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24 dicembre 2011 - Interni - Italia - Il Giornale
Le Regioni degli sprechi: non solo i vitalizi d'oro, ma pure il bonus trombati
Non tutti lo sanno, ma i consi­glieri regionali, a parte quelli lom­bardi, oltre ai contestati vitalizi,in­cassano a fine mandato un’inden­nità per il «reinserimento lavoro» o «nella vita civile», che in alcuni casi è un ottimo gruzzolo. Una li­quidazione che varia per ogni Re­gione prevedendo conteggi e tetti diversi per il numero di mandati. Il risultato è che i primi della lista sono gli «onorevolini» calabresi con 56.850 euro a disposizione del consigliere uscente, dopo una sola legislatura. Cifra che arriva a 170.550 euro per il tetto massimo di tre mandati. Li seguono i cam­pani con 54.860 euro e la Puglia di misura a 54.025 euro, sempre per una legislatura di 5 anni. I deputa­ti dell’assemblea siciliana sono fuori portata, ma le loro leggi ad hoc non permettono una corretta comparazione. La sorpresa è il quarto posto del Friuli-Venezia Giulia con 53.223 euro. I detratto­ri della casta l’hanno ribattezzata l’indennità dei«trombati»,che se­g­ue il copione dei loro colleghi par­lamentari nazionali. Bisognereb­be chiedersi come mai fior fiore di giornalisti, con contratti in aspet­tativa per decenni, imprenditori, avvocati, medici, professionisti vari, che continuano a mantenere l’attività ed i loro studi durante la carriera politica, in consiglio re­gionale o parlamento, hanno biso­gno di un­gruzzoletto per reinserir­si nel lavoro e nella vita civile. E for­se l’agognata liquidazione do­v­rebbe venir collegata alle presen­ze in aula, scarse sia a livello nazio­nale che regionale.
In ogni caso il bonus per il pove­rino rimasto senza poltrona viene solitamente calcolato in base al­l’ultima mensilità dell’indennità di presenza lorda moltiplicata per ogni anno di esercizio del manda­to. Prendendo come esempio il Friuli-Venezia Giulia si tratta di 53.223,65 euro per una legislatu­ra, 106.447,3 per due, 159.670,95 per tre. L’eletto nel Consiglio di piazza Oberdan a Trieste subisce ogni mese la trattenuta di 532, 24 euro, ma a fine corsa incassa mol­to di più del versato.
Il Piemonte sabaudo segue la re­gio­ne più ad est d’Italia con un’in­dennità di reinserimento di fine mandato che sfiora i 50.000 euro per un sola legislatura. I laziali ed i veneti sono staccati a 46.814 euro, ma un toscano ne incassa appena 38.000 euro e qualcosa. Il fanalino di coda spetta al valdostano che si accontenta di 33.500 euro.
In 8 Regioni non sono fissati li­miti temporali su cui calcolare l’in­dennità di
fine mandato.L’Emilia Romagna, la prima ad abolire i vi­talizi, ha stabilito un massimo di due legislature, come per le Mar­che, Molise, Umbria, Valle d’Ao­sta e Veneto. La Campania preve­de 16 anni per il calcolo del bonus, la Calabria tre legislature, come la Liguria, che però decurta del 50% il bonus fra il decimo e quindicesi­mo anno.
In Trentino Alto Adige la tratte­nuta obbligatoria è del 10%, ma l’indennità viene calcolata solo in base ai versamenti effettuati ad
un apposito Fondo di solidarietà e ai risultati che ottiene, senza pesa­r­e ulteriormente sulle casse regio­nali. In Sardegna e Sicilia le tratte­nute sono del 6,7%, in Basilicata del 5,5%, in Campania, Marche, Piemonte, Toscana e Umbria del 5%.
La Lombardia è l’unica Regio­ne che,
da poco, ha abolito i vitali­zi e pure il trattamento di fine man­dato.
In Friuli-Venezia Giulia il comi­tato guidato dall’avvocato udine­se Gianni Ortis punta ad un refe­rendum per tagliare i costi della politica, compresa la liquidazio­ne, ma la Regione ha alzato le bar­ricate respingendolo. Se ne ripar­lerà a fine gennaio in tribunale. Il presidente della giunta di centro destra, Renzo Tondo, era stato il primo a lanciare un piano di tagli compresa la riduzione dei consi­glieri. Martedì, con l’approvazio­ne della legge di bilancio, si è stabi­lito che i tanto criticati vitalizi ver­ranno aboliti dal 2013, quando si tornerà alle urne e verrà introdot­to il sistema contributivo. Invece rimarranno blindate le pensioni di chi siede nell’attuale Consiglio regionale e degli ex. Stiamo par­lando di 7,7 milioni di euro l’anno per 142 beneficiari. Non solo: con un emendamento dell’ultima ora l’assemblea del Friuli-Venezia Giulia ha sganciato gli stipendi dei consiglieri da quello dei parla­mentari. Così facendo saranno evitate le annunciate decurtazio­ni che attendono in gennaio depu­tati e senatori.
Per salvare il salvabile, spac­ciandolo ufficialmente per una svolta, hanno votato assieme Pdl, Lega ed Udc, con la complicità del Pd.
Per il bonus dei «trombati» i con­siglieri regionali (gli ex sono 3.385) hanno semplicemente re­plicato l’andazzo del parlamento nazionale. L’«assegno per il rein­serimento nella vita lavorativa» dei poveri onorevoli rimasti senza scranno varia da 46.814 euro per una sola legislatura ad oltre 140.000 per 15 anni in Parlamen­to. Peccato che il
bonus di fine mandato sia esentasse, mentre i comuni mortali pagano sulle liqui­dazioni dal 23 al 27% di imposte.
www.faustobiloslavo.eu
[continua]

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14 maggio 2020 | Tg5 | reportage
Trieste, Lampedusa del Nord Est
Fausto Biloslavo TRIESTE - Il gruppetto è seduto sul bordo della strada asfaltata. Tutti maschi dai vent’anni in su, laceri, sporchi e inzuppati di pioggia sembrano sfiniti, ma chiedono subito “dov’è Trieste?”. Un chilometro più indietro passa il confine con la Slovenia. I migranti illegali sono appena arrivati, dopo giorni di marcia lungo la rotta balcanica. Non sembra il Carso triestino, ma la Bosnia nord occidentale da dove partono per arrivare a piedi in Italia. Scarpe di ginnastica, tute e qualche piumino non hanno neanche uno zainetto. Il più giovane è il capetto della decina di afghani, che abbiamo intercettato prima della polizia. Uno indossa una divisa mimetica probabilmente bosniaca, un altro ha un barbone e sguardo da talebano e la principale preoccupazione è “di non venire deportati” ovvero rimandati indietro. Non sanno che la Slovenia, causa virus, ha sospeso i respingimenti dall’Italia. Di nuovo in marcia i migranti tirano un sospiro di sollievo quando vedono un cartello stradale che indica Trieste. Il capetto alza la mano in segno di vittoria urlando da dove viene: “Afghanistan, Baghlan”, una provincia a nord di Kabul. Il 12 maggio sono arrivati in 160 in poche ore, in gran parte afghani e pachistani, il picco giornaliero dall’inizio dell’anno. La riapertura della rotta balcanica sul fronte del Nord Est è iniziata a fine aprile, in vista della fase 2 dell’emergenza virus. A Trieste sono stati rintracciati una media di 40 migranti al giorno. In Bosnia sarebbero in 7500 pronti a partire verso l’Italia. Il gruppetto di afghani viene preso in carico dai militari del reggimento Piemonte Cavalleria schierato sul confine con un centinaio di uomini per l’emergenza virus. Più avanti sullo stradone di ingresso in città, da dove si vede il capoluogo giuliano, la polizia sta intercettando altri migranti. Le volanti con il lampeggiante acceso “scortano” la colonna che si sta ingrossando con decine di giovani stanchi e affamati. Grazie ad un altoparlante viene spiegato in inglese di stare calmi e dirigersi verso il punto di raccolta sul ciglio della strada in attesa degli autobus per portarli via. Gli agenti con le mascherine controllano per prima cosa con i termometri a distanza la temperatura dei clandestini. Poi li perquisiscono uno ad uno e alla fine distribuiscono le mascherine ai migranti. Alla fine li fanno salire sugli autobus dell’azienda comunale dei trasporti cercando di non riempirli troppo per evitare focolai di contagio. “No virus, no virus” sostiene Rahibullah Sadiqi alzando i pollici verso l’alto in segno di vittoria. L’afghano è partito un anno fa dal suo paese e ha camminato per “dodici giorni dalla Bosnia, attraverso la Croazia e la Slovenia fino all’Italia”. Seduto per terra si è levato le scarpe e mostra i piedi doloranti. “I croati mi hanno rimandato indietro nove volte, ma adesso non c’era polizia e siamo passati tutti” spiega sorridendo dopo aver concluso “il gioco”, come i clandestini chiamano l’ultimo tratto della rotta balcanica. “Abbiamo registrato un crollo degli arrivi in marzo e per gran parte di aprile. Poi un’impennata alla fine dello scorso mese fino a metà maggio. L’impressione è che per i paesi della rotta balcanica nello stesso periodo sia avvenuta la fine del lockdown migratorio. In pratica hanno aperto i rubinetti per scaricare il peso dei flussi sull’Italia e sul Friuli-Venezia Giulia in particolare creando una situazione ingestibile anche dal punto di vista sanitario. E’ inaccettabile” spiega l'assessore regionale alla Sicurezza Pierpaolo Roberti, che punta il dito contro la Slovenia. Lorenzo Tamaro, responsabile provinciale del Sindacato autonomo di polizia, denuncia “la carenza d’organico davanti all’emergenza dell’arrivo in massa di immigrati clandestini. Rinnoviamo l’appello per l’invio di uomini in rinforzo alla Polizia di frontiera”. In aprile circa il 30% dei migranti che stazionavano in Serbia è entrato in Bosnia grazie alla crisi pandemica, che ha distolto uomini ed energie dal controllo dei confini. Nella Bosnia occidentale non ci sono più i campi di raccolta, ma i migranti bivaccano nei boschi e passano più facilmente in Croazia dove la polizia ha dovuto gestire l’emergenza virus e pure un terremoto. Sul Carso anche l’esercito impegnato nell’operazione Strade sicure fa il possibile per tamponare l’arrivo dei migranti intercettai pure con i droni. A Fernetti sul valico con la Slovenia hanno montato un grosso tendone mimetico dove vengono portati i nuovi arrivati per i controlli sanitari. Il personale del 118 entra con le protezioni anti virus proprio per controllare che nessuno mostri i sintomi, come febbre e tosse, di un possibile contagio. Il Sap è preoccupato per l’emergenza sanitaria: “Non abbiamo strutture idonee ad accogliere un numero così elevato di persone. Servono più ambienti per poter isolare “casi sospetti” e non mettere a rischio contagio gli operatori di Polizia. Non siamo nemmeno adeguatamente muniti di mezzi per il trasporto dei migranti con le separazioni previste dall’emergenza virus”. Gli agenti impegnati sul terreno non sono autorizzati a parlare, ma a denti stretti ammettono: “Se va avanti così, in vista della bella stagione, la rotta balcanica rischia di esplodere. Saremo travolti dai migranti”. E Trieste potrebbe trasformarsi nella Lampedusa del Nord Est.

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24 novembre 2015 | Rai 1 Storie vere | reportage
Terrorismo in Europa
Dopo gli attacchi di Parigi cosa dobbiamo fare per estirpare la minaccia in Siria, Iraq e a casa nostra

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26 settembre 2012 | Uno Mattina | reportage
I lati oscuri (e assurdi) delle adozioni
Con mia moglie, prima di affrontare l’odissea dell’adozione, ci chiedevamo come mai gran parte delle coppie che sentono questa spinta d’amore andavano a cercare bambini all’estero e non in Italia. Dopo quattro anni di esperienza sulla nostra pelle siamo arrivati ad una prima, parziale e triste risposta. La burocratica e farraginosa gestione delle adozioni nazionali, grazie a leggi e cavilli da azzeccagarbugli, non aiutano le coppie che vogliono accogliere un bimbo abbandonato in casa propria, ma le ostacolano.

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03 gennaio 2011 | Radio Capodistria - Storie di bipedi | intervento
Italia
Gli occhi della guerra
Le orbite rossastre di un bambino soldato, lo sguardo terrorizzato di un prigioniero che attende il plotone di esecuzione, l’ultimo rigagnolo di vita nelle pupille di un ferito sono gli occhi della guerra incrociati in tanti reportage di prima linea. Dopo l’esposizione in una dozzina di città la mostra fotografica “Gli occhi della guerra” è stata inaugurata a Trieste. Una collezione di immagini forti scattate in 25 anni di reportage da Fausto Biloslavo, Gian Micalessin e Almerigo Grilz, ucciso il 19 maggio 1987 in Mozambico, mentre filmava uno scontro a fuoco. La mostra, che rimarrà aperta al pubblico fino al 20 gennaio, è organizzata dall’associazione Hobbit e finanziata dalla regione Friuli-Venezia Giulia. L’esposizione è dedicata a Grilz e a tutti i giornalisti caduti in prima linea. Il prossimo marzo verrà ospitata a Bruxelles presso il parlamento europeo.Della storia dell'Albatross press agency,della mostra e del libro fotografico Gli occhi della guerra ne parlo a Radio Capodistria con Andro Merkù.

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