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Intervista esclusiva
05 agosto 2011 - Esteri - Libia - Il Giornale
"Tripoli in contatto con ministri leghisti"
Tripoli Le truppe di Gheddafi smenti­scono di aver lanciato un missile con­tro la nave Bersagliere, ma «è nostro di­ritto difenderci ed attaccare le unità da guerra, comprese quelle italiane, che entrano nelle acque territoriali libi­che »,sostiene Khaled al Qaim,vicemi­nistro degli Esteri di Tripoli.
Il portavoce del governo, Moussa Ibrahim, ha ribadito al Giornale la sec­ca smentita: «I militari mi hanno garan­tito di non aver lanciato alcun missile contro la nave da guerra italiana».
Non solo: Al Qaim apre degli spiragli con l’Italia rivelando che«ci sono anco­ra porte aperte e siamo in contatto con ministri italiani. Il vostro Paese dovreb­be mediare con gli alleati della Nato». Il volto umano del regime è un fiume in piena nell'intervista esclusiva e nottur­na nel dorato hotel Rixos di Tripoli, do­ve alloggiano i giornalisti.
Tutti i contatti con l’italia, per una via di uscita pacifica, sono stati inter­rotti?
«No, ci sono ancora delle porte aper­te, ma Frattini (il ministro degli Esteri nda) non fa parte di questi canali. Ab­biamo contatti con altri ministri, di cui non voglio rivelare il nome, e con la vo­stra compagnia petrolifera, l'Eni».
Gli esponenti politici con cui siete in contatto sono della Lega?
«Della Lega Nord, ma non solo».
Pensa che l'Italia può giocare un ruolo per sbloccare la crisi libica?

«Certo, ma prima deve fermare la campagna militare e ripensare alla sua politica nei confronti della Libia dal 17 febbraio in poi. Ed infine ascoltare il no­stro punto di vista. Senza l'intervento straniero avremmo risolto facilmente i nostri problemi».
Il Corriere della Sera ha rivelato che Silvio Berlusconi teme la vendetta di Gheddafi. Poi Palazzo Chigi ha smen­tito. Il Colonnello potrebbe veramen­te vendicarsi?
«Cos'è, uno scherzo? Il nostro lea­der ( Muammar Gheddafi nda) si sente tradito da Berlusconi perchè lo consi­derava un amico, ma non lo odia. Ci so­no ancora contatti indiretti, non diret­ti, fra noi e il vostro presidente del Con­siglio. Pensiamo che l'Italia sia stata spinta con forza a partecipare a questa campagna militare».
Secondo il suo governo cosa sta ac­cadendo a Bengasi dopo l'uccisione del comandante militare, Abdel Fat­tah Yunes, da parte degli stessi ribel­li?
«Una serie di fazioni si combattono per il controllo della città. Non solo: gente normale, che fa parte di tribù co­me quella degli Obeidi o dei Warfalla, si sta armando. I membri del Consiglio nazionale transitorio (il governo dei ri­belli nda) non riusciranno a controlla­re la situazione».
Però con alcuni di loro, come Mah­moud Jibril, premier ad interim, sie­te in contatto per trovare una via d'uscita al conflitto...
«È vero, siamo in contatto con alcu­ni di l­oro e pure con personaggi della ri­bellione che non fanno parte del Consi­glio.
Negliultimigiorni, dopol'uccisio­ne di Yunes, i contatti sono stati sospe­si, ma prima parlavamo di come arriva­r­e ad una soluzione pacifica e sviluppa­re la road map indicata dall'Unione africana per risolvere la crisi».
Il governo italiano ha sempre nega­to, ma quando il generale Yunes visi­tò Roma è vero che ha avuto contatti con voi?
«Dall'Italia ha telefonato a dei gene­rali a Tripoli, a cominciare dal capo di stato maggiore e ad alcuni membri del governo. Pur ribadendo che aveva scel­to di stare con i ribelli si proponeva co­me figura chiave per il futuro, nell'otti­ca di un accordo politico. Da Bengasi non si fidava a telefonare. Molti come lui, dalla parte dei ribelli, chiamano o si incontrano con noi quando viaggia­no all'estero. È successo a Roma, in Francia, Norvegia, Turchia e anche ne­gli Emirati Arabi».
Tripoli accetterebbe mai delle truppe di interposizione straniere, come avvenne in Bosnia?
«Difficile, ma potremmo accettare degli osservatori da Paesi come Cina, Russia, Brasile e Sud Africa, ovvero na­zioni che non sono coinvolte nell'ag­gressione militare contro di noi».
Il colonnello Gheddafi sarebbe di­sponibile a farsi da parte?
«Non è un presidente o il primo mini­­stro, ma un simbolo di unità del Paese senza poteri esecutivi».
I ribelli hanno aperto nuovi fronti, a cominciare dalle montagne dell' ovest, ma cercano pure di conquista­r­e Brega e avanzare da Misurata ver­so Tripoli. Non vi sentite accerchia­ti?
«Aumenta il numero di civili che vuo­le combattere con noi per cacciare i ri­belli dalle montagne occidentali. A Mi­surata ci sono miliziani stranieri, ma è circondata da tre lati. Siamo pronti ad affrontare situazioni ben peggiori. In questo momento i ribelli ci attaccano via terra e la Nato dal cielo e dal mare, notte e giorno, ma non temiamo alcun assedio di Tripoli».
Agosto è il mese di Ramadan. La ri­correnza del periodo di digiuno isla­mico favorirà una pausa nel conflit­to?
«La nostra preghiera è che le armi tacciano, ma penso che bisognerebbe rivolgere questa domanda alla Fran­cia e all'Inghilterra».
La Libia è di fatto spaccata in due fra Cirenaica, in mano ai ribelli, e Tri­politania in gran parte controllata dal vostro governo. Accettereste uno Stato federale?
«La prima bozza della Costituzione prevede una Libia federale».
Cosa pensa della sanguinosa re­pressione in Siria e della reazione in­ternazionale?
«Questa è una domanda difficile. Spettaall'Occidentegiudicarelasitua­zione ed il suo comportamento in Li­bia rispetto alla Siria. Siamo di fronte ad un doppio standard, ma la soluzio­ne non è sempre quella di attaccare e bombardare. Si può anche mediare».
Cosa accadrà con il grande impian­to energetico di Mellita, vicino al con­fine con la Tunisia, costruito assie­me all'Eni, da dove partiva il gasdot­to per l'Italia?
«Il nostro governo ha deciso di bloc­ca­re tutti gli accordi perchè ci bombar­date, ma allo stesso tempo siamo pron­ti a ridiscuterne se fermerete gli attac­chi. Però ci aspettiamo di più: l'Italia dovrebbe mediare con gli altri Paesi della Nato come Gran Bretagna, Fran­cia e gli Stati Uniti. Altrimenti siamo pronti ad accogliere altri Paesi, per esempio la Cina, come partner energe­tici. Se negli ultimi cinque anni avessi­mo preso la strada di trattare con i russi ed i cinesi la Nato non ci avrebbe mai attaccato».
www.faustobiloslavo.eu
[continua]

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