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Articolo
31 maggio 2011 - Esteri - Afghanistan - Il Giornale
Battaglia ad Herat, soldati italiani sotto attacco
Macchine minate, cecchi­ni, azioni diversive per colpire in maniera spettacolare i solda­ti italiani ad Herat. Non un at­tentato qualunque, ma un at­tacco multiplo, che grazie alla reazione dei militari e alla for­tuna ha provocato solo cinque feriti fra i nostri, compreso uno grave ma fuori pericolo di vita. Poteva essere una strage come Nassirya,ma l’intelligence ave­va messo in guardia che i tale­bani volevano colpire nel setto­re ovest, controllato dagli italia­ni. L’obiettivo dei tagliagole è far deragliare, ad ogni costo, il processo di transizione in vista del graduale ritiro delle truppe Nato del 2014. Non a caso la zo­na di Herat è una delle prime che passerà nelle mani delle forze di sicurezza afghane.
L’attacco è scattato alle 9.15 di ieri mattina, ora italiana. Un furgoncino con uno o due ter­roristi suicidi a bordo ha fatto slalom fra i blocchi di cemento della stradina che porta al Prt, il Centro di ricostruzione pro­vinciale italiano di Herat. L’esplosione del Vbied, come in gergo viene chiamato il mez­zo minato, ha mandato in bri­ciole un pezzo del muro di cin­ta, ribaltato la guardiola ed in­vestito la palazzina interna con gli uffici. Il Prt è un obietti­vo prioritario degli insorti, per­ché attraverso gli aiuti allo svi­lup­po e alla cooperazione civi­le e militare si fa breccia tornan­do
a dare speranza agli afgha­ni. Il furgoncino minato servi­va da­ariete per sfondare la cin­ta difensiva e far partire l'attac­co di veri e propri commando talebani, almeno una decina, annidati nei dintorni della ba­se. Piazzati sui tetti come cec­chini hanno cominciato a spa­rare sia sui militari afghani che italiani traumatizzati dal­l’esplosione. Nel frattempo un altro terrorista suicida, che avrebbe dovuto colpire gli ita­liani, secondo i talebani, si face­va saltare in aria nel centro di Herat vicino a una fermata del­l’autobus. Si è sentita pure una terza esplosione, perché un al­t­ro kamikaze ha cercato di col­pire il governatore di Herat. E i talebani hanno attaccato an­che un quarto obbiettivo. È cer­to, comunque, che gli altri at­ta­cchi minati servivano a crea­re confusione e diversivi per at­tirare le forze di sicurezza, mentre i talebani si concentra­vano sul Prt italiano.
Come in altre operazioni del genere è probabile che i com­mando suicidi puntassero a entrare nella base prendendo magaridegliostaggi.Adifende-re-CampVianinic’eranogliuo-minidel132 ˚reggimentod’ar­tiglieria della brigata Ariete di Maniago, al comando del co­lonnello Paolo Pomella. Cin­que dei suoi sono rimasti feriti.
Un capitano, con una grave squarcio all’addome,sembra­va
che non ce la facesse, ma è stato prontamente operato e dichiarato fuori pericolo all' ospedale da campo di Herat. Fra i feriti sotto shock, ma non gravi, ci sarebbe anche un civi­le d­el ministero degli Esteri ita­liano.
Attorno al Prt, la battaglia è proseguita per tutta la mattina­ta. Sul posto sono intervenuti i corpi speciali della Task force 45 e la Forza di reazione rapi­da. Gli elicotteri d’attacco Man­gus­ta volteggiavano in cielo in­dirizzando il fuoco a terra, ma senza sparare per evitare di col­pire i civili. Alla fine gli assalito­ri hanno avuto la peggio. Se­condo le autorità locali cinque persone sono morte e 52 ferite, in gran parte civili afghani. Qa­ri Yousef Mohammed, porta­voce degli insorti, si è affrettato a rivendicare l’operazione con­tro gli italiani.
Il ministro della Difesa, Igna­zio La Russa, ha parlato di at­tacco «molto complesso visto che contemporaneamente al­l’assalto al Prt ce ne sono stati altri in diversi punti della cit­tà ». Il primo maggio i talebani
avevano annunciato l’offensi­va di primavera chiamata Ba­dar, dal nome di una vittoriosa battaglia nell’antico Islam.Nel­l’ultimo mese si sono sussegui­ti gli allarmi sui piani degli in­sorti per colpire con attacchi multipli e spettacolari la regio­ne settentrionale controllata dai tedeschi e occidentale, sot­to comando italiano. Sabato scorso una carica esplosiva na­scosta da qualche infiltrato ha ammazzato il comandante del­la polizia del Nord, generale Daud e ferito seriamente il co­mandante delle truppe di Berli­no, generale Markus Kneip. Ie­ri è toccato a Herat. Nella regio­ne Ovest si sono 4.200 soldati italiani in gran parte paracadu­tisti della brigata Folgore. Lo stesso ministro La Russa ha messo in collegamento i due at­tacchi. Le prime sette aree do­ve avverrà il passaggio delle consegne a luglio alla sicurez­za afghana si trovano proprio nel Nord e nell’Ovest del pae­se. Herat è una di queste e i tale­bani, con qualche padrino nel vicino Iran, puntano a far salta­r­e la transizione verso la stabili­tà dell’Afghanistan.
Gli stessi insorti prigionieri hanno raccontato che in vista dell’offensiva di primavera so­no stati addestrati, nei mesi scorsi, centinaia di volontari pronti ad azioni suicide come quella di ieri contro gli italiani.

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14 novembre 2001 | TG5 - Canale 5 | reportage
Il primo collegamento da Kabul liberata dai talebani
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20 maggio 2010 | Rai 1 Mattina | reportage
L'ultimo addio ai caduti
I funerali di stato, a Roma per il sergente Massimiliano Ramadù ed il caporal maggiore Luigi Pascazio. La mattina del 17 maggio sono saltati in aria su una trappola esplosiva lungo la “strada maledetta”. Una pista in mezzo alle montagne di sabbia che porta da Herat, il capoluogo dell’Afghanistan occidentale, a Bala Murghab, dove i soldati italiani tengono con le unghie e con i denti una base avanzata. I caduti fanno parte del 32° reggimento genio guastatori della brigata Taurinense.
Il racconto di come vivono e combattono i nostri soldati in Afgahnistan.

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23 novembre 2001 | TG5 - Canale 5 e Studio Aperto - Italia 1 | reportage
La battaglia di Kandahar
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14 luglio 2011 | Nuova Spazio Radio | intervento
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Si può vincere questa guerra?
Dopo la morte in combattimento dell'ultimo parà della Folgore, fino a quanto dovremo restare in Afghanistan? Almeno fino a quando gli afghani riusciranno a garantirsi da soli la sicurezza, altrimenti caliamo le braghe e la diamo vinta ai talebani. Per sconfiggerli non basta la forza delle armi.

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