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Reportage
21 aprile 2012 - Prima - India - Il Giornale |
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"Il Giornale" nella cella dei nostri marò in India |
Un po' accaldati per l'afa che comincia a farsi soffocante, ma sempre a testa alta con indosso la mimetica chiazzata del reggimento San Marco. Massimiliano Latorre e Salvatore Girone escono dal «parlatorio» della prigione centrale di Trivandrum, capoluogo dello stato del Kerala, dopo aver incontrato i propri cari giunti dall'Italia. In teoria non potrebbero parlare con i giornalisti e allora viene istintivo stringersi la mano. E accompagnarli fra i flash dei fotografi indiani verso l'ingresso del vecchio carcere coloniale inglese con grigie mura di cinta alte dieci metri. La guardia alla garitta, con fucile e baionetta innestata, neppure si scompone. Un ufficiale italiano che accompagna i marò sussurra: «Adesso speriamo che inizi la discesa», dopo due mesi di galera. Le notizie sui soldi donati alle disgraziate famiglie dei due pescatori uccisi in alto mare il 15 febbraio fanno ben sperare. E ancora di più la sconfessione nell'aria dell'autorità della polizia del Kerala, che ha puntato il dito contro i marò, potrebbe riportare la palla sotto il controllo del governo centrale di Delhi e verso una soluzione indolore. Forse per questo o per la gioia di aver incontrato i parenti, che il capo Latorre rivolgendosi a Il Giornale dice: «Ci vediamo presto». Il tragitto dal «parlatorio» all'ingresso del carcere dura poco, ma fa capire quanto sia rilassato il rapporto con le guardie. Non solo: ogni tanto delle code di prigionieri indiani con le tuniche bianche ed un numero impresso rientrano silenziosamente e diligentemente dentro le mura. Fra le palme che circondano il forteprigione fanno lavoretti utili. Solo quando alle spalle dei marò si chiude il portone in legno massiccio del carcere capisci che non è una passeggiata. Da una feritoia due paia di occhietti dei secondini all'interno si agitano incuriositi e una tabella ottocentesca indica il numero dei prigionieri maschi, 933. Oltre il portone, stile Alì Babà, non ci può andare nessuno a parte i carcerati. I marò raccontano di stare in un piccolo compound, da soli, con le sbarre alle finestre ed una rete metallica tutt'attorno sormontata dal reticolato. Dormono su dei tavolacci, che saranno ancora quelli inglesi, con l'unica comodità di un materassino. I problemi più grossi sono il caldo e le zanzare. La ventilazione è garantita dalle vecchie pale, ma i fucilieri di marina vengono addestrati a ben altro. «Da casa è arrivata una caffettiera e gli abbiamo fatto avere anche degli attrezzi per la ginnastica. Niente computer e tv, però. Solo libri e le migliaia di lettere e messaggi di solidarietà che arrivano dall' Italia» racconta il capitano di fregata Donato Castrignano. Veterano del San Marco si è offerto volontario per occuparsi delle necessità quotidiane. A cominciare dal menù italiano preparato dal ristorante Casa Bianca: spesso fettuccine con la crema di funghi, lasagne alla domenica, pollo e macedonia alla sera. I marò hanno pure un «amico» dentro il carcere, che deve scontare ancora un anno dei 15 che si è beccato. Mr. Mani possiede una radio e informa gli italiani degli sviluppi giudiziari del caso. I fucilieri offrono il caffè e gli indiani ricambiano con le ciapati, una specie di piadina farcita di cocco tritato. «Hanno preparato il caffè italiano anche al sovrintendente del carcere», sottolinea Castrignano. È lui che ogni mattina fa il puntodella situazione con i due prigionieri. Dal parlatorio i marò chiamano via cellulare i figli prima che vadano a scuola, grazie al fuso orario. Proprio Michele, 11 anni, primogenito di Salvatore Girone e Giovanna Ardito ha fatto il regalo più bello a suo padre dietro le sbarre in India. «I compagni di scuola di nostro figlio, alla festa del papà, hanno disegnato per Salvatore. Quello di Michele era fatto dalle sue mani stampate in blu su un foglio con la scritta: ' Sono pronte ad abbracciarti'». Lo racconta la signora Girone che ha conosciuto la sua anima gemella a 16 anni e dice: «Pure io ho fatto il fuciliere di marina accanto a mio marito con tre missioni sulle spalle, l'Afghanistan nel 2011 e quest'ultima dell' antipirateria». A trovare Salvatore sono venuti anche Michele e Maria, i genitori. «Ci siamo abbracciati fortissimo - spiega il padre - . A nome dei tanti che in Italia mi hanno chiesto di farlo». Solo il sito della Marina militare, fino a ieri, registrava 25mila contatti e sono stati spediti 8mila messaggi per i marò. La pagina Facebook «Ridateci i nostri leoni» ha 32mila iscritti. Christian D'Addario, giovane nipote di Massimiliano Latorre, stringe forte la mano della zia Franca. «Parlo a nome di mio fratello: ci tiene a far sapere a tutti che ama i suoi tre figli, che sono sempre stati il pensiero principale » spiega la sorella del marò in carcere. Il riferimento è ad una polemica fuori luogo, in questa situazione, innescata dalla moglie in via di separazione di Latorre. «Ci siamo rincuorati vedendoli faccia a faccia. Li abbiamo trovati bene nel corpo e nello spirito - sottolinea Franca - . Confidiamo di riportarli a casa perchè siamo convinti che la giustizia farà il suo corso prima in India e poi in Italia ». Ai due prigionieri hanno portato pure la dama e gli scacchi. I familiari portano al petto lo storico stemma del leone alato di San Marco. Non a caso su di loro veglia in questi giorni indiani il comandante Aldo Sciruicchio, anche lui del reggimento. Con Latorre ha fatto il durissimo corso per le truppe anfibie nel 1995. Smilzo, tutto d'un pezzo, ricorda la marcia forzata di 30 chilometri in tenuta da combattimento. «Se qualcuno non ce la faceva si dividevano i suoi pesi - spiega quasi commosso l'ufficiale - . Forza di volontà, spirito di corpo ci hanno insegnato a superare le prove più dure e a non lasciare mai indietro nessuno ». www.faustobiloslavo.eu |
[continua] |
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20 marzo 2013 | TG5 | reportage
"I nostri marò" l'e book di Giornale.it
La storia di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone i fucilieri di Marina trattenuti in India per un anno con l'accusa di aver ucciso due pescatori scambiati per pirati. "I NOSTRI MARO'" è un e book di Fausto Biloslavo e Riccardo Pelliccetti, che ripercorre la vicenda attraverso documenti esclusivi, testimonianze, foto e video inediti. Un anno di sgarbi diplomatici, interpretazioni arbitrarie del diritto e umiliazioni, ma anche un anno di retroscena e di battaglie per riportarli a casa. Latorre e Girone restano in Italia, ma la storia non è finita. Ora è sotto tiro il nostro ambasciatore in India, Daniele Mancini, per il mancato rientro a Delhi dei marò.
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08 gennaio 2014 | Vita in diretta | reportage
Il caso marò nella palude giudiziaria indiana
Gli indiani vogliono i marò alla sbarra, forse per torchiarli, anche se l’antiterrorismo non ha ancora presentato il voluminoso rapporto d’accusa contro Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Il processo «speciale» ai fucilieri di Marina è partito ieri con un rinvio al 30 gennaio. Il pubblico ministero aggiunto, Siddharth Luthra, a nome della polizia antiterrorismo (Nia), voleva obbligare i marò a presentarsi in aula. Non solo: gli investigatori pretendono che vengano intrapresi «i passi appropriati per garantire la custodia» di Latorre e Girone, secondo il giornale The Hindu .
Il pm ha poi precisato: «Non sto dicendo che devono essere fisicamente presi in custodia», ma passare sotto la completa tutela della corte speciale del giudice Darmesh Sharma e venire alla sbarra. Fonti italiane a Delhi gettano acqua sul fuoco, ma gli indiani fanno sapere al Giornale che la Nia «vuole interrogare ancora i fucilieri di Marina». E non escludono ulteriori sviluppi. I marò non si sono presentati all’udienza di ieri e attraverso i loro legali hanno chiesto di venir esentati anche in futuro.
L’unico dato certo è che l’antiterrorismo non ha ancora consegnato il rapporto d’accusa. Staffan De Mistura, inviato speciale del governo, volato a Delhi, haprecisato che l’ulteriore rinvio «non è stato subito ma voluto dai nostri legali per l'esistenza di troppe zone grigie ed ambiguità da parte indiana».De Mistura ribadisce: «Non possiamo accettare di procedere senza un capo di accusa chiaro e la certezza che non venga evocata la legge sulla repressione della pirateria» che prevede la pena di morte. L’ex ministro degli Esteri Giulio Terzi ribadisce che il processo a Delhi «è illegittimo. Affidare la sorte dei nostri ragazzi all’India è profondamente sbagliato sia giuridicamente che politicamente». Secondo fonti indiane la Nia presenterà «l’atto d’accusa entro la fine del mese» e sarà pesante. I fucilieri di Marina, in servizio anti pirateria, sono accusati di aver ucciso due pescatori il 15 febbraio del 2012 al di fuori delle acque territoriali indiane.
L’aspetto paradossale è l’esempio che ci sta dando Delhi verso la superpotenza americana «colpevole» dell’arresto per qualche ora della console indiana a New York. Dopo immediate proteste e rappresaglie il governo indiano ha intimato ieri la chiusura di tutti gli esercizi commerciali e la palestra gestita da locali nel compound dell’ambasciata degli Stati Uniti. Non solo: le macchine con targa diplomatica americana potranno venir multate se violano le norme del traffico.
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10 febbraio 2014 | La vita in diretta | reportage
Marò candidati alle europee?
Se destra e sinistra candidassero un fuciliere di Marina a testa per le elezioni di Strasburgo sarebbe un segnale di unità e dignità nazionale.
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17 dicembre 2012 | Zappingduepuntozero | intervento |
India
La saga dei marò
Un'analisi fuori dai denti di dieci mesi di linea morbida che non sono serviti a molto.
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