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Reportage
23 marzo 2011 - Il Reportage - Libia - Il Giornale
Gheddafi contrattacca. Con i trucchetti
Fausto Biloslavo Tripoli Un fumo grigiastro, che ti azzanna la gola, si alza anco­ra dai uno dei due capannoni della marina libica fatti a pezzi dagli attacchi alleati di lunedì notte. All'inter­no i possenti ca­mion, con le rampe che lan­ciano i missili terra terra di Gheddafi, sono ridotti ad un gro­viglio di lamiere semi carboniz­zate. L'obiettivo è stato centrato in pieno nel por­to di Tripoli, po­co distante dall' ambasciata ita­liana evacuata prima dell'ini­zio dei bombar­damenti. Per la prima volta le guide del regi­me ci portano a vedere un obiettivo colpito dall'offensi­va aerea alleata. La banchina di Al Buseta è una specie di pic­cola base navale. Al molo so­no ormeggiate alcune navi da guerra rimaste intatte, ma l'obiettivo vero erano dei ca­pannoni dove i libici avevano occultato tre grandi camion con i lanciatori di missili terra­terra russi. Lo spiega senza tanti peli sulla lingua, il co­mandante della base, Pathy Rabta. Il berretto a visiera ri­corda quello dei comandanti delle navi da guerra america­ni. Maglione blu di marina con i gradi sulle spalline e baffi ben curati cerca di assicurare «che questi erano hangar per le riparazioni». I lanciatori so­no inutilizzabili, ma l'impres­sione è ch­e i mis­sili terra terra sia­no stati portati via per tempo.
All'esterno un lanciarazzi mul­tiplo, conosciu­to fin dalla se­conda guerra mondiale come «l'organo di Sta­lin » è accartoc­ciato: «Il nemico ha lanciato sei missili To­mahawk e due bombe d'aereo distruggendo tutto. Sapeva­mo che­poteva essere un obiet­tivo prioritario e abbiamo eva­cuato
il personale di guardia. Per questo motivo non ci sono vittime o feriti» spiega l'ufficia­le di Gheddafi. I crateri lasciati dagli ordini alleati sono larghi una decina di metri e profondi meno della metà. Bidoni anne­­riti, probabilmente di olio o carburante, formano una colli­netta. Dai tetti degli hangar, che non esistono più, penzola­no lamiere contorte.
Nonostante i colpi di maglio dal cielo il regime di Gheddafi sembra in sella, almeno nella capitale. Le sue truppe sferra­no
ancora attacchi alle encla­ve ribelli nella Libia occidenta­le.
Per il quinto giorno conse­cutivo si combatte a Misurata, 180 chilometri ad Est di Tripo­li. I governativi avevano an­nunciato di aver riconquista­to la terza città del paese, ma ieri la battaglia continuava con 120 feriti e una quaranti­na di morti, compresi 4 bambi­ni.
Pure Ziltan, una delle prime città insorte contro il colonnel­lo, sarebbe teatro di duri scon­t­ri con 40 carri armati di Ghed­dafi pronti a sfondare. Il so­spetto è che le truppe corazza­te puntino ad infiltrarsi nelle città in mano ai ribelli per evi­tare i raid alleati. Oppure atti­rarli provocando inevitabili di­struzioni e morti fra i civili.
Nel caos della guerra in Li­bia la capitale vive una doppia dimensione. Di notte tutti si aspettano le bombe e di gior­no la vita riprende con un cli­ma di apparente normalità. I bar sono aperti ed i tavolini all' esterno, a due passi dal lungo­mare, sempre affollati. I giova­ni fumano il
narghilè e sorseg­giano il caffè alla turca.
In que­sto ambiente surreale per una capitale in guerra, Renata Ei­sel legge tranquillamente la biografia in tedesco di Gian­giacomo Feltrinelli. «La prima notte tremavo di paura quan­do h­anno cominciato a spara­re con la contraerea. Poi ho co­minciato ad abituarmi ai ru­mori dei bombardamenti. Di giorno sembra tornare tutto normale e vengo al caffè a rilas­sarmi » spiega l'ultima tedesca rimasta a Tripoli. Una specie di marziana con i capelli bion­di corti e gli occhi azzurri, che dirige l'istituto culturale ger­manico nella capitale. Sotto l'apparente normalità si nota che gran parte dei negozi so­no ancora chiusi. Davanti ai forni del pane si formano lun­ghe file, i prezzi sono esplosi e cominciano a scarseggiare al­cuni generi di prima necessi­tà.
Un giovane senza lavoro, che passa il tempo con gli ami­ci al caffè, dice con ironia: «Bombe? Di notte ci sono i fuo­chi d'artificio. Restiamo tappa­ti in casa e aspettiamo di vede­re come va a finire».
www.faustobiloslavo.eu

CALMI
Tripoli di giorno vive come se niente fosse: «Le bombe? sono solo fuochi d’artificio... »
[continua]

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