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07 marzo 2012 - Esteri - Italia - Oggi
Per le nostre navi rischiano la vita
“Leone 1 a Delta Eco avvistato piccolo natante ad ore tre, distanza 3000 yards (metri)». Comunicano così, via radio portatili, i marò del reggimento San Marco impiegati nel servizio anti pirateria sulle navi mercantili italiane. Il 19 febbraio i fucilieri di marina Massimiliano Latorre, capo di prima classe di Taranto ed il sergente Salvatore Girone, della provincia di Bari sono stati fermati in India. Accusati, senza prove evidenti, di aver ucciso due pescatori indiani. Loro hanno replicato di aver respinto un attacco dei pirati sparando solo in acqua. Ma chi sono i marò e come operano i fanti di marina che difendono le nostre navi?
Il reggimento San Marco fa parte delle truppe anfibie, i 2.100 marines italiani. Non a caso gli ufficiali concludono il loro addestramento a Quantico, in Virginia, la grande base dei marines americani. Il San Marco ha sede nella caserma di Brindisi intitolata alla medaglia d’oro al valore Ermanno Carlotto, sottotenente di vascello caduto in Cina nel 1900 durante la rivolta dei Boxer. Una sessantina di fucilieri di marina, divisi in dieci Nuclei militari di protezione, difendono le navi commerciali dagli attacchi dei pirati. Si imbarcano a Gibuti, in Africa, dove si sta mettendo in piedi una base logistica, o nello Sri Lanka, per scortare i mercantili nell’enorme tratto di mare a rischio che va dalla Somalia all’India occidentale. I nuclei di marò sono nati grazie a una legge della scorsa estate per arginare i sequestri di navi italiane.
«A bordo hanno compiti di vigilanza, osservazione, monitoraggio di ogni situazione potenzialmente pericolosa per l’incolumità della nave e dell’equipaggio, a 360 gradi e 24 ore al giorno» spiega a Oggi il comandante Marco Guerriero, che ha seguito la nascita dei nuclei anti pirateria. I sei fucilieri di marina di ciascun nucleo sono armati con pistole, fucili Beretta 79/90 e una mitragliatrice Minimi. Per individuare imbarcazioni sospette, anche col buio, hanno in dotazione visori notturni e camere termiche, che rivelano a distanza il calore del corpo. La loro forza, però, è la dissuasione.
Le procedure in caso di minaccia
«Prima di sparare si utilizzano sirene, come quella anti nebbia, oppure i riflettori a fianco della plancia, come segnali di avvertimento sonori e luminosi», sottolinea l’ufficiale del San Marco.
I due marò arrestati in India avevano anche agitato in aria il fucile mitragliatore, per far notare che a bordo c’era gente armata. Le navi dei pirati vengono individuate solitamente sui radar senza numero di identificazione. In gergo si chiamano «bersagli» e quando la minaccia si avvicina i marò sono autorizzati a sparare colpi di avvertimento, prima in aria e poi in acqua. «Nel caso i pirati comincino a sparare o ci sia una minaccia immediata (come un assalitore con un razzo Rpg a spalla), si risponde al fuoco», osserva Guerriero. «L’uso della forza, però, deve essere sempre graduato e proporzionale all’offesa con l’obiettivo di garantire la sicurezza del mercantile». Durante l’attacco l’equipaggio si chiude nella cittadella, la zona più sicura della o in una stanza blindata impenetrabile.
Tutti i marò si sottopongono a un addestramento durissimo che falcidia il 40 per cento dei volontari. Oltre a nuotare in mare con la tenuta da combattimento, dopo aver simulato il ribaltamento di un battello, i fucilieri di marina marciano per 30 chilometri con uno zaino di 20 chili, arma ed elmetto. Non a caso il motto del reggimento è «Per mare, per terram».
L’addestramento intensivo
I nuclei anti pirati sono stati selezionati fra i marò già impiegati a bordo delle navi militare. L’ addestramento prevede simulazioni di attacchi con barchini, abbordaggi e l’utilizzo di ostaggi, come scudi umani, da parte di pirati. Spesso i predoni del mare sequestrano dei pescherecci per poi utilizzarli nell’attacco. Le scorte dei mercantili durano circa una settimana e gli stessi nuclei rimangono in missione per un massimo di sei mesi.
La paga è di circa 2.500 euro, ma il servizio non è gratuito. Gli armatori versano nelle casse dello stato circa 500 euro a militare per ogni tratta scortata. I fanti di marina hanno un’antica tradizione, che risale al Settecento. Solo nella battaglia del Piave il reggimento subì 348 perdite e 1.500 fra feriti e mutilati. Nel 1919 Venezia, per riconoscere il valore dei marò, concesse al reparto il nome di San Marco, patrono della città e lo stemma del leone alato che sempre campeggia sulle mimetiche. I marò hanno partecipato a gran parte delle missioni all’estero dal Libano, all’Iraq fino all’Afghanistan. Con il basco nero e il fregio dell’ancora della Marina, colpiva lo sguardo fiero dei due fucilieri arrestati ripreso in diretta tv mentre erano attorniati da ufficiali indiani. Lo spirito di corpo è fortissimo a tal punto che su Facebook un marò ha scritto: «Massimiliano, in questo momento tutti i fucilieri ed ex fucilieri di Marina italiani sono con te e Salvatore. Se ce lo chiedessero, saremmo pronti per partire e venire a riprendervi fisicamente... anche stasera stessa! Non mollate ragazzi! Un fraterno abbraccio!... Per Mare, Per Terram!». Fausto Biloslavo

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23 aprile 2012 | Premio Lago | reportage
Il premio Giorgio Lago: Arte, impresa, giornalismo, volontariato del Nord Est
Motivazione della Giuria: Giornalista di razza. Sempre sulla notizia, esposto in prima persona nei vari teatri di guerra del mondo. Penna sottile, attenta, con un grande amore per la verità raccontata a narrare le diverse vicende dell’uomo.

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31 ottobre 2021 | Quarta repubblica | reportage
No vax scontri al porto
I primi lacrimogeni rimbalzano sull'asfalto e arditi No Pass cercano di ributtarli verso il cordone dei carabinieri che sta avanzando per sgomberare il varco numero 4 del porto di Trieste. I manifestanti urlano di tutto «merde, vergogna» cercando pietre e bottiglie da lanciare contro le forze dell'ordine. Un attivista ingaggia lo scontro impossibile e viene travolto dalle manganellate. Una volta crollato a terra lo trascinano via oltre il loro cordone. Scene da battaglia urbana, il capoluogo giuliano non le vedeva da decenni. Portuali e No Pass presidiavano da venerdì l'ingresso più importante dello scalo per protestare contro l'introduzione obbligatoria del lasciapassare verde. In realtà i portuali, dopo varie spaccature, sono solo una trentina. Gli altri, che arriveranno fino a 1.500, sono antagonisti e anarchici, che vogliono la linea dura, molta gente venuta da fuori, più estremisti di destra. Alle 9 arrivano in massa le forze dell'ordine con camion-idranti e schiere di agenti in tenuta antisommossa. Una colonna blu che arriva da dentro il porto fino alla sbarra dell'ingresso. «Lo scalo è porto franco. Non potevano farlo. È una violazione del trattato pace (dello scorso secolo, nda)» tuona Stefano Puzzer detto Ciccio, il capopopolo dei portuali. Armati di pettorina gialla sono loro che si schierano in prima linea seduti a terra davanti ai cordoni di polizia. La resistenza è passiva e gli agenti usano gli idranti per cercare di far sloggiare la fila di portuali. Uno di loro viene preso in pieno da un getto d'acqua e cade a terra battendo la testa. Gli altri lo portano via a braccia. Un gruppo probabilmente buddista prega per evitare lo sgombero. Una signora si avvicina a mani giunte ai poliziotti implorando di retrocedere, ma altri sono più aggressivi e partono valanghe di insulti. Gli agenti avanzano al passo, metro dopo metro. I portuali fanno da cuscinetto per tentare di evitare incidenti più gravi convincendo la massa dei No Pass, che nulla hanno a che fare con lo scalo giuliano, di indietreggiare con calma. Una donna alza le mani cercando di fermare i poliziotti, altri fanno muro e la tensione sale alimentata dal getto degli idranti. «Guardateci siamo fascisti?» urla un militante ai poliziotti. Il nocciolo duro dell'estrema sinistra seguito da gran parte della piazza non vuole andarsene dal porto. Quando la trattativa con il capo della Digos fallisce la situazione degenera in scontro aperto. Diego, un cuoco No Pass, denuncia: «Hanno preso un mio amico, Vittorio, per i capelli, assestandogli una manganellata in faccia». Le forze dell'ordine sgomberano il valico, ma sul grande viale a ridosso scoppia la guerriglia. «Era gente pacifica che non ha alzato un dito - sbotta Puzzer - È un attacco squadrista». I più giovani sono scatenati e spostano i cassonetti dell'immondizia per bloccare la strada scatenando altre cariche degli agenti. Donne per nulla intimorite urlano «vergognatevi» ai carabinieri, che rimangono impassibili. In rete cominciano a venire pubblicati post terribili rivolti agli agenti: «Avete i giorni contati. Se sai dove vivono questi poliziotti vai a ucciderli».Non a caso interviene anche il presidente Sergio Mattarella: «Sorprende e addolora che proprio adesso, in cui vediamo una ripresa incoraggiante esplodano fenomeni di aggressiva contestazione». Uno dei portuali ammette: "Avevamo detto ai No Pass di indietreggiare quando le forze dell'ordine avanzavano ma non ci hanno ascoltati. Così la manifestazione pacifica è stata rovinata». Puzzer raduna le «truppe» e i rinforzi, 3mila persone, in piazza Unità d'Italia. E prende le distanze dagli oltranzisti: «Ci sono gruppi che non c'entrano con noi al porto che si stanno scontrando con le forze dell'ordine». Non è finita, oltre 100 irriducibili si scatenano nel quartiere di San Vito. E riescono a bloccare decine di camion diretti allo scalo con cassonetti dati alle fiamme in mezzo alla strada. Molti sono vestiti di nero con il volto coperto simili ai black bloc. La battaglia sul fronte del porto continua fino a sera.

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05 ottobre 2010 | La vita in diretta - Raiuno | reportage
Islam, matrimoni forzati e padri assassini
Nosheen, la ragazza pachi­stana, in coma dopo le spranga­te del fratello, non voleva spo­sarsi con un cugino in Pakistan. Il matrimonio forzato era stato imposto dal padre, che ha ucci­so a colpi di mattone la madre della giovane di 20 anni schiera­ta a fianco della figlia. Se Noshe­e­n avesse chinato la testa il mari­to, scelto nella cerchia familia­re, avrebbe ottenuto il via libera per emigrare legalmente in Ita­lia. La piaga dei matrimoni com­binati nasconde anche questo. E altro: tranelli per rimandare nella patria d’origine le adole­scenti dove le nozze sono già pronte a loro insaputa; e il busi­ness della dote con spose che vengono quantificate in oro o migliaia di euro. Non capita solo nelle comuni­tà musulmane come quelle pa­chistana, marocchina o egizia­na, ma pure per gli indiani e i rom, che sono un mondo a par­te.

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15 marzo 2018 | Radio Radicale | intervento
Italia
Missioni militari e interesse nazionale
https://www.radioradicale.it/scheda/535875/missioni-militari-e-interesse-nazionale Convegno "Missioni militari e interesse nazionale", registrato a Roma giovedì 15 marzo 2018 alle 09:23. L'evento è stato organizzato da Center for Near Abroad Strategic Studies. Sono intervenuti: Paolo Quercia (Direttore del CeNASS, Center for Near Abroad Strategic Studies), Massimo Artini (vicepresidente della Commissione Difesa della Camera dei deputati, Misto - Alternativa Libera (gruppo parlamentare Camera)), Fausto Biloslavo (giornalista, inviato di guerra), Francesco Semprini (corrispondente de "La Stampa" da New York), Arije Antinori (dottore di Ricerca in Criminologia ed alla Sicurezza alla Sapienza Università di Roma), Leonardo di marco (generale di Corpo d'Armata dell'Esercito), Fabrizio Cicchitto (presidente della Commissione Affari esteri della Camera, Area Popolare-NCD-Centristi per l'Europa). Tra gli argomenti discussi: Difesa, Esercito, Esteri, Forze Armate, Governo, Guerra, Informazione, Italia, Ministeri, Peace Keeping, Sicurezza. La registrazione video di questo convegno ha una durata di 2 ore e 46 minuti. Questo contenuto è disponibile anche nella sola versione audio

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03 giugno 2019 | Radio Scarp | intervento
Italia
Professione Reporter di Guerra


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25 maggio 2010 | Spazio Radio - Radio 1 | intervento
Italia
L'Islam nelle carceri italiane
In Italia su oltre 23mila detenuti stranieri, 9840 risultano musulmani, secondo i dati ufficiali. Almeno seimila, però, non si sono dichiarati. Il rapporto di 364 pagine, “La radicalizzazione jihadista nelle istituzioni penitenziarie europee”, realizzato dall’esperto di Islam nella carceri, Sergio Bianchi, ne indica 13mila.
In Italia ci sono circa 80 islamici dietro le sbarre per reati connessi al terrorismo. Dal 2009 li hanno concentrati in quattro istituti di pena: ad Asti, Macomer, Benevento e Rossano. Nel carcere di Opera, invece, sono arrivati Adel Ben Mabrouk, Nasri Riadh e Moez Abdel Qader Fezzani, ex prigionieri di Guantanamo. Chi li controlla ogni giorno racconta che parlano in italiano. La guerra santa in Afghanistan l’hanno abbracciata dopo aver vissuto come extracomunicatori nel nostro paese. Non si possono incontrare fra loro e vivono in celle singole. Pregano regolarmente con molta devozione e hanno mantenuto i barboni islamici.

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27 gennaio 2020 | Radio 1 Italia sotto inchiesta | intervento
Italia
Esercito e siti ebraici
Fausto Biloslavo I nostri soldati rispettano la giornata della Memoria dell’Olocausto non solo il 27 gennaio, ma tutto l’anno. L’esercito, con l’operazione Strade sicure, schiera 24 ore al giorno ben 700 uomini in difesa di 58 siti ebraici sul territorio nazionale. Tutti obiettivi sensibili per possibile attentati oppure oltraggi anti semiti. “Per ora non è mai accaduto nulla anche grazie alla presenza dei militari, che serve da deterrenza e non solo. Il senso di sicurezza ha evitato episodi di odio e minacce ripetute come in Francia, che rischiano di provocare un esodo della comunità ebraica” spiega una fonte militare de il Giornale. I soldati, che si sono fatti le ossa all’estero, sorvegliano, quasi sempre con presidi fissi, 32 sinagoghe o tempi ebraici, 9 scuole, 4 musei e altri 13 siti distribuiti in tutta Italia, ma soprattutto al nord e al centro. La città con il più alto numero di obiettivi sensibili, il 41%, è Milano. Non a caso il comandante del raggruppamento di Strade sicure, come in altre città, è ufficialmente invitato alle celebrazioni del 27 gennaio, giorno della Memoria. Lo scorso anno, in occasione dell’anniversario della nascita dello Stato di Israele, il rappresentante della comunità ebraica di Livorno, Vittorio Mosseri, ha consegnato una targa al comandante dei paracadustisti. “Alla brigata Folgore con stima e gratitudine per il servizio di sicurezza prestato nell’ambito dell’operazione Strade sicure contribuendo con attenzione e professionalità al sereno svolgimento delle attività della nostro comunità” il testo inciso sulla targa. In questi tempi di spauracchi anti semiti l’esercito difende i siti ebraici in Italia con un numero di uomini praticamente equivalente a quello dispiegato in Afghanistan nel fortino di Herat. Grazie ad un’esperienza acquisita all’estero nella protezione delle minoranze religiose, come l’antico monastero serbo ortodosso di Decani in Kosovo. “In ogni città dove è presente la comunità ebraica esiste un responsabile della sicurezza, un professionista che collabora con le forze dell’ordine ed i militari per coordinare al meglio la vigilanza” spiega la fonte del Giornale. Una specie di “assessore” alla sicurezza, che organizza anche il sistema di sorveglianza elettronica con telecamere e sistemi anti intrusione di avanguardia su ogni sito. Non solo: se in zona appare un simbolo o una scritta anti semita, soprattuto in arabo, viene subito segnalata, fotografata, analizzata e tradotta. “I livelli di allerta talvolta si innalzano in base alla situazione internazionale” osserva la fonte militare. L’ultimo allarme ha riguardato i venti di guerra fra Iran e Stati Uniti in seguito all’eliminazione del generale Qassem Soleimani. Roma è la seconda città per siti ebraici presidiati dai militari compresi asili, scuole e oratori. Le sinagoghe sono sorvegliate pure a Napoli, Verona, Trieste e quando necessario vengono disposte le barriere di cemento per evitare attacchi con mezzi minati o utilizzati come arieti. A Venezia i soldati garantiscono la sicurezza dello storico ghetto. A Livorno e in altre città sono controllati anche i cimiteri ebraici. Una residenza per anziani legata alla comunità è pure nella lista dei siti protetti a Milano. Ed i militari di Strade sicure nel capoluogo lombardo non perdono d’occhio il memoriale della Shoah, lo sterminio degli ebrei voluto da Hitler.

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20 giugno 2017 | WDR | intervento
Italia
Più cittadini italiani con lo ius soli
Estendere la cittadinanza italiana ai bambini figli di stranieri? È la proposta di legge in discussione in Senato in questi giorni. Abbiamo sentito favorevoli e contrari.

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