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10 dicembre 2011 - Esteri - Afghanistan - Il Giornale
Torna la censura sulla guerra Blackout sui soldati a Kabul
Con il nuovo governo riaffiora la vecchia «censura» sulla nostra guerra in Afghanistan? Speriamo di no,ma c’è stato qualche inciam­po della prima ora sulle attività operative italiane nel Paese al cro­cevia dell’Asia. Anche i bollettini ufficiali della Difesa inviati a ca­denza fissa ai giornalisti sono zep­pi di notizie banali o alla camomil­la. Sembra che l'iniziale blackout del nuovo governo tecnico sia do­vuto a beghe fra generali, a tal pun­to che da Roma non era stato reso noto l'enorme mole di operazioni dei 4200 uomini schierati in Afgha­nistan. Non solo: gli italiani negli ultimi due mesi hanno registrato 140 attacchi, 59 trappole esplosive saltate in aria ed una cinquantina scoperte in tempo. Grazie a noi le forze afghane, nelle operazioni congiunte, hanno arrestato un centinaio di insorti, compresi co­mandanti di medio livello ricerca­ti dalla Nato. Per non parlare del se­questro di armi ed esplosivi di cui non si è parlato. Il nuovo esecutivo tecnico dovrebbe avere ancora meno «paura» politica della mis­sione afghana, ma in ogni caso sa­rà costretto a fare i conti con un'im­pennata delle attività operative e dell'insorgenza talebana.
«Non far conoscere il lavoro dei nostri militari sarebbe un suicidio - spiega a
Il Giornale l'ex sottose­gretario alla Difesa Guido Croset­to - Non penso che il nuovo mini­stro, l'ammiraglio Di Paola, voglia cambiare questo approccio. Il go­verno tecnico ha già stanziato i fon­di per le missioni all'estero senza colpo ferire, mentre per noi politi­ci non era così facile».
In realtà fra i militari sul campo serpeggiava il malumore anche ne­gli u­ltimi mesi del precedente ese­cutivo, che dopo aver «sdogana­to » la difficile missione afghana si era un po' richiuso.
Con il passaggio di consegne la cappa di silenzio è inizialmente au­mentata,
mentre gli italiani com­battono più che mai. Negli ultimi due mesi ci sono stati 140 attacchi al contingente sia con armi legge­re sui convogli, che con lancio di mortai e razzi sulla basi. Ben 59 trappole esplosive (Ied) sono salta­te in aria provocando, per fortuna, solo un manciata di feriti. L'ultimo è un marinaio del Reggimento San Marco nella famigerata valle del Gulistan, il fronte più a sud. Altri 50 Ied sono stati scoperti e disatti­vati.
Solo nelle «operazioni autunna­li »le 4 task force italiane, al coman­do del generale Luciano Portola­no, su un'area grande come il Nord Italia, hanno scoperto 9 arse­nali. I militari sono riusciti a seque­strare mitragliatrici da 14,7mm, mortai da 82mm, razzi, mine anti­uomo,
bombe da mortaio, fucili AK 47, i famosi Kalashnikov, bom­be a mano, munizionamento anti­aereo, ma pure motori di volo per aumentare la gittata dei razzi che colpiscono le basi e quantitativi di oppio. Parte degli arsenali nascon­devano proiettili di artiglieria, ni­trato di ammonio e polvere di allu­minio, rotoli di miccia detonante, esplosivo, telefoni cellulari, che servono per i micidiali Ied e pure una decina di giubbotti minati per terroristi suicidi. Gran parte dei ri­trovamenti sono avvenuti nell' area di operazioni della task force sud composta dal 152˚ reggimen­to dei Dimonios della brigata Sas­sari. Soldati e poliziotti afghani, al fianco degli italiani, hanno arresta­to un centinaio di insorti, compre­si alcuni comandanti ricercati. In parallelo i militari italiani hanno portato a termine 87 progetti uma­nitari ad «impatto immediato» a sostegno della popolazione.
Difficile ed assurdo provare a na­scondere questa mole di attività. Dallo stato maggiore della Difesa giurano che non si tornerà al passa­to, quando il governo Prodi censu­rava il conflitto per motivi politici. Per dimostrarlo il 19 dicembre ver­rà or­ganizzato un media tour in Af­ghanistan. Però non basta passare Natale e Capodanno con i soldati italiani, ma bisogna raccontare fi­no in
fondo cosa fanno, comprese le missioni combat, altrimenti re­sterà sempre una mezza verità.
L'ex sottosegretario Crosetto in­colpa anche i media: «Avevo scrit­to al presidente Berlusconi, che ne ha preso atto, denunciando l'inac­cettabile silenzio del servizio pub­blico (Rai). Ci accorgiamo delle missioni internazionali solo quan­do ci scappa il morto, poi tutto ca­de nel dimenticatoio».

www.faustobiloslavo.eu
[continua]

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