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25 luglio 2011 - Esteri - Afghanistan - Il Giornale
Ancora orrore in Afghanistan Bimbo impiccato dai talebani
La piccola e innocente vittima aveva solo 8 anni e la sfortuna di vi­­vere in Afghanistan, nella turbolen­ta provincia di Helmand, una delle più infestate da tagliagole vari co­me i talebani, i signori della droga e criminali comuni. Il bambino non aveva colpe, ma lo hanno impicca­­to lo stesso. Probabilmente gli han­no messo un cappio al collo dopo averlo ucciso a freddo, come ulti­mo sfregio nei confronti del padre, che indossa la divisa della polizia locale. Anche in una terra come l’Afghanistan, dove nello scorso anno la guerra ha ammazzato due bambini al giorno, una storia del genere fa impressione. Il governa­tore della provincia di Helmand ha puntato subito il dito contro i tale­bani con un comunicato ufficiale. Pure il consiglio degli ulema e la commissione dei diritti umani hanno condannato il crimine accu­sando gli insorti. I seguaci di mul­lah Omar smentiscono parlando di propaganda di regime. Fonti af­ghane de Il Giornale sospettano che possa trattarsi di un sequestro finito male o di una faida tribale. L’unico dato certo è che un ragazzi­no di 8 anni, fatto penzolare da una forca senza pietà, non c’è più.
La banda di moderni Erode si è portata via il bambino afghano cin­que giorni fa nell’area di Charkh Azad nella provincia meridionale di Helmand.La zona si trova nel di­stre­tto di Gereshk famoso per l’atti­vismo dei
talebani che ne control­lano una parte.
L’unica colpa dello sfortunato ragazzino è di avere il padre arruolato nella polizia loca­le, una specie di milizia, l’Arbakay che dovrebbe mantenere l’ordine nei villaggi più remoti. In realtà so­no le unità più infiltrate dai taleba­ni essendo originari del posto. «I militanti avevano avvertito il pa­dre: doveva arrendersi, consegna­re la sua auto della polizia e le armi, altrimenti avrebbero ucciso il fi­glio », ha dichiarato Daoud Ahma­di, portavoce del governatore di Helmand. Secondo il corrispon­dente di Tolo tv a Kandahar, il prin­cipale canale privato afghano, i ta­lebani volevano convincere l’uffi­ciale di polizia a fare la spia per lo­ro. Il genitore si è rifiutato ed i suoi colleghi hanno cercato di trovare il nascondiglio dei sequestratori per liberare il bambino. «Quando il pa­dre ha detto no al ricatto talebano il piccoloostaggioèstatobrutalmen­te ucciso», recita un comunicato del governatore. Secondo alcune fonti sarebbe stato subito impicca­to. Altre sostengono che lo hanno prima ucciso e poi appeso ad un cappio, come monito al padre poli­ziotto che ha dimostrato la sua fe­deltà allo stato. Purtroppo il risulta­to non cambia: il corpicino senza vita è stato riconsegnato alla fami­glia sabato. Uno dei portavoce dei talebani, Yousuf Ahmadi, ha smen­tito il coinvolgimento degli insorti: «Per quanto ne sappiamo, fino a questo momento, non siamo stati noi. Si tratta di propaganda del go­verno fantoccio di Kabul ». Peccato che non più tardi di un anno fa, sempre nella provincia di Hel­mand, i talebani avevano impicca­to un altro bambino, di 7 anni, accu­sandolo di essere una spia. Non so­lo: nei distretti dell'Afghanistan meridionale, in parte controllati dagli insorti, i gruppi armati sono una galassia frammentata. Molti ri­spondono ai comandanti locali più che a mullah Omar.
Se i talebani non hanno a che fa­re con l’impiccagione, fonti afgha­n­ede Il Giornale sospettano che po­trebbe trattarsi di criminali comu­ni, legati la traffico di droga fioren­te nell’Helmand tappezzato di piantagioni di oppio o di una faida tribale. In ogni caso per piegare un ufficiale di polizia i tagliagole han­no rapito un bambino di 8 anni. Lo scorso anno sono rimasti uccisi 739 minori. In media due bambini o ragazzini al giorno hanno trovato la morte. Il 17 per cento per colpa delle forze afghane o della Nato, mentre i restanti due terzi sono sta­ti ammazzati dai talebani.

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[continua]

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21 settembre 2009 | RaiUno - Uno Mattina | reportage
Il giorno dei funerali dei caduti di Kabul
Dai talebani alla situazione in Afghanistan ricordando che l'ultimo saluto ai paracadutisti caduti non può che essere il loro grido di battaglia: "Folgore".

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16 dicembre 2012 | Terra! | reportage
Afghanistan Goodbye
Dopo oltre dieci anni di guerra in Afghanistan i soldati italiani cominciano a tornare a casa. Questa è la storia del ripiegamento di 500 alpini dall’inferno di Bakwa, una fetta di deserto e montagne, dimenticata da Dio e dagli uomini, dove le penne nere hanno sputato sangue e sudore. I famigerati ordigni improvvisati chiamati in gergo Ied sono l’arma più temibile dei talebani che li sotterrano lungo le piste. Questo è il filmato ripreso da un velivolo senza pilota di un blindato italiano che salta in aria. A bordo del mezzo con quattro alpini del 32imo genio guastatori di Torino c'ero anch'io. Grazie a 14 tonnellate di corazza siamo rimasti tutti illesi. Il lavoro più duro è quello degli sminatori che devono aprire la strada alle colonne in ripiegamento. Il sergente Dario Milano, veterano dell’Afghanistan, è il cacciatore di mine che sta davanti a tutti. Individua le trappole esplosive da un mucchietto di terra smossa o da un semi invisibile filo elettrico del detonatore che spunta dalla sabbia. Nel distretto di Bakwa, 32 mila anime, questo giovane afghano rischia di perdere la gamba per la cancrena. Il padre ha paura di portarlo alla base italiana dove verrebbe curato, per timore della vendetta talebana. La popolazione è succube degli insorti e dei signori della droga. Malek Ajatullah è uno dei capi villaggio nel distretto di Bakwa. La missione del capitano Francesco Lamura, orgoglioso di essere pugliese e alpino è dialogare con gli afghani seduto per terra davanti ad una tazza di chai, il tè senza zucchero di queste parti. Malek Ajatullah giura di non saper nulla dei talebani, ma teme che al ritiro delle truppe italiane il governo di Kabul non sia in grado di controllare Bakwa. Tiziano Chierotti 24 anni, caporal maggiore del 2° plotone Bronx era alla sua prima volta in Afghanistan. Una missione di sola andata. La polizia afghana cerca tracce dei talebani nel villaggio di Siav, ma gli insorti sono come fantasmi. Il problema vero è che nessuno vuole restare a Bakwa, dove in tutto il distretto ci sono solo 100 soldati dell’esercito di Kabul. Il maggiore Gul Ahmad ha arrestato tre sospetti che osservavano i movimenti della colonna italiana, ma neppure con il controllo dell’iride e le impronte digitali è facile individuare i talebani. Il caporal maggiore Erik Franza, 23 anni, di Cuneo è alla sua seconda missione in Afghanistan. Suo padre ogni volta che parte espone il tricolore sul balcone e lo ammaina solo quando gli alpini del 2° reggimento sono tornati a casa. Per Bakwa è passato anche il reggimento San Marco. I fucilieri di marina, che garantiscono il servizio scorte ad Herat, hanno le idee chiare sulla storiaccia dei due marò trattenuti in India. Anche se ordini da Roma li impongono di non dire tutto quello che pensano. Per Natale i 500 alpini di base Lavaredo saranno a casa. Per loro è l’addio all’Afghanistan dove rimangono ancora 3000 soldati italiani.

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20 maggio 2009 | Matrix | reportage
Afghanistan - guerra o pace
Finalmente un lungo dibattito sulla crisi nel paese al crocevia dell'Asia. Alessio Vinci conduce su Canale 5 alle 23.30 AFGHANISTAN GUERRA E PACE. Una puntata tosta con il ministro della Difesa Ignazio La Russa, il segretario di Rifondazione comunista Paolo Ferrero, il collega Pietro Suber e Fausto Biloslavo.

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14 luglio 2011 | Nuova Spazio Radio | intervento
Afghanistan
Si può vincere questa guerra?
Dopo la morte in combattimento dell'ultimo parà della Folgore, fino a quanto dovremo restare in Afghanistan? Almeno fino a quando gli afghani riusciranno a garantirsi da soli la sicurezza, altrimenti caliamo le braghe e la diamo vinta ai talebani. Per sconfiggerli non basta la forza delle armi.

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