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24 febbraio 2011 - Il Fatto - Libia - Il Giornale
Libia, vittima della sua ricchezza

La Libia non è la Tunisia, due volte più povera, o l'Egitto, dove un esercito forte ha preso il potere. L'effetto domino è ben più sanguinoso nella «Grande Repubblica Araba Popolare e Socialista» ricca di petrolio e gas, divisa fra antiche tribù, zeppa di immigrati e con lo spettro degli emuli di Al Qaida infiltrati nella rivolta.
La Jamahiryya, come l'ha battezzata Muammar Gheddafi, è un paese diviso storicamente in tre grandi regioni ben distinte e rivali fra loro. La Tripolitania, che occupa la fascia settentrionale del Paese dal confine tunisino al golfo della Sirte, con la capitale di un milione di abitanti. Il Fezzan, nel sud desertico del Sahara. E la Cirenaica, la fetta più grossa e orientale del paese lungo il confine con l'Egitto fino al mar Mediterraneo, in mano ai rivoltosi che vogliono abbattere il regime di Gheddafi. «Quelli di Bengasi (grande città della Cirenaica, nda) e la gente di Tripoli non si sono mai sopportati» ha candidamente ricordato un italiano, in fuga dalla Libia, appena sbarcato a Fiumicino.

Una rivalità che non nasce oggi. Nel 1843, il predicatore islamico Alì Senussi si stabilì in Cirenaica facendo proseliti in tutta la Libia. Al crollo dell'impero Ottomano arrivò l'Italia di Giolitti che si era conquistata un posto al sole con la colonia libica. I partigiani senussiti diedero del filo da torcere fino al 1931, quando il guerrigliero più famoso, Omar al Mukhtar, venne impiccato dagli italiani. A Bengasi, sembra che sia sfilato con i manifestanti anti Gheddafi anche il figlio ottantenne dell'eroe nazionale. Tutti in piazza si proclamano «figli» di Al Mukhtar.

La Libia è diventata indipendente nel 1951 con la monarchia di re Idris I Senussi e subito dopo venne scoperto il petrolio. Dell'oro nero ne approfitterà il capitano Gheddafi, che depose il monarca con un golpe. Un giovane ufficiale, nato nella Sirte, terra di pastori beduini. I «senussiti» l'hanno sempre bollato come usurpatore. Gheddafi si è comprato il controllo della Libia alleandosi e concedendo prebende alle tribù. A cominciare dal potente clan dei Werfalla, che hanno ottenuto importanti incarichi ai vertici della sicurezza. Prima del colonnello erano alleati della monarchia senussita in Cirenaica. Pochi giorni fa il capo tribù, Akram al-Werfalla, ha dichiarato: «Gheddafi non è più nostro fratello. Deve lasciare il paese». Altre tribù hanno abbandonato la «guida della rivoluzione», comprese gli Azaweya che minacciano di interrompere le forniture energetiche verso l'Europa.
Lo stesso Gheddafi, secondo il settimanale «Times», vuole usare l'arma dell'oro nero, ma per fini interni. Il colonnello avrebbe ordinato di sabotare le infrastrutture petrolifere. Nel suo recente e durissimo discorso in tv ad un certo punto sembrava essere uscito dal copione ricordando che i cordoni della borsa sono in mano sua. Il petrolio, ma c'è pure il gas, rappresenta l'80% degli introiti governativi. Il forziere dell'oro nero vale 50 miliardi di dollari l'anno. Gheddafi viene da una piccola tribù, che si è alleata con una confederazione più forte, grazie al matrimonio con Safia Farkash. Il messaggio agli altri clan maggioritari, che sono passate con i rivoltosi è chiaro: «I soldi li abbiamo noi e dopo di me sarà il caos».
Il secondo Paese esportatore di petrolio dell'Africa garantisce un reddito medio pro capite di soli 13.800 dollari, comunque al di sopra di molti paesi maghrebini. Fra gli oltre sei milioni di libici il 30% è composto da giovani. L'eta medià della popolazione è di 24 anni e l'80% dei giovani abita nelle città, che soprattutto nell'est del paese sono state gli epicentri della rivolta. Per non parlare dei due milioni e mezzo di immigrati che vivono in Libia, per quasi la metà clandestini. Solo gli egiziani sono stimati fra i 500 ed i 700mila. Una bomba etnico-sociale che rischia di riversarsi nei paesi vicini ed in Italia.
Ieri il viceministro degli Esteri, Khalid Kayem, ha sostenuto che a Derna è stato proclamato l'Emirato islamico «guidato da Abdel Hakim Hussadi, ex detenuto di Guantanamo». I fondamentalisti hanno sempre avuto una roccaforte attorno alla montagna Verde della Cireanica, ma sembra che la rivolta ed i suoi capi sia più variegata. A Derna uno dei leader è il presidente della Camera di commercio locale, a Bengasi ci sono i Fratelli musulmani e dall'esilio all'estero starebbero tornando i senussiti. Uno schieramento arcobaleno, che dopo la Cirenaica punta a tutta la Libia.
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[continua]

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