti che arrivano dall’Iran, si lanciano i Predator (velivoli senza pilota, ndr) per seguirli dal cielo e si interviene per intercettarli».
Lo scorso 6 ottobre c’è stato uno dei sequestri più ingenti di armi in arrivo dall’Iran nella desertica provincia di Nimroz, al confine con il settore ovest sotto il comando del generale Marcello Bellacicco. Il piccolo arsenale di armi leggere, lanciarazzi e componenti per trappole esplosive era suddiviso in 337 casse stipate in container.
Teheran smentisce seccamente qualsiasi coinvolgimento a favore dei talebani in Afghanistan, ma l’intelligence dell’Isaf segnala campi di addestramento in Iran, dove vengono reclutate pure donne hazara, una minoranza afghana di fede sciita come gli iraniani. E il 7 gennaio in un bombardamento mirato nella provincia settentrionale di Kunduz sono rimasti uccisi il comandante Abdul Hai Shinwari e una decina di talebani. Fra i documenti sequestrati ce n’è uno che dimostra come il capo degli insorti avesse un conto corrente nella Banca nazionale iraniana.
Quella delle infiltrazioni, però, non è l’unica sfida segreta con l’Iran: la «guerra delle dighe» provoca altrettanta tensione. «In Afghanistan, nella zona occidentale, ci sono diversi progetti per nuove centrali idroelettriche» fa notare la fonte dell’Alleanza atlantica. «Un investimento strategico temuto dagli iraniani perché riduce la portata dei fiumi che arrivano in Iran dall’Afghanistan. Per questo gli agenti di Teheran assoldano gruppi di insorti o bande criminali per rapire i tecnici o attaccare e bloccare i lavori». Dalla scorsa estate la Task force centrale del contingente italiano conduce importanti operazioni di stabilizzazione nel distretto di Chest e Sharif, circa 160 chilometri da Herat. Nella zona è in corso la costruzione di una diga che fornirà energia elettrica a 70 mila famiglie.
Proprio a Herat la Guardia di finanza italiana addestra la polizia di frontiera afghana dispiegata lungo il confine con l’Iran con la piccola Task force Grifo. Per 6 settimane l’Iran ha bloccato i rifornimenti di carburante verso Herat provocando tensioni in Afghanistan. Poi Teheran ha promesso di allentare il blocco, ma per l’ambasciatore iraniano a Kabul, Fada Hossein Maliki, «il carburante che transita nel nostro paese viene poi utilizzato dalle forze della Nato. Per noi questo è inaccettabile».

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19 novembre 2001 | Studio Aperto - Italia 1 | reportage
Uccisa Maria grazia Cutuli e altri tre giornalisti
Uccisa Maria grazia Cutuli e altri tre giornalisti

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04 giugno 2010 | Tele4 | reportage
Intervista sul'Afghanistan la mia seconda patria
Un'intervista di Tele 4 in occasione del dibattito “Afghanistan: raccontare la guerra, raccontare la pace”, al Circolo della Stampa di Trieste,con la fotorgafa Monika Bulaj.

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23 novembre 2001 | TG5 - Canale 5 e Studio Aperto - Italia 1 | reportage
La battaglia di Kandahar
La battaglia di Kandahar

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14 luglio 2011 | Nuova Spazio Radio | intervento
Afghanistan
Si può vincere questa guerra?
Dopo la morte in combattimento dell'ultimo parà della Folgore, fino a quanto dovremo restare in Afghanistan? Almeno fino a quando gli afghani riusciranno a garantirsi da soli la sicurezza, altrimenti caliamo le braghe e la diamo vinta ai talebani. Per sconfiggerli non basta la forza delle armi.

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