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29 agosto 2011 - Esteri - Libia - Il Giornale
Tutti gli uomini del raìs: da assi a "wanted"
Il ricercato numero uno è Muammar Gheddafi e la sua alle­gra famigliola, ma in queste ore so­no in tanti, fra generali, uomini di fiducia e politici fedelissimi del co­lonnello sulla lista nera dei ribelli.
Ce n’è abbastanza per comporre un ipotetico mazzo stile Irak, do­ve i militari americani stamparo­no i volti dei sodali di Saddam sul­le carte da gioco per identificarli più facilmente. Molti «wanted», però, stanno tentando di saltare il fosso all’ultimo minuto per salvar­si il collo. Oltre a Gheddafi e al fi­glio Saif al Islam, assi di picche e quadri, è ricercato per crimini di guerra dal tribunale internaziona­le il cognato del colonnello, Abdul­lah Senussi. Il capo dei servizi se­greti del regime, asso di cuori, è odiato quanto l’ex padre-padro­ne libico. I lavori sporchi spettava­no a lui, ma si dice che nelle ore del­la caduta di Tripoli abbia chiesto protezione al clan di Abdel Salam Jalloud, l’ex numero due del regi­me e poi oppositore che la scorsa settimana è stato in Italia.
Della famiglia Gheddafi il più odiato di tutti, dopo il capostipite, è Khamis (dato per morto ieri per la quarta volta), soprannominato «il macellaio». Il figlio militare del colonnello comandava la 32˚ bri­gata, le truppe di élite del regime con il basco rosso. Anche Mutas­sim, re di picche e Consigliere per la sicurezza nazionale, rischia di
fare una brutta fine. Forse riusci­r­ebbero a salvarsi la pelle Moham­med Gheddafi, che non ha le ma­ni sporche di sangue, Saadi, che sta cercando disperatamente di trattare, e Hannibal, il figlio svita­to. Incerta la sorte di Aisha, l’uni­ca figlia naturale del colonnello, donna di picche, che fino all’ulti­mo ha inneggiato al regime del pa­dre. Oltre alla numerosa famiglia del capo i ribelli stanno cercando con il dito sul grilletto alcuni gene­rali che si sono distinti nella san­guinosa repressione. Hassan El Kassah, comandante della polizia segreta del ministero dell’Inter­no, farebbe una brutta fine se cat­turato. La caccia è aperta anche per Ali Riffi al Sharif, capo di stato maggiore dell’aeronautica.Un al­tro generale, Abdul Rahman Al Syd, era assediato nella sua fatto­ria alle porte della capitale qual­che giorno fa. Notizie discordanti riguardano il capo della scorta per­sonale di Gheddafi, che ha veglia­to sul colonnello sotto le bombe della Nato. Non conoscendolo per nome lo chiamiamo «Cocis», per la sua faccia da tagliagole. Se­condo alcune fonti dei ribelli il fan­te di cuori dell’ipotetico mazzo di carte dei ricercati si sarebbe con­segnato. Altri giurano che è sem­pre al fianco del colonnello e lo ri­marrà fino alla morte. Bashir Sa­leh, capo della segreteria persona­le di Gheddafi, fante di quadri, sa­rebbe già stato arrestato, mentre tentava la fuga con i figli, spaccian­dosi per sudanese. Fra i generali chi ha tentato il salto del fosso al­l’ultimo momento, forse con suc­cesso, è Abu Bakr Younis Jaber. A capo delle forze armate ha parteci­pato con Gheddafi al golpe del 1969, ma dall’inizio della rivolta non si è mai sbilanciato troppo. Il primo ministro Al Baghdadi al Mahmoudi, re di cuori, cercherà disperatamente di salvarsi il col­lo. Uomo di paglia del colonnello sembra che nelle ore precedenti alla caduta di Tripoli abbia cerca­to di riparare in Tunisia assieme ad Abdullah Mansour.Quest’ulti­mo era sulla lista nera dell’Unio­ne europea come responsabile della tv di stato e personaggio che aveva svolto diverse missioni deli­cate per Gheddafi. Anche Moha­med Abou El- Kassim Zouai, segre­tario generale del Congresso del popolo, il «parlamento» libico, probabilmente spera di farcela, come altri gerarchi con cariche più che altro onorifiche.
Il viceministro degli Esteri, Kha­led Qaim, volto umano del regi­me, che si presentava davanti alle telecamere di mezzo mondo, for­se ha già cambiato bandiera. Co­me spiega il suo segretario a
Il Giornale «adesso c’è la nuova rivo­luzione », mentre la «vecchia», quella di Gheddafi, va in soffitta. Anche le figure minori, come i pro­pagandisti del regime, sono parti­colarmente odiati dai ribelli. Il più sulfureo è Yusuf Shakir, fante di fiori,che viveva da nababbo all’ho­tel Rixos di Tripoli con guardia del corpo, moglie intrigante e figli. Nei sotterranei dell’albergo, che ospitava i giornalisti, avevano rica­vato uno studio televisivo per mandarlo in onda in funzione an­ti ribelli. Al Rixos alloggiava da sei mesi anche Moussa Ibrahim, re di quadri, il portavoce del regime con la giovane moglie tedesca ed il figlio piccolo. Nascosto chissà dove ha lanciato nelle ultime ore l’ultima carta di un negoziato per la transizione, a nome di Ghedda­­fi, fuori tempo massimo. Oltre ai pesci grossi chissà cosa accadrà ai piccoli, come Osama che viveva bene al tempo del colonnello, ma ha deciso di usare il kalashnikov solo per difendere la sua famiglia. Oppure il simpatico Khaled, un piccoletto sorridente che organiz­zava gli spostamenti per la stam­pa internazionale. Abdul Jalil che faceva un po’lo spaccone accom­pagnando i giornalisti per conto del regime era in fondo un bravo ragazzo e ci credeva. Durante i bombardamenti Nato gli è nato il primo figlio e viveva con la moglie nel quartiere di Abu Salim, ultima roccaforte dei lealisti.L’altro gior­no­al telefono ha detto poche paro­le sottovoce: «Devo trovare un po­sto sicuro per la mia famiglia».
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16 giugno 2011 | TG5 | reportage
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La nave italiana è l’ammiraglia della flotta Nato schierata di fronte alle coste libiche per fiaccare la resistenza del colonnello Gheddafi. Dal lungo ponte della portaerei decollano come schegge i caccia bombardieri che vanno a colpire gli obiettivi in Libia.

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19 marzo 2011 | TG5 | reportage
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29 aprile 2011 | Spazio Radio | intervento
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Piegare Gheddafi e preparare l'intervento terrestre
Gli americani spingono con insistenza per un maggiore coinvolgimento dell’Italia nel conflitto in Libia, non solo per passare il cerino politico agli europei. L’obiettivo finale è piegare il colonnello Gheddafi e far sbarcare una forza di interposizione in Libia, con ampia partecipazione italiana. Un modello stile ex Yugoslavia, dove il contingente occidentale è arrivato dopo l’offensiva aerea.

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26 aprile 2011 | Radio 101 | intervento
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Il governo italiano, dopo una telefonata fra il presidente americano Barack Obama ed il premier Silvio Berlusconi, annuncia che cominciamo a colpire nuovi obiettivi di Gheddafi. I giornali titolano: "Bombardiamo la Libia". E prima cosa facevamo? Scherzavamo con 160 missioni aeree dal 17 marzo?

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