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15 dicembre 2011 - Esteri - Afghanistan - Panorama/Annuario
Via da Kabul con gli occhi su Teheran
L’Afghanistan con gli occidentali che non vedono l’ora di tornarsene a casa, la Siria di un regime costretto a cambiare veramente o a soccombere, l’Iran e la spada di Damocle del nucleare saranno i fronti caldi del 2012. Nell’ultima trincea afghana la Casa Bianca punta a ridurre le truppe americane a 68 mila rispetto alle 100 mila dell’anno precedente. Anche gli alleati della Nato cominceranno a tirare i remi in barca in vista della ritirata finale prevista per il 2014, che assomiglia da vicino a una fuga, dopo dieci anni di guerra, piuttosto che a una ponderata exit strategy.
L’ex ministro dell’Interno di Kabul, Hanif Atmar, ha già lanciato l’allarme: se in Afghanistan non restano almeno 30 mila soldati alleati si rischia la guerra civile, come negli anni Novanta. “Uno scenario perfetto” ha aggiunto il politico afghano “per una guerra indiretta fra le potenze regionali, comprese Pakistan e Iran, sul territorio afghano”. La transizione si basa sul passaggio del testimone alle forze di sicurezza afghane, ancora poco addestrate e a rischio smembramento etnico. Nel 2012 Kabul dovrà arruolare altri 50 mila uomini per arrivare al tetto previsto di 353mila soldati e poliziotti.

Le trattative di pace, più o meno segrete, con i talebani non bastano. Il problema è che in Afghanistan, come hanno dimostrato nei secoli tutti gli eserciti, fossero guidati da Alessandro Magno o dai sovietici, non si vince solo con la forza delle armi. Più che conquistare i cuori e le menti degli afghani bisogna riempire loro la pancia con lavoro e sviluppo, che facciano uscire il paese dal Medioevo economico. 
Nel Vicino Oriente la crisi che rischia il punto di  non ritorno è quella siriana. Il regime del presidente Bashar al-Assad o cederà il passo alla maggioranza sunnita con le buone, oppure si rischia il sanguinoso inasprimento della guerra civile, se non un colpo di stato militare. Un cambio di regime, però, potrebbe avere risvolti negativi, come in Egitto, a cominciare dalla minoranza cristiana che teme l’avvento al potere dei Fratelli musulmani.
La nuova Libia del dopo Gheddafi verrà messa alla prova della svolta democratica. Nel 2012 sono previste le prime elezioni libere, ma arriveranno al pettine le divisioni fra laici e islamici al potere e quelle regionali fra la Cirenaica, la Tripolitania, Misurata e i berberi del sud-ovest.
L’Iraq dovrà andare avanti con le proprie gambe dopo il completo ritiro delle truppe americane voluto dal presidente Barack Obama. Il rischio è l’aumento dell’influenza iraniana e una sconfitta “strategica” più che tattica. Il senatore John McCain teme che gli Usa “abbiano vinto la guerra in Iraq, per poi perdere la pace”.
Il vero osservato speciale nel 2012 rimarrà l’Iran con il suo programma nucleare. Tutto dipenderà dalla volontà degli ayatollah e del presidente Mahmoud Ahmadinejad, divisi fra loro, di spingere in avanti il braccio di ferro con Israele e l’Occidente. Se Teheran costruisse veramente la bomba la guerra sarà inevitabile e terribile.

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17 novembre 2001 | Studio Aperto - Italia1 | reportage
Aperto La caccia ai terroristi Kunduz circondata
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14 marzo 2007 | L'Infedele - La7 | reportage
Afghanistan, la guerra impossibile
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13 giugno 2010 | Memoria audiovisivi | reportage
Professione Difesa
I giornalisti aggregati alle unità combattenti nei teatri più difficili, come l'Afghanistan. Un video sul giornalismo embedded realizzato da Antonello Tiracchia. E il racconto della mia storia: l'avventura dell'Albatross, la morte in prima linea di Almerigo ed i reportage di guerra.

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14 luglio 2011 | Nuova Spazio Radio | intervento
Afghanistan
Si può vincere questa guerra?
Dopo la morte in combattimento dell'ultimo parà della Folgore, fino a quanto dovremo restare in Afghanistan? Almeno fino a quando gli afghani riusciranno a garantirsi da soli la sicurezza, altrimenti caliamo le braghe e la diamo vinta ai talebani. Per sconfiggerli non basta la forza delle armi.

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