image
Articolo
17 maggio 2012 - Esteri - Bosnia Erzegovina - Il Giornale
Inizia il processo a Mladic il boia e Srebrenica torna in mani ai serbi
Il processo del secolo a Ratko Mladic per genocidio e crimini di guerra in Bosnia Erzegovina è ini­ziato ieri a L'Aja, ma a Srebrenica, dove le sue truppe hanno massa­crato 8mila musulmani, tornerà un sindaco serbo e nazionalista. Ed il rischio è che non riconosca o sminuisca il genocidio conside­rando l’ex generale Mladic, una specie di eroe e non «il boia di Sre­brenica » come è stato battezzato dai parenti delle sue vittime. Co­me è possibile? Nella cittadina simbolo della pulizia etnica pote­vano votare alle comunali anche i musulmani che se ne sono andati e non hanno la residenza. Nelle elezioni del prossimo ottobre non sarà più così ed i serbi, che bat­tono 2 a 1 i mu­sulmani resi­denti faranno eleggere il loro candidato, che sarà un nazio­nalista. Ironia della sorte la de­cisione è stata presa a Sa­rajevo la setti­mana prima dell’inizio del processo a Mla­dic.
Il comandan­te dei serbi di Bosnia duran­te la guerra del 1992-'95 si è presentato in aula in comple­to grigio e per­fetta forma no­nostante gli ac­ciacchi ed i 70 anni suonati. Non solo: ha ap­plau­dito e alza­to il pollice ver­so
l'alto duran­te l'udienza, in segno di scher­no e sfida. Il giu­dice Alphons Orie è dovuto intervenire per «l' inappropriata interazione» con il pubblico. Sembra che Mladic ed una donna musulmana si siano minacciati a distanza e alla fine il generale avrebbe mimato di ta­gliarle la gola.
A parte le provocazioni l'ex ge­nerale ha seguito con attenzione la requisitoria del procuratore del tribunale internazionale de L'Aja per i crimini di guerra nell'ex Jugo­slavia. Ogni tanto prendeva ap­punti
inforcandosi gli occhialini, per poi toglierli e sfoderare lo stes­so sguardo affilato e gli occhi di ghiaccio dei tempi della guerra.
Mladic ha perseguitato musul­mani e croati «per il solo motivo che appartenevano ad un’etnia di­versa da quella serba » ha dichiara­to il procuratore Dermot Groom. Secondo la pubblica accusa «la leadership serba scelse di usare la pulizia etnica e diede a Mladic il mandato di applicare i confini del­la mappa alla geografia della Bo­snia ». Groom ha citato tre atroci­tà, che costituiranno i pilastri dell' accusa: l'esecuzione di 150 musul­mani a Vecici nel 1992, il massa­cro di Srebrenica e la strage del mercato di Markale, nel centro di Sarajevo, nel 1995. «La procura presenterà le prove che dimostre­ranno - ha dichiarato Groom- ol­tre ogni ragionevole dubbio, che
dietro questi crimini c’era la ma­no di Ratko Mladic». L’ex genera­le catturato in Serbia nel 2011, do­po 16 anni di latitanza, è apparso tutt’altro che pentito e remissivo. Molti in Bosnia non hanno pre­so bene la decisione su Srebreni­ca presa dalla commissione eletto­rale alla vigilia del processo. Nel 2008, la città simbolo della strage, ha eletto un sindaco musulmano grazie alla speciale concessione che permetteva agli scampati del massacro di votare, anche se non erano più residenti. Srebrenica è un enclave nel territorio della Re­publika Srpska, una delle entità della fragile Bosnia-Erzegovina. La zona serba è dominata da Milo­rad Dodik, un leader nazionalista che non si è sporcato le mani di sangue durante la guerra. Per que­sto ha gioco facile a sminuire i cri­mini del passato puntando a volta­re pagina.
Srebrenica è un’«isola» guidata dal sindaco musulmano Camil Durakovic: «Vogliamo che la gen­te nata qui e costretta alla fuga dal genocidio possa continuare a vo­tare ». Prima della pulizia etnica la cittadina contava 37mila abitanti, 80% dei quali bosniaci musulma­ni.
Dopo la guerra sono rimaste 6-7mila persone e solo il 30% di et­nia bosniaca e religione musulma­na. In pratica i serbi li sovrastano con un rapporto di 2 a 1. Se votasse­ro solo i residenti è inevitabile che il prossimo sindaco delle elezioni di ottobre sarà serbo e molto pro­babilmente nazionalista. Chi è so­pravvissuto al massacro non ha in­tenzione di tornare stabilmente, ma pretende di votare rispettan­do il censimento anteguerra del 1991.
L’alto rappresentante interna­zionale Valentin Inzko, ha poteri di veto, ma difficilmente accon­tenterà i musulmani. Gli amba­sciatori occidentali a cominciare da quello americano hanno mes­so in chiaro che Srebrenica non può essere un'eccezione e si deve votare come il resto del paese. Pe­rò il prossimo sindaco, secondo il diplomatico Usa, dovrà «garanti­re che il massacro non sarà dimen­ticato
».

video
07 settembre 2020 | Quarta Repubblica | reportage
Con i migranti illegali della rotta balcanica
I migranti pachistani della rotta balcanica attraversano di corsa il confine fra Bosnia e Croazia. Dal tappo bosniaco 8mila migranti vogliono partire verso l’Italia. E oltre 4mila sono arrivati in Friuli-Venezia Giulia dall’inizio dell’anno. I migranti chiamano the game, il gioco, il tragitto clandestino fino all’Italia, ma c’è chi prova dieci o venti volte prima di riuscire a passare. I croati usano droni, camere termiche e non trattano i migranti con i guanti, che vivono in condizioni estreme. Nel cantone di Bihac la situazione è esplosiva. La popolazione vuole la chiusura dei campi di accoglienza. A Bihac i cooperanti italiani aiutano i migranti. Centinaia di migranti sono intrappolati nella terra di nessuno fra la zona serba e musulmana della Bosnia. Nessuno li vuole e li spinge da una parte e dall’altra.Così scoppiano scontri con i migranti che gridano Allah o akbar, dio è grande, sfidando la polizia. Per arrivare in Italia usano una app che indica la posizione anche senza internet.In molti vivono in edifici fatiscenti. Nei campi ufficiali non mancano le rivolte. E se verranno chiusi sarà ancora peggio. Questi marocchini appena respinti dai croati ci proveranno ancora come gli altri 8mila migranti.

play
[altri video]