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Reportage
12 marzo 2011 - Esteri - Libia - Il Giornale
Ad Al Zawiya riconquistata la festa dei «gheddafiani»
Al Zawiya«Gli scarafaggi sono stati schiacciati. Guardatevi attorno: tutta questa distruzione è colpa loro. Giuro sul mio sangue che sono contento per la vittoria della nostra guida, Muammar Gheddafi». Ali Mohammad Khalil abita ad Al Zawiya da sempre e non ha peli sulla lingua. In caffettano bianco e fazzoletto verde dei fan di Gheddafi al collo rispolvera l'italiano imparato tanti anni fa. La furiosa battaglia per riconquistare la città, in mano ai ribelli da due settimane, è durata tre giorni.
Per Gheddafi è una grande vittoria. La spina del fianco, 40 chilometri a sud ovest di Tripoli, è caduta. La città sembra vuota e come ci si avvicina al centro ogni palazzo è sfregiato dalla raffiche di mitragliatrice pesante. Le cannonate dei carri armati hanno aperto delle voragini nelle facciate dei palazzi dove si annidavano i rivoltosi. La piazza dei "martiri", come era stata ribattezzata per le tombe dei giovani anti Gheddafi morti armi in pugno, è un campo di battaglia. Una decina di giorni fa, quando abbiamo visitato Al Zawiya in mano ai ribelli, sembrava una roccaforte inespugnabile con tank e contraeree ad ogni angolo. Adesso la piccola moschea bianca al centro della piazza, che veniva utilizzata come infermeria, è ridotta in briciole. All'interno la cupola è crollata sotto i colpi dei mortai ed il minareto è stato spezzato a metà da una cannonata. Ali Mohammad, un soldatino di 27 anni, in divisa verde oliva, barbetta e fucile mitragliatore a tracolla viene da Tripoli. «I muthazair (ribelli) non sono musulmani. Hanno usato la moschea come postazione - racconta -. La battaglia è durata tre giorni. Alcuni li abbiamo ammazzati, altri sono stati fatti prigionieri ed altri ancora hanno preferito fuggire». Ali parla degli scontri con un velo di tristezza: «Fratelli contro fratelli. Questa è una brutta guerra».
L'hotel Zawiya, trasformato in comando dai ribelli, è stato cannoneggiato piano per piano. La torretta di un carro armato dei rivoltosi è rovesciata e annerita dal fuoco dietro la moschea. Un tank governativo deve averla fatta volare via con un colpo secco. Elmetti abbandonati in mezzo ad improvvisate trincee e bossoli dappertutto dimostrano la furia dei combattimenti. Un ufficiale d Gheddafi, che presidia uno degli ingressi alla piazza ha voglia di parlare: «La gente era terrorizzata e barricata in casa. Non potevano portare i figli a scuola e nemmeno andare a comprare il pane. Li abbiamo liberati». Sembra convinto di aver combattuto per la causa giusta e racconta: «Hanno preso un amico del mio reparto. È stato sgozzato come un cane». Gli occhi dell'ufficiale diventano improvvisamente lucidi e si allontana di scatto per non far vedere che piange.
Sulle facciate dei palazzi sbrecciate dalle cannonate hanno steso dei lunghi striscioni perpendicolari verdi e bianchi, per far vedere di meno la furia degli scontri. I civili che fanno un carosello con le macchine attorno alla piazza simbolo non sono molti. Due giovinastri armati fino ai denti a bordo di un fuoristrada fanno paura. Quello al volante porta degli occhialoni da deserto e l'altro, che non vuole farsi fotografare in faccia, pretende uno scatto del suo orologio con l'immagine del colonnello Gheddafi assieme alle lancette. Il clima rimane teso: i cannoni dei tank governativi sono puntati verso le vie laterali. Sacche di ribelli sarebbero ancora annidate nel dedalo di viottoli e palme di Al Zawiya, che conta 250mila abitanti.
Quanto al fronte orientale attorno ai centri petroliferi il governo di Tripoli annuncia la riconquista di Ras Lanuf, dove la resistenza dei rivoltosi sarebbe stata piegata.
Nella piazza di Al Zawiya si festeggia ad oltranza la vittoria del regime. Poco prima i bulldozer avevano cancellato le tombe dei "martiri" caduti in battaglia contro Gheddafi. Nessuna pietà sia per i vivi che per i morti, portati chissà dove. 
[continua]

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