image
Reportage
18 giugno 2011 - Esteri - Libia - Il Giornale
"Garibaldi", la nostra spina nel fianco di Gheddafi
Mediterraneo - A bordo della portaerei Garibaldi L'elicottero della Marina vola per un trat­to a pelo d'acqua nelle due ore di trasferimento che servo­no a raggiungere la portaerei Garibaldi, in prima linea nel mar Mediterraneo. La nave italiana è l'ammiraglia della flotta Nato schierata di fronte alle coste libiche per fiaccare la resistenza del colonnello Gheddafi.
Dal lungo ponte della porta­erei decollano come schegge i caccia bombardieri che van­no a colpire gli obiettivi in Li­bia. «Attacchiamo bersagli prettamente militari e lontani
dai centri abitati, per difende­re­i civili nel rispetto della riso­luzione delle Nazioni Unite», spiega un pilota con la visiera del casco abbassata. Il suo no­me di battaglia è Mango. Quel­lo vero non può dirlo, nè farsi fotografare in faccia, per timo­re di ritorsioni dei fan libici di Gheddafi che ancora si anni­dano in Italia. Gli Av-8 della Marina decollano in coppia, uno dopo l'altro, spingendo i motori a manetta e facendo tremare la nave. Sotto la pan­cia hanno bombe a guida la­ser e gps da 250 e 500 chili. «Ci riforniamo in volo e colpiamo l'obiettivo da seimila metri» spiega il pilota, che si è adde­strato con l'aviazione dei ma­rines negli Stati Uniti.
In tre mesi di guerra la Nato ha lanciato quasi quattromila attacchi aerei contro il regime libico. I piloti italiani hanno compiuto 350 sortite. I caccia bombardieri del Garibaldi so­no impegnati anc­he per la sor­veglianza aerea e la ricognizio­ne
sul terreno con l'obiettivo di scovare le forze ancora fede­li al colonnello, che si mime­t­izzano fra i civili o facendo fin­ta di essere ribelli. Gli attacchi al suolo vengono chiamati in gergo strike e inceneriscono bunker, depositi di munizioni o pezzi di artiglieria che mar­tellano le città assediate come Misurata, la Stalingrado libi­ca. Tutti obiettivi che devono trovarsi rigorosamente all' esterno dei centri abitati per evitare di colpire per sbaglio i civili. «Sono io a tirare fuori il cartellino rosso e a mettere il veto all'impiego dei nostri pi­loti per qualsiasi ordine di mis­sione che non rispetta i limiti d'impiego imposti da Roma. In Libia difendiamo i civili, non li ammazziamo» sottoli­nea l'ammiraglio Filippo Ma­ria Foffi. Pizzetto e capelli bianchi è imbarcato sulla por­taerei Gari­baldi come coman­dante della flotta Nato, che ga­rantisce l'embargo sul mare.
Oltre a 19 navi non manca­no i sommergibili, l'arma oc­culta per eccellenza, che a ri­dosso delle coste libiche svol­gono le missioni più rischio­se. Da poco è in zona d'opera­zioni anche un sommergibile italiano, ma a bordo della por­taerei le bocche sono cucite sulla sua attività. Solitamente
dalle unità sottomarine sbar­cano i corpi speciali per infil­trarsi in territorio libico. Via periscopio si possono osserva­re da vicino le postazioni sulla costa da Marsa al Brega, dove corre la prima linea, fino a Mi­s­urata ed al confine con la Tu­nisia. Non solo: i sommergibi­li americani sono in grado di lanciare piccoli e silenziosi ve­livoli senza pilota, che dall'al­to filmano le postazioni di Gheddafi. Sul Garibaldi sono imbarca­ti anche i fanti di marina del reggimento San Marco, adde­strati per il recupero dietro le linee di piloti abbattuti o altri militari e civili. Alcuni di loro non amano farsi fotografare, per motivi di sicurezza o per non preoccupare i familiari a casa. Quando si avvicinano i giornalisti si tolgono i nomi dalle divise. Li comanda il ca­pitano di corvetta Mario Ber­tero, 40 anni, di origine pie­montese, che però è stato at­tratto dalla Marina. Occhi az­zurri e mimetica chiazzata, ha una famiglia con due figli che lo aspetta a casa. Il più grande, di 5 anni, gli manda i disegni con il faccione di papà sopra una nave. E adesso che comincia scrivere ha scritto via computer al genitore in di­visa due parole: «Torna pre­sto ».
Sul Garibaldi sono imbarca­ti in 800 e non mancano 62 donne, comprese alcune mamme. Il barese Vincenzo De Giosa, 33 anni, invece di­venterà padre: «Mia moglie dovrebbe partorire ai primi di agosto, ma non mi sono perso
un giorno di missione in que­sti mesi. Spero solo di vedere nascere Giada».
Nel grande ventre della por­taerei c'è pure un cappellano militare, don Vincenzo Caiaz­zo, che celebra la messa con un tricolore della Marina alle spalle. A bordo le possibilità di svago sono poche a parte la palestra ricavata in un angolo della nave. Sotto coperta la portaerei è una piccola citta­della e lungo i corridoi con i portelloni tagliafuoco ci sono i telefoni per chiamare in Ita­lia. In mezzo al mare, però, le polemiche di casa nostra sull' intervento contro Gheddafi fanno male.
Al largo della Libia la guerra sembra lontana, ma le minac­ce sono inaspettate. Oltre alle mine è stato intercettato un gommone con mille chilo­grammi di esplosivo. I preto­riani di Gheddafi ci mettono sopra anche dei manichini per organizzare meglio la trap­pola. Un sistema simile a quel­lo usato dai talebani in Afgha­nistan. A fianco degli attenta­tori suicidi al volante delle macchine minate piazzano dei fantocci con il burqa, per far sembrare che si tratti di un' allegra famigliola.
«A Gheddafi non resta che utilizzare pescherecci, gom­moni o barchini, che sembra­no innocui o bisognosi di soc­corso - spiega l'ammiraglio Foffi - . A bordo, però, posso­no nascondersi dei sistemi d'arma per abbattere gli eli­cotteri oppure qualcuno ar­mato di un lanciarazzi».

www.faustobiloslavo.eu
[continua]

video
21 marzo 2011 | Studio Aperto | reportage
Diario dalla Libia in fiamme
Diario dalla Libia in fiamme

play
25 marzo 2011 | TG5 | reportage
Diario dalla Libia in fiamme
Diario dalla Libia in fiamme

play
29 marzo 2011 | TG4 | reportage
Diario dalla Libia in fiamme
Diario dalla Libia in fiamme

play
[altri video]
radio

18 marzo 2011 | Radio Capodistria | intervento
Libia
IL vaso di pandora
IL vaso di pandora

play

29 aprile 2011 | Spazio Radio | intervento
Libia
Piegare Gheddafi e preparare l'intervento terrestre
Gli americani spingono con insistenza per un maggiore coinvolgimento dell’Italia nel conflitto in Libia, non solo per passare il cerino politico agli europei. L’obiettivo finale è piegare il colonnello Gheddafi e far sbarcare una forza di interposizione in Libia, con ampia partecipazione italiana. Un modello stile ex Yugoslavia, dove il contingente occidentale è arrivato dopo l’offensiva aerea.

play

26 aprile 2011 | Radio 101 | intervento
Libia
Con Luxuria bomba e non bomba
Il governo italiano, dopo una telefonata fra il presidente americano Barack Obama ed il premier Silvio Berlusconi, annuncia che cominciamo a colpire nuovi obiettivi di Gheddafi. I giornali titolano: "Bombardiamo la Libia". E prima cosa facevamo? Scherzavamo con 160 missioni aeree dal 17 marzo?

play

22 marzo 2011 | Panorama | intervento
Libia
Diario dalla Libia
Diario dalla Libia

play

08 marzo 2011 | Panorama | intervento
Libia
Diario dalla Libia
Diario dalla Libia

play

[altri collegamenti radio]




fotografie







[altre foto]