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Articolo
24 gennaio 2012 - Cronache - Italia - Il Giornale
I clandestini a bordo? Ecco quanto è facile imbarcare le "amiche"
L’armatore della sfortunata nave Concordia smentisce secca­mente la presenza di «clandesti­ni » a bordo, ma sugli hotel galleg­gianti ci sono sistemi per imbarca­re qualcuno, magari un’amichet­ta, senza tanta pubblicità.
Forse non sarà il caso della so­cietà Costa, ma chi ha comandato navi passeggeri spiega al Giornale i vari sistemi. Il primo è perfetta­mente previsto dal contratto per i membri dell’equipaggio,che han­no­la possibilità di usufruire dei co­siddetti «passaggi familiari». In pratica possono prenotare la cro­ciera per i loro parenti stretti co­me genitori, mogli, figli e pure con­viventi. L’agevolazione non ne­cessariamente prevede la richie­sta di una cabina in più. In questo caso il costo è zero. Se invece si vuole una cabina per l’ospite si pa­ga­una tariffa solitamente agevola­ta. I familiari vengono imbarcati con la dicitura elettronica «GD0000».Poi c’è il piccolo sotter­fugio per le amichette. «Esiste un’usanza comune a bordo per le
persone sposate, come può esse­re un comandante, che desidera invitare una donna- spiega un uffi­ciale di grande esperienza di cro­ciere - . Non può avanzare una ri­chiesta di passaggio familiare e al­lora il capitano “ ordina”a qualcu­no dell’equipaggio di farlo al suo posto». Si evitano imbarazzi e ci si porta comunque l’amica. È di ieri la notizia che Domnica Cemortan l’ospite moldava a bordo di nave Concordia, che fin dall’inizio ha sollevato più di un dubbio, verrà interrogata per rogatoria dalle au­torità del suo paese.
Il termine «clandestino» non in­dica qualcuno che entra di sop­piatto e rimane a bordo senza esse­re scoperto. «Se la gestione di una nave di passeggeri è allegra», spie­ga una fonte del
Giornale , esiste­rebbe un altro sistema. Una perso­na può salire a bordo come visita­tor­e e viene registrata nell’apposi­ta lista.
«Poi rimane sulla nave che lascia gli ormeggi ma viene smar­cata come scesa a terra» sostiene la fonte. Per farlo sarebbe necessa­ria almeno la compiacenza del ca­po della sicurezza. In pratica si tratterebbe di un ospite imbarca­to, ma che non risulta nella lista dei passeggeri. Ieri si è smontato il caso della donna ungherese de­nunciato dal capo della protezio­ne civile, Franco Gabrielli, che non risultava da nessuna parte, anche se dei presunti parenti la re­clamavano sostenendo che si tro­vasse a bordo al momento del nau­fragio.
Il ministero degli Esteri ma­giaro ha fatto sapere che «la de­nuncia risulta infondata e si basa­va sui dati di una donna morta tre anni fa». Probabilmente era un tentativo di truffa per ottenere il ri­sarcimento.
Ieri Costa crociere ha emesso un comunicato in cui sottolinea «che l’azienda ha in atto rigidissi­mi sistemi di controllo dell’acces­so a bordo in aggiunta a quelli ef­fettuati dalle autorità». Bisogna avere un biglietto di viaggio per i passeggeri, oppure una tessera identificativa a lettura ottica per l’equipaggio. «Ai passeggeri, al­l’accesso a bordo, viene scattata una foto del viso, abbinata poi a un codice a barre identificativo» scrive la Costa. La società aggiun­ge che «in caso di infrazioni (delle procedure di sicurezza) la compa­gnia prende severi provvedimen­ti disciplinari ».L’armatore smen­tisce, con ancora più decisione, che a bordo di Costa Concordia «potessero esserci dei lavoratori clandestini».
Nel frattempo la pubblicazione sul Giornale del tracciato satellita­re della nave, dall’impatto con lo scoglio all’incagliamento, conti­nua a sollevare interpretazioni di­verse.
Per alcuni esperti del setto­re il comandante Schettino «ha ef­fettuato una manovra di salvatag­gio » evitando il peggio. La maggio­ranza dei lupi di mare, compresi ufficiali stranieri, sostengono che Schettino ha cercato con un colpo di timone di evitare all’ultimo mo­mento lo scoglio, ma poi tutto è av­venuto non per una manovra volu­ta. Per portare la nave a riva «con il black out e la sala macchine allaga­ta, le eliche laterali non potevano funzionare» scrive un gruppo di ufficiali. Un ex comandante della Marina militare parla senza mez­zi termini «di fortuna sfacciata» nell’incagliarsi sull'isola, piutto­sto che inabissarsi al largo. Forse la verità sta nel mezzo, come fa no­tare una fonte del Giornale : «C’era vento di traverso (da nord est). Una nave passeggeri è un gratta­cielo, che fa da enorme vela. Lo spostamento lentissimo verso il Giglio, dove Costa Concordia si è incagliata, può essere semplice­mente dovuto alla forza del vento sfruttata da chi era a bordo».
www.faustobiloslavo.eu
[continua]

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05 febbraio 2015 | Porta a Porta | reportage
IN RICORDO DELLE FOIBE E L'ESODO LA PUNTATA DI PORTA A PORTA


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31 ottobre 2021 | Quarta repubblica | reportage
No vax scontri al porto
I primi lacrimogeni rimbalzano sull'asfalto e arditi No Pass cercano di ributtarli verso il cordone dei carabinieri che sta avanzando per sgomberare il varco numero 4 del porto di Trieste. I manifestanti urlano di tutto «merde, vergogna» cercando pietre e bottiglie da lanciare contro le forze dell'ordine. Un attivista ingaggia lo scontro impossibile e viene travolto dalle manganellate. Una volta crollato a terra lo trascinano via oltre il loro cordone. Scene da battaglia urbana, il capoluogo giuliano non le vedeva da decenni. Portuali e No Pass presidiavano da venerdì l'ingresso più importante dello scalo per protestare contro l'introduzione obbligatoria del lasciapassare verde. In realtà i portuali, dopo varie spaccature, sono solo una trentina. Gli altri, che arriveranno fino a 1.500, sono antagonisti e anarchici, che vogliono la linea dura, molta gente venuta da fuori, più estremisti di destra. Alle 9 arrivano in massa le forze dell'ordine con camion-idranti e schiere di agenti in tenuta antisommossa. Una colonna blu che arriva da dentro il porto fino alla sbarra dell'ingresso. «Lo scalo è porto franco. Non potevano farlo. È una violazione del trattato pace (dello scorso secolo, nda)» tuona Stefano Puzzer detto Ciccio, il capopopolo dei portuali. Armati di pettorina gialla sono loro che si schierano in prima linea seduti a terra davanti ai cordoni di polizia. La resistenza è passiva e gli agenti usano gli idranti per cercare di far sloggiare la fila di portuali. Uno di loro viene preso in pieno da un getto d'acqua e cade a terra battendo la testa. Gli altri lo portano via a braccia. Un gruppo probabilmente buddista prega per evitare lo sgombero. Una signora si avvicina a mani giunte ai poliziotti implorando di retrocedere, ma altri sono più aggressivi e partono valanghe di insulti. Gli agenti avanzano al passo, metro dopo metro. I portuali fanno da cuscinetto per tentare di evitare incidenti più gravi convincendo la massa dei No Pass, che nulla hanno a che fare con lo scalo giuliano, di indietreggiare con calma. Una donna alza le mani cercando di fermare i poliziotti, altri fanno muro e la tensione sale alimentata dal getto degli idranti. «Guardateci siamo fascisti?» urla un militante ai poliziotti. Il nocciolo duro dell'estrema sinistra seguito da gran parte della piazza non vuole andarsene dal porto. Quando la trattativa con il capo della Digos fallisce la situazione degenera in scontro aperto. Diego, un cuoco No Pass, denuncia: «Hanno preso un mio amico, Vittorio, per i capelli, assestandogli una manganellata in faccia». Le forze dell'ordine sgomberano il valico, ma sul grande viale a ridosso scoppia la guerriglia. «Era gente pacifica che non ha alzato un dito - sbotta Puzzer - È un attacco squadrista». I più giovani sono scatenati e spostano i cassonetti dell'immondizia per bloccare la strada scatenando altre cariche degli agenti. Donne per nulla intimorite urlano «vergognatevi» ai carabinieri, che rimangono impassibili. In rete cominciano a venire pubblicati post terribili rivolti agli agenti: «Avete i giorni contati. Se sai dove vivono questi poliziotti vai a ucciderli».Non a caso interviene anche il presidente Sergio Mattarella: «Sorprende e addolora che proprio adesso, in cui vediamo una ripresa incoraggiante esplodano fenomeni di aggressiva contestazione». Uno dei portuali ammette: "Avevamo detto ai No Pass di indietreggiare quando le forze dell'ordine avanzavano ma non ci hanno ascoltati. Così la manifestazione pacifica è stata rovinata». Puzzer raduna le «truppe» e i rinforzi, 3mila persone, in piazza Unità d'Italia. E prende le distanze dagli oltranzisti: «Ci sono gruppi che non c'entrano con noi al porto che si stanno scontrando con le forze dell'ordine». Non è finita, oltre 100 irriducibili si scatenano nel quartiere di San Vito. E riescono a bloccare decine di camion diretti allo scalo con cassonetti dati alle fiamme in mezzo alla strada. Molti sono vestiti di nero con il volto coperto simili ai black bloc. La battaglia sul fronte del porto continua fino a sera.

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26 agosto 2023 | Tgcom24 | reportage
Emergenza migranti
Idee chiare sulla crisi dagli sbarchi alla rotta balcanica.

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27 gennaio 2020 | Radio 1 Italia sotto inchiesta | intervento
Italia
Esercito e siti ebraici
Fausto Biloslavo I nostri soldati rispettano la giornata della Memoria dell’Olocausto non solo il 27 gennaio, ma tutto l’anno. L’esercito, con l’operazione Strade sicure, schiera 24 ore al giorno ben 700 uomini in difesa di 58 siti ebraici sul territorio nazionale. Tutti obiettivi sensibili per possibile attentati oppure oltraggi anti semiti. “Per ora non è mai accaduto nulla anche grazie alla presenza dei militari, che serve da deterrenza e non solo. Il senso di sicurezza ha evitato episodi di odio e minacce ripetute come in Francia, che rischiano di provocare un esodo della comunità ebraica” spiega una fonte militare de il Giornale. I soldati, che si sono fatti le ossa all’estero, sorvegliano, quasi sempre con presidi fissi, 32 sinagoghe o tempi ebraici, 9 scuole, 4 musei e altri 13 siti distribuiti in tutta Italia, ma soprattutto al nord e al centro. La città con il più alto numero di obiettivi sensibili, il 41%, è Milano. Non a caso il comandante del raggruppamento di Strade sicure, come in altre città, è ufficialmente invitato alle celebrazioni del 27 gennaio, giorno della Memoria. Lo scorso anno, in occasione dell’anniversario della nascita dello Stato di Israele, il rappresentante della comunità ebraica di Livorno, Vittorio Mosseri, ha consegnato una targa al comandante dei paracadustisti. “Alla brigata Folgore con stima e gratitudine per il servizio di sicurezza prestato nell’ambito dell’operazione Strade sicure contribuendo con attenzione e professionalità al sereno svolgimento delle attività della nostro comunità” il testo inciso sulla targa. In questi tempi di spauracchi anti semiti l’esercito difende i siti ebraici in Italia con un numero di uomini praticamente equivalente a quello dispiegato in Afghanistan nel fortino di Herat. Grazie ad un’esperienza acquisita all’estero nella protezione delle minoranze religiose, come l’antico monastero serbo ortodosso di Decani in Kosovo. “In ogni città dove è presente la comunità ebraica esiste un responsabile della sicurezza, un professionista che collabora con le forze dell’ordine ed i militari per coordinare al meglio la vigilanza” spiega la fonte del Giornale. Una specie di “assessore” alla sicurezza, che organizza anche il sistema di sorveglianza elettronica con telecamere e sistemi anti intrusione di avanguardia su ogni sito. Non solo: se in zona appare un simbolo o una scritta anti semita, soprattuto in arabo, viene subito segnalata, fotografata, analizzata e tradotta. “I livelli di allerta talvolta si innalzano in base alla situazione internazionale” osserva la fonte militare. L’ultimo allarme ha riguardato i venti di guerra fra Iran e Stati Uniti in seguito all’eliminazione del generale Qassem Soleimani. Roma è la seconda città per siti ebraici presidiati dai militari compresi asili, scuole e oratori. Le sinagoghe sono sorvegliate pure a Napoli, Verona, Trieste e quando necessario vengono disposte le barriere di cemento per evitare attacchi con mezzi minati o utilizzati come arieti. A Venezia i soldati garantiscono la sicurezza dello storico ghetto. A Livorno e in altre città sono controllati anche i cimiteri ebraici. Una residenza per anziani legata alla comunità è pure nella lista dei siti protetti a Milano. Ed i militari di Strade sicure nel capoluogo lombardo non perdono d’occhio il memoriale della Shoah, lo sterminio degli ebrei voluto da Hitler.

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15 marzo 2018 | Radio Radicale | intervento
Italia
Missioni militari e interesse nazionale
https://www.radioradicale.it/scheda/535875/missioni-militari-e-interesse-nazionale Convegno "Missioni militari e interesse nazionale", registrato a Roma giovedì 15 marzo 2018 alle 09:23. L'evento è stato organizzato da Center for Near Abroad Strategic Studies. Sono intervenuti: Paolo Quercia (Direttore del CeNASS, Center for Near Abroad Strategic Studies), Massimo Artini (vicepresidente della Commissione Difesa della Camera dei deputati, Misto - Alternativa Libera (gruppo parlamentare Camera)), Fausto Biloslavo (giornalista, inviato di guerra), Francesco Semprini (corrispondente de "La Stampa" da New York), Arije Antinori (dottore di Ricerca in Criminologia ed alla Sicurezza alla Sapienza Università di Roma), Leonardo di marco (generale di Corpo d'Armata dell'Esercito), Fabrizio Cicchitto (presidente della Commissione Affari esteri della Camera, Area Popolare-NCD-Centristi per l'Europa). Tra gli argomenti discussi: Difesa, Esercito, Esteri, Forze Armate, Governo, Guerra, Informazione, Italia, Ministeri, Peace Keeping, Sicurezza. La registrazione video di questo convegno ha una durata di 2 ore e 46 minuti. Questo contenuto è disponibile anche nella sola versione audio

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03 giugno 2019 | Radio Scarp | intervento
Italia
Professione Reporter di Guerra


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03 gennaio 2011 | Radio Capodistria - Storie di bipedi | intervento
Italia
Gli occhi della guerra
Le orbite rossastre di un bambino soldato, lo sguardo terrorizzato di un prigioniero che attende il plotone di esecuzione, l’ultimo rigagnolo di vita nelle pupille di un ferito sono gli occhi della guerra incrociati in tanti reportage di prima linea. Dopo l’esposizione in una dozzina di città la mostra fotografica “Gli occhi della guerra” è stata inaugurata a Trieste. Una collezione di immagini forti scattate in 25 anni di reportage da Fausto Biloslavo, Gian Micalessin e Almerigo Grilz, ucciso il 19 maggio 1987 in Mozambico, mentre filmava uno scontro a fuoco. La mostra, che rimarrà aperta al pubblico fino al 20 gennaio, è organizzata dall’associazione Hobbit e finanziata dalla regione Friuli-Venezia Giulia. L’esposizione è dedicata a Grilz e a tutti i giornalisti caduti in prima linea. Il prossimo marzo verrà ospitata a Bruxelles presso il parlamento europeo.Della storia dell'Albatross press agency,della mostra e del libro fotografico Gli occhi della guerra ne parlo a Radio Capodistria con Andro Merkù.

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20 giugno 2017 | WDR | intervento
Italia
Più cittadini italiani con lo ius soli
Estendere la cittadinanza italiana ai bambini figli di stranieri? È la proposta di legge in discussione in Senato in questi giorni. Abbiamo sentito favorevoli e contrari.

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