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Reportage
31 marzo 2011 - Esteri - Libia - Il Giornale
Mizdah, la città-polveriera sotto le bombe
MizdhaIl fumo grigiastro dell’esplosione si alza come un’enorme nuvola nel cielo per un centinaio di metri. Sembra quasi voler inghiottire la piccola città di Mizdha, 200 chilometri a sud di Tripoli. Sulle alture circostanti Gheddafi ha nascosto depositi di armi e munizioni nel mirino della Nato. Le riprese della gigantesca esplosione sono state fatte con un telefono cellulare dalle case poco distanti dai bombardamenti. Una voce sullo sfondo ripete: «Oh Allah, Allah aiutaci».
Per raccontare la storia di Mizdah, la città dimenticata sotto le bombe, abbiamo attraversato una bella fetta di deserto. Ad un posto di blocco i soldatini in mimetica, che parlano solo arabo, ti offrono un forte tè scuro e mimano gli attacchi. I bombardieri arrivano a ondate da nord e poi si dividono per la caccia agli arsenali di Gheddafi. Fra le basse montagne di Abuganan (corni di montone) sarebbero nascoste 83 polveriere, che riforniscono le truppe del colonnello. Molte sono già state centrate negli ultimi quattro giorni di attacchi. La Santa Barbara più grande è esplosa due giorni fa provocando l’enorme nuvola di fumo.
Gli abitanti di Mizdha giurano che «dopo ogni attacco le munizioni continuano saltare in aria per ore facendo schizzare razzi, granate e proiettili dappertutto». L’ospedale della città è stato evacuato dopo che un razzo ha sfondato il soffitto di una corsia. «In questa stanza c’erano tre donne ricoverate. Una è morta e le altre due sono ferite gravemente. Abbiamo sentito il colpo secco dell’impatto e siamo subito accorsi trovandoci davanti a una nuvola di fumo e una scena infernale», racconta Mona Alì una giovane infermiera libica che parla inglese. I letti e i cuscini sono ancora inzuppati di sangue e calcinacci. Del razzo da 107 millimetri di fabbricazione orientale restano alcuni spezzoni. La stanza è devastata da schegge, ma non sembra che sia esploso. All’inizio un notabile locale cerca di spacciarlo per una bomba alleata. Quando gli facciamo notare che si tratta di un razzo katyusha libico ci spiegano che gli arsenali continuano a esplodere per ore lanciando ordigni ovunque. Negli alloggi del personale sanitario coreano, filippino e ucraino, un’altra stanza è invece carbonizzata. Una coppia coreana, lui medico e lei infermiera, sono moribondi. Il resto del personale sta fuggendo e ci racconta in lacrime che «il dottore è stato colpito gravemente a entrambe le gambe, se sopravviverà dovranno amputarlo».
Se non fosse vera la storia dei razzi volanti a causa delle bombe alleate, solo il diavolo in persona avrebbe potuto organizzare una macchinazione del genere. Ovvero colpire i civili per dare la colpa alla Nato. In città una casa che si trovava in linea d’aria a un chilometro da un arsenale bombardato ha un buco di mezzo metro su una parete. Le stanze all’interno sono state affumicate dall’esplosione dell’ennesimo razzo impazzito. Due shabab, ragazzi del luogo, si vantano di aver tifato per il Milan e la Juventus. «Ma ora basta. Eravamo amici dell’Italia e ci avete attaccato», spiegano i giovani. Alle loro spalle, in una stanza ridipinta di nero dal razzo, arriva un libico infuriato che mostra una pagine del Corano sottovetro scalfita dall’esplosione. L’accusa è la solita: «Siete crociati e colonialisti».
In un battibaleno si riuniscono nei vicoli polverosi di Mizdha un gruppo di shabab armati di kalashnikov, che sparano in aria all’impazzata per sfogare la rabbia. Qualcuno innalza un poster di Gheddafi.
Lungo la strada nel deserto decine di famiglie di Mizdha hanno montato le tende beduine, per scampare ai bombardamenti. Rifugiati a casa propria che vivono in maniera precaria, con bimbi piccoli e anziani come Mohammed Ahmed. «Mi ricordo quando c’erano gli italiani ai tempi delle colonie - spiega l’ultranovantenne -. Non andavano per il sottile, ma una guerra così, dal cielo, non l’avevo mai vista».
[continua]

video
01 aprile 2011 | TG5 | reportage
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16 marzo 2011 | TG4 | reportage
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23 marzo 2011 | TG5 | reportage
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Con Luxuria bomba e non bomba
Il governo italiano, dopo una telefonata fra il presidente americano Barack Obama ed il premier Silvio Berlusconi, annuncia che cominciamo a colpire nuovi obiettivi di Gheddafi. I giornali titolano: "Bombardiamo la Libia". E prima cosa facevamo? Scherzavamo con 160 missioni aeree dal 17 marzo?

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09 marzo 2011 | Panorama | intervento
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08 marzo 2011 | Panorama | intervento
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18 marzo 2011 | Radio Capodistria | intervento
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