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Reportage
20 marzo 2011 - il Fatto - Libia - Il Giornale
E il Colonnello si nasconde dietro gli scudi umani
Fausto Biloslavo Tripoli «Morte a Sarkozy, mor­te a Sarkozy » urla in arabo, co­me un ossesso, il fan di Ghed­dafi. Gli attacchi aerei sulla Li­bia, fortemente voluti dal pre­sidente francese, sono iniziati da poco e a Tripoli già si schie­rano gli «scudi umani». Un mi­gliaio di sostenitori del colon­nello ha organizzato un caro­sello di macchine attorno alla caserma di Bab al Azizya, la cit­tadella fortificata, al centro della capitale, dove vive Ghed­dafi. Dalla periferia siamo par­titi con una colonna di civili «armati» delle foto del capo in divisa o in tenuta da beduino. L'avanguardia è composta da bambini. Sul braccio hanno tutti un drappo verde, da bra­vi pionieri di regime. Quando arriviamo agli spalti della for­tezza di Gheddafi, dove in tempi normali non puoi nem­meno fermarti, ci rendiamo conto che uno degli obiettivi primari dell'attacco alleato è invaso dai civili: «Siamo tutti scudi umani» gridano i più giovani sorridendo. I corpi speciali, stile marines, che di­fendono il bunker del capo, hanno incredibilmente aper­to le porte carraie in acciaio per far entrare i sostenitori. Donne velate si mescolano a giovani con gli occhiali alla moda e ad intere famiglie con i bambini. La mossa è propa­gandistica, ma difficilmente i caccia occidentali bombarde­ranno Bab al Azizya, con que­sta massa di civili.
«Io amo Muammar Ghedda­fi » sostiene in inglese, Sohela Jamal, una bella ragazza di 19 anni. Nella tana del lupo è ve­nuta con la mamma, la zia e i
due fratellini. Slanciata, oc­chiali scuri e sottile velo nero sembra non avere dubbi: «Scudi umani? Sono pronta a dare la mia vita per difendere il nostro leader. L'idea è di ri­manere tutta la notte, che bombardino pure».
L'epicentro della riuscita sceneggiata è lo scheletro in muratura della vecchia resi­denza di Gheddafi centrata dai raid americani del 1986. Attorno, con musica naziona­­lista a palla, slogan pro Ghed­dafi e cartelli antioccidentali si svolge la «festa» degli scudi umani. Poco più in là c'è la ten­da da beduino dove Il Giorna­l e ha intervistato in esclusiva il colonnello. Al calare del so­le arriva pure la figlia, Aisha,
bella e bionda, osannata dalla folla. Lo stesso Gheddafi do­vrebbe tenere un discorso in mezzo agli scudi umani per ri­spo­ndere all'attacco occiden­tale.
Altri civili disposti, a parole, ad immolarsi per difendere obiettivi strategici si sono riu­niti attorno agli aeroporti in­ternazionali del paese. A quel­lo di Sebah, nel centro sud del­la Libia, la televisione di stato ha ripreso numerose donne e bambini. Nessuno però è an­dato ad incatenarsi ai cancelli dello scalo militare di Mitiga, sul lungomare di Tripoli, non molto distante dall'ambascia­ta italiana chiusa ed evacuata due giorni fa. L'aeroporto do­vrebbe essere uno degli obiet­tivi che verranno colpiti nelle prossime ore.
Lungo la strada costiera che porta ad Est, verso Misurata, la terza città del paese contesa da ribelli e governativi, si sus­seguono i posti di blocco. Sol­dati di El Jis, l'esercito libico, si mescolano ai volontari del­la Guardia popolare. Salam Sayah è il più giovane, solo 18 anni e barbetta incolta. Im­braccia il kalashnikov e giura di voler sparare (inutilmente) al primo caccia che si presenti all'orizzonte: «Siamo pronti a combattere per servire la rivo­luzione, salvare il nostro lea­der e garantire l'unità della Li­bia » spiega Mohammed Mu­sa, 26 anni. Felpa grigia con cappuccio in testa, pelle nera come la pece e bandana verde fa parte dell'Armata Brancale­one di miliziani mobilitata da Gheddafi. L'ufficiale dell'eser­cito, che comanda il distacca­mento, ha degli occhialini da intellettuale e spera «di non
dover sparare un colpo. L'esercito ha dichiarato la tre­gua, ma se ci bombardano non possono certo far fuori 5 milioni di libici».
Proseguendo verso Al Qara­bulli, dove partivano i barco­ni di clandestini per l'Italia, si nota qualche contraerea mon­tata sui fuoristrada scoperti, che i soldati stanno mimetiz­zando meglio. Di fronte ad un mare splendido, blu e verde, abbiamo notato solo un carro pesante con le armi antiaeree rivolte verso il cielo. I governa­tivi hanno creato nuove posta­zioni con i sacchetti di sabbia e lungo un tratto di costiera so­no piazzati ostacoli anticarro. Un ingegnere volontario, che viene da Tripoli, sostiene di voler combattere perchè «fra i ribelli, come li chiamate voi, ci sono terroristi di Al Qaida egiziani, algerini, gente che si è addestrata in Afghanistan». Occhiali da sole, barba incol­ta, uniforme da deserto, porta lo stesso turbante color sab­bia del colonnello. Altri si co­prono il volto per non venir ri­conosciuti, ma con armi legge­re, bivaccati in tende verdi e polverose, hanno poche spe­ranze contro le ondate dei cac­cia
alleati.
www.faustobiloslavo.eu

UNITI
Arriva Aisha la figlia del leader libico E nella notte il padre potrebbe arringare la folla SICURI I fedelissimi sono pronti a tutto: «Attenti: tra i ribelli c’è tanta gente di Al Qaida»
[continua]

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