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29 dicembre 2011 - Esteri - Iran - Il Giornale
Gli Usa a muso duro con l'Iran Scintille sulla via del petrolio
Il braccio di ferro fra gli Stati Uniti e l’Iran sullo stretto di Hor­muz, la giugulare del petrolio mon­diale, è l’ultima mossa dello scon­tro con l'Occidente sul program­ma nucleare degli ayatollah. Qua­r­antotto ore fa il vice presidente ira­niano Mohammed Reza Rahimi ha ventilato la minaccia di chiude­re lo strategico stretto, uno dei più importanti punti di transito delle petroliere, dove passa oltre un ter­zo del greggio mondiale. «Non ab­biamo alcun desiderio di ostilità o di violenza... (ma) i nemici rinunce­r­anno ai loro complotti solo il gior­no in cui li costringeremo a stare al loro posto»,ha spiegato Rahimi pa­ventando la chiusura dello stretto. La minaccia è stata esplicitamente collegata al nuovo pacchetto di sanzioni causate dal programma nucleare,che l’Unione europea po­trebbe decidere contro l’Iran il 30 gennaio. Fra queste ci sarebbe an­che un embargo al petrolio irania­no, la principale fonte di introiti del Paese.
Ieril’ammiraglioHabibollahSa­yari, che comanda la marina di Teheranharincaratoladosesoste­nendo che chiudere al traffico lo stretto di Hormuz «sarebbe più fa­cile di bere un bicchiere d’acqua». Gli iraniani hanno da poco tenuto un’esercitazione navale di dieci
giorni nel Golfo Persico. Il comando della V flotta Usa, dal suo quartiere generale in Bahrein, ha risposto a muso duro con un co­municato scritto sottolineando che il passaggio di merci attraverso Hormuz «è vitale per la prosperità globale». E ancora: «Chiunque mi­nacci di interrompere la libertà di navigazione in uno stretto interna­zionale è chiaramente fuori dalla comunità delle nazioni. Qualsiasi interruzione non sarà tollerata».
La flotta Usa ha la forza per difen­dere Hormuz, ma uno scontro na­vale in Golfo Persico porterebbe automaticamente a una riduzione
o addirittura a un blocco del flusso di greggio verso l’Occidente. Nes­su­na petroliera potrebbe avventu­rarsi in zona di guerra. Non solo: an­che i Guardiani della rivoluzione, corpo d’élite di Teheran, ha unità navali. I Pasdaran del mare sono specializzati in azioni di sabotag­gio e attacco fulmineo.
I Guardia­ni della rivoluzione sono pronti al martirio: hanno ri­cevuto un addestramen­to per schiantarsi con­tro navi nemiche sal­tando in aria pur di af­fondarle.
Nel braccio di ferro è intervenuta anche l’Unioneeuropeadeci­sa a non farsi intimorire dagli iraniani. «L’Ue pre­vede un’altra serie di san­zi­oni contro Teheran e non ri­nunciamo a questa idea'
ha dichia­rato senza tanti giri di parole, Mi­chael Mann, portavoce dell’Alto rappresentante per la politica este­ra e di sicurezza comune, Catheri­ne Ashton. Le nuove sanzioni, co­me ha ribadito Mann, potrebbero includere un embargo petrolifero. In realtà il braccio di ferro su Hor­muz sembra essere solo uno scon­tro verbale che alza toni e tensioni del confronto con l’Occidente, ma non farà tuonare le cannoniere. «Sarebbe un suicidio economico chiudere lo stretto» - ha dichiarato un funzionario del ministero ira­niano del Petrolio coperto dal­l’anonimato. Ancora più esplicito Ahmad Bakhshayesh Ardestani, candidato al parlamento con le for­ze clericali opposte ad Ahmadi­nejad: «Le nostre minacce non de­­vono essere realizzate, stiamo solo rispondendo agli americani».
L’avvicinarsi delle elezioni par­lam­entari di marzo è un altro fatto­re per spiegare come certe provoca­zioni
servano anche per l’opinio­ne pubblica interna e fanno parte dello scontro sempre più deciso fra Ahmadinejad e la guida supre­ma del paese, il grande ayatollah Alì Khamenei.

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