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08 maggio 2011 - Esteri - Pakistan - Il Giornale
Quando i pakistani "facevano gli indiani"
I pachistani hanno salvato la pelle a Osa­ma Bin Laden o «coperto» la sua latitanza ul­tradecennale, dal lontano 1998. Presidenti, premier, capi dei servizi segreti di Islamabad hanno sempre detto che non sapevano dove fosse il capo di Al Qaida dandolo talvolta per morto, nascosto in Afghanistan o da un’altra parte, non certo in Pakistan. Dopo l’elimina­zione di Bin Laden ad Abbottabad, sede della West Point pachistana a due ore di macchina dalla capitale, i nodi vengono al pettine.
A sei giorni dal blitz americano si sono riuni­t­i ieri il presidente, Asif Ali Zardari, il primo mi­nistro Y­usuf Raza Gillani e il capo di Stato Mag­giore delle forze armate di Islamabad, genera­le Ashfaq Parvez Kayani. Tutti e tre avevano sempre smentito seccamente la presenza di
Bin Laden in Pakistan.
L’aspetto più inquietante è che i vertici del paese forse erano veramente all’oscuro di do­ve fosse il fondatore di Al Qaida,
ma lo sapeva­n­o una cerchia ristretta di funzionari dei servi­zi segreti che hanno avuto a che fare con Bin Laden per anni. Gli Stati Uniti hanno chiesto con forza l’identità di queste barbe finte collu­se con lo sceicco del terrore. «È difficile crede­re che il capo di stato maggiore,Kayani e ildi­rettore generale dell’Isi ( la potente intelligen­ce di Islamabad nda), Ahmad Shuja Pasha, sa­pessero dove si trovava Bin Laden» - ha affer­mato ieri al New York Times una fonte dell’am­ministrazione Usa­«ma non ci sorprendereb­be se qualcuno vicino a Pasha lo avesse sapu­to ». Il Pakistan ha tirato fuori dai guai Osama fin dal 1998, subito dopo gli attentati firmati Al Qaida contro le ambasciate americane in Ken­ya e Tanzania. L’allora presidente, Bill Clin­ton, ordinò di lanciare una raffica di missili contro quattro basi di addestramento degli uomini di Bin Laden in Af­ghanistan. I missili arriva­vano da portaerei e som­mergibili americani nel­l’Oceano Indiano e dove­vano passare per lo spazio aereo pachistano. Quan­d­o i missili partirono qual­cuno dei servizi di Islama­bad telefonò sul satellitare dello sceicco del terrore, che si mise velocemente in salvo.
Nel 2001, dopo il crollo del regime talebano, Bin Laden si rifugiò nelle grot­te di Tora Bora ad un passo dalle zone tribali pachista­ne. Gli americani pur bom­bardandolo non chiusero il cerchio ed i pachistani si guardarono bene di aspet­tarlo
oltre frontiera, unica via di fuga.
Amal Ahmed al Sadah, la giovane moglie del terrorista, ferita e catturata nel blitz di Ab­bottabad avrebbe confessato ai pachistani, che la tengono in custodia, una notizia clamo­rosa. Fin dal 2003 Osama bin Laden e famiglia vivevano nel villaggio di Chak Shah Moham­mad, vicino alla città di Haripur,lungo l’auto­strada che porta ad Abbottabad. Due anni do­po si trasferirono nel compound dove sono piombati i corpi speciali americani. In una cit­tà dove la sicurezza antiterrorismo è ai massi­mi livelli per la presenza di una delle più im­portanti accademie militari del paese. Il mese scorso lo stesso generale Kayani si era recato in visita alla West Point pachistana, a un chilo­metro dal rifugio di Bin Laden,
annunciando: «Abbiamo battuto il terrorismo, ma a Washin­gton sono scettici».
Guarda caso Kayani arriva dal comando dell’Isi, dove si sospetta che il «Direttorato», specializzato nei rapporti con gli estremisti
islamici, avesse contatti con Osama. Nel 2009 Ka­yani, durante una confe­renza stampa con il primo ministro inglese, Gordon Brown, ribadiva: «Non penso che Bin Laden sia in Pakistan».
L’ex uomo forte e presi­dente pachistano, Pervez Musharraf, al potere gra­zie a un golpe dal 1999 al 2008, sosteneva che il ca­po di Al Qaida fosse «mor­to, perché era malato ai re­ni. Altrimenti si trova in Af­ghanistan ». L’ex ministro dell’Interno,Rehman Ma­­lik, per gran parte degli an­ni della latitanza in Paki­stan della primula rossa del terrore, sentenziava: «Smentisco categoricamente la presenza di Osama bin Laden, il suo vice Ayman al Zawahiri e mullah Omar (il capo dei talebani nda) in qualsiasi parte del nostro paese».
Anche il premier in carica ha sempre smen­tit­o che il capo di Al Qaida si rifugiasse in Paki­stan.
Il presidente Zardari, nel 2009, afferma­va candidamente sulla sorte del super ricerca­to: «La nostra intelligence pensa che non esi­sta più, che sia morto.In ogni caso non c’è trac­cia di lui». Il suo portavoce, Farhatullah Ba­bar, rincarava la dose garantendo che «se qualsiasi ufficiale sapesse dove si trova, Osa­ma Bin Laden non sarebbe più un uomo libe­ro ».
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04 maggio 2011 | Spazio Radio | intervento
Pakistan
La morte di Bin Laden e il dopo
Addirittura l’incubo di una rappresaglia nucleare con un mini ordigno nascosto da tempo in Occidente per vendicare Osama bin Laden, oppure attentati suicidi in Europa o ai danni dei cristiani nel mondo islamico. Morto il principe del terrore, con molti dubbi su cosa sia effettivamente accaduto, non salta fuori facilmente un altro. Oggi Al Qaida è un marchio in franchising utilizzato da organizzazioni sparse nel mondo che si ispirano all’ideologia di Bin Laden, ma che da tempo non ricevono ordini diretti. Per non parlare dei terroristi fai da te nati in Europa.

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