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27 ottobre 2011 - Esteri - Libia - Il Giornale
I Gheddafi ora invocano il diritto: "La Nato alla sbarra per omicidio"
La famiglia Gheddafi vuole presentare una denuncia per cri­mini di guerra alla Corte penale in­ternazionale dell’Aia per l’esecu­zione sommaria del colonnello. L’avvocato francese, Marcel Cec­caldi ha rivelato ieri che i familiari «presenteranno una denuncia al­­l’Aia perché ci sono dei velivoli della Nato che hanno colpito il convoglio sul quale viaggiava Gheddafi. Questo convoglio non presentava alcun rischio per la po­polazione. È dunque un omicidio programmato». Il legale specifica che il raid aereo «non ha ucciso Gheddafi», ma lo ha solo ferito. Poi il raìs è stato «finito» dalle for­ze del Consiglio nazionale transi­torio ora al potere.
Dal palazzo di Vetro sembra ri­battergli l’ambasciatore libico, Ibrahim Dabbashi, che sulla sorte del colonnello sostiene: «Non è stato giustiziato, ma è morto in se­guito alle ferite riportate». Invece, Ian Martin, inviato delle Nazioni Unite in Libia, è convinto che l’ex raìs e suo figlio Muttasim siano sta­ti «maltrattati e uccisi in circostan­ze che richiedono un’inchiesta».
Ieri il primo ministro russo Vla­dimir Putin ha detto di aver prova­to «disgusto» nel vedere le imma­gini del linciaggio di Gheddafi. A Sirte, l’ultima roccaforte del regi­me,
dove si è combattuto dura­mente per mesi, la Croce rossa ha scoperto i cadaveri di 267 persone in gran parte sommariamente giu­­stiziate. Si trattava di miliziani o so­s­tenitori di Gheddafi catturati e le­gati con le mani dietro la schiena. E poi eliminati con un proiettile in testa o nel petto. I cadaveri sono stati sepolti in fosse comuni, dopo la registrazione delle «prove» del­le esecuzioni. Decine di prigionie­r­i sarebbero stati freddati all’hotel Mehari, che era diventato il quar­tier generale dei ribelli. «Ci sono prove-ha sottolineato Martin, in­viato dell’Onu- di deliberate ucci­s­ioni di prigionieri da parte del re­gime di Gheddafi, anche durante gli ultimi giorni a Tripoli, così co­me di alcuni abusi da parte dei combattenti rivoluzionari».
Sull’unico figlio combattente del colonnello, ancora in circola­zione, Saif al Islam, le notizie sono contraddittorie. Fonti del Consi­glio di transizione giurano che sa­rebbe pronto a consegnarsi al tri­bunake internazionale. Notizie trapelate dal sud della Libia lo dan­n­o in fuga protetto dai Tuareg e for­se
già entrato nel nord del Niger. Su un sito filo Gheddafi è apparso un messaggio scritto attribuito a Saif: «Voglio rassicurare mia ma­dre e mia sorella sul fatto che vado avanti. Non potevo tradire il testa­mento di mio padre da vivo, figura­tevi se posso farlo da morto». Se il testo è vero la «spada» dell’islam si rivolge ai sostenitori allo sban­do: «Alcuni vedono che tutto è fini­to, ma la verità è che tutto sta ini­ziando ora. Ho sempre creduto nella difesa della Libia vendican­do il tradimento».
Ieri a Doha, capitale del Qatar, si sono riuniti i capi di stato mag­giore delle principali nazioni che hanno sostenuto l’intervento del­la Nato, compresa l’Italia. Il gene­rale Hamad ben Ali al Attiya, che comanda le forze armate del pic­colo paese arabo ha rivelato che «centinaia di soldati del Qatar era­no presenti in tutte le regioni ( del­la Libia ndr), assicurando l’adde­stramento e i collegamenti tra i ri­belli e la Nato». Il presidente del Consiglio di transizione, Mustafa Abdul Jalil, ha candidamente am­messo che i militari arabi «pianifi­cavano i combattimenti » che han­no permesso agli insorti di impa­dronirsi una ad una delle città libi­che, compresa Tripoli.
Il nuovo governo chiede alla Na­to di restare fino a gennaio, anche se la missione dovrebbe conclu­dersi il 31 ottobre. Il Qatar si è can­didato a guidare una forza multi­nazionale in Libia «che prenderà il posto della Nato, specialmente per l’addestramento, l’equipag­giamento e la raccolta delle armi» in circolazione. Secondo fonti di­plomatiche citate dall’Ansa «l’Ita­lia sta esplorando e valutando le modalità della nostra partecipa­zione
» alla nuova missione.
[continua]

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08 aprile 2011 | TG5 | reportage
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10 marzo 2011 | Panorama | intervento
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29 aprile 2011 | Spazio Radio | intervento
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Piegare Gheddafi e preparare l'intervento terrestre
Gli americani spingono con insistenza per un maggiore coinvolgimento dell’Italia nel conflitto in Libia, non solo per passare il cerino politico agli europei. L’obiettivo finale è piegare il colonnello Gheddafi e far sbarcare una forza di interposizione in Libia, con ampia partecipazione italiana. Un modello stile ex Yugoslavia, dove il contingente occidentale è arrivato dopo l’offensiva aerea.

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12 maggio 2011 | Nuova spazio radio | intervento
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Che fine ha fatto Gheddafi?
Il colonnello Gheddafi è morto, ferito oppure in perfetta forma, nonostante le bombe, e salterà fuori con la sua ennesima e prolissa apparizione televisiva? Il dubbio è d’obbligo, dopo i pesanti bombardamenti di Tripoli. Ieri è ricomparaso brevemente in un video girato durante un incontro, all'insaputa dei giornalisti, nell'hotel di Tripoli che ospita la stampa internazionale.

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