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Esclusivo
25 giugno 2012 - Cronache - Italia - Il Giornale
"Mio figlio è morto a Kabul ora io lotto per tutti i caduti”
«S ono Anna Rita Lo Ma­stro, mamma del capo­ral­maggiore David To­bini, caduto in Afganistan nel lu­glio del 2011. Siccome anche voi provate lo stesso dolore che pro­vo io (...) la mia idea è quella di creare un’associazione di paren­ti dei caduti in guerra in tempo di pace». Inizia così la lettera di una madre, che al rientro della bara del figlio in patria portava con or­goglio il suo basco amaranto di parà della Folgore.
Su Facebook Anna Rita, 49 an­ni, ha aperto il gruppo «Caduti di guerra in tempo di pace» con lo scopo di contattare tutte le fami­glie dei nostri soldati che sono tornati a casa avvolti dal Tricolo­re. «Per ora stiamo cominciando con i 51 caduti dell’Afghanistan e già una quindicina di familiari hanno aderito al gruppo, che vuole diventare un’associazio­ne vera e propria », spiega al Gior­nale
la madre di David Tobini. A giorni l’associazione verrà uffi­cializzata. L’obiettivo è non di­menticare i caduti facendo «co­noscere i nostri ragazzi e le loro storie». Soprattutto «i sentimen­ti che li animavano e la vita che conducevano assieme ai commi­litoni durante le missioni al­l’estero » scrive la madre del ca­duto. Anna Rita, che non si stac­ca mai dal basco di parà del fi­glio, invita i familiari dei caduti a «farsi compagnia standosi vici­ni ». Nella lettera aperta agli altri familiari, denuncia pure i pro­blemi senza giri di parole: «Da madre di un soldato caduto in missione, ho incontrato molte difficoltà a rapportarmi con la burocrazia e ho toccato con ma­no l’iniquità di molte leggi. Ma soprattutto mi sono accorta di quanto la gente comune abbia un’idea molto lontana dalla real­tà dei soldati che vanno in mis­sione ».
Nelle guerre dall’11 settembre a oggi, sono 51 i caduti italiani in Afghanistan e 31 quelli della mis­sione in Irak escludendo gli inci­denti stradali a Nassiryah. Dopo il secondo conflitto mondiale le missioni militari all’estero han­no mietuto vittime in Congo, Li­bano, Somalia e Balcani, ma gli ultimi dieci anni sono stati i più sanguinosi. Le vittime con la divi­sa sono tutti caduti in guerra, ma in tempo di pace. Come David Tobini ucciso in combattimento il 25 luglio 2011 a Bala Murghab, il fronte nord dello schieramen­to in Afghanistan. Il caporal mag­giore del 183˚ reggimento Nem­bo aveva compiuto 28 anni da due giorni e stava per torna­re a casa. In maggio il capo dello stato, Giorgio Napolita­no, ha consegna­to a sua madre la Croce d’ono­re alla memo­ria del giovane parà.
L’associazione lanciata da Anna Ri­ta Lo Mastro, senza fi­ni di lucro, parte dai caduti in Afghanistan, ma non esclude di ampliarsi alle altre missioni che negli ultimi 30 anni sono co­state il sangue dei nostri soldati. Su Facebook stanno aderendo al gruppo giornalisti, e familiari di militari ancora in servizio e gen­te comune. Un centinaio di per­sone, per ora, come la «mamma di un militare che è stato in Irak nel 2005'. Oppure chi ha visto la madre coraggio in tv: «Ho ascol­tato la sua storia e non bisogna di­menticare
i vostri ragazzi e la lo­ro generosità».
Fra le adesioni quella della «moglie di un militare mezza scrittrice. Il prossimo libro vor­rei dedicarlo alle condizioni di chi vive le missioni da lontano. La gente vede spesso il militare come un parassita... sono stanca di sentire gente ignorante ripete­re che vanno lì per soldi... vorrei trasmettere le ansie e il tormen­to di chi aspetta una telefonata, di chi cresce un figlio da sola, di
chi aspetta che venga il giorno della licenza per poter riabbrac­ciare i suoi cari».
Per pubblicizzare l’iniziativa Anna Rita Lo Mastro partecipa a conferenze, anche nelle scuole, parlando del figlio e del suo dolo­re. Il 2 giugno, festa della Repub­blica, si è lanciata con il paraca­dute a Reggio Emilia. Il settima­nale Oggi l’ha fotografata nel vuo­to e lei ha raccontato: «Fin da quando mio figlio ha deciso di ar­ruolarsi lo accompagnavo ovun­que sia nella vita militare che di tutti i giorni. L’unica cosa che non avevo visto con lui era il cie­lo e allora ho deciso». Si è tuffata nel vuoto a 4.500 metri di quota, in tandem con Fabrizio Cocchi del centro di paracadutismo Bfu di Reggio Emilia. Il prossimo so­gno è «andare in Afghanistan per vedere i luoghi dove mio figlio ha trascorso i suoi ultimi giorni» e per non far dimenticare i caduti
di guerra in tempo di pace.
www.faustobiloslavo.eu

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11 novembre 2008 | Centenario della Federazione della stampa | reportage
A Trieste una targa per Almerigo Grilz
e tutti i caduti sul fronte dell'informazione

Ci sono voluti 21 anni, epiche battaglie a colpi di articoli, proteste, un libro fotografico ed una mostra, ma alla fine anche la "casta" dei giornalisti triestini ricorda Almerigo Grilz. L'11 novembre, nella sala del Consiglio comunale del capoluogo giuliano, ha preso la parola il presidente dell'Ordine dei giornalisti del Friuli-Venezia Giulia, Pietro Villotta. Con un appassionato discorso ha spiegato la scelta di affiggere all'ingresso del palazzo della stampa a Trieste una grande targa in cristallo con i nomi di tutti i giornalisti italiani caduti in guerra, per mano della mafia o del terrorismo dal 1945 a oggi. In rigoroso ordine alfabetico c'era anche quello di Almerigo Grilz, che per anni è stato volutamente dimenticato dai giornalisti triestini, che ricordavano solo i colleghi del capoluogo giuliano uccisi a Mostar e a Mogadiscio. La targa è stata scoperta in occasione della celebrazione del centenario della Federazione nazionale della stampa italiana. Il sindacato unico ha aderito all'iniziativa senza dimostrare grande entusiasmo e non menzionando mai, negli interventi ufficiali, il nome di Grilz, ma va bene lo stesso. Vale la pena dire: "Meglio tardi che mai". E da adesso speriamo veramente di aver voltato pagina sul "buco nero" che ha avvolto per anni Almerigo Grilz, l'inviato ignoto.

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23 aprile 2012 | Premio Lago | reportage
Il premio Giorgio Lago: Arte, impresa, giornalismo, volontariato del Nord Est
Motivazione della Giuria: Giornalista di razza. Sempre sulla notizia, esposto in prima persona nei vari teatri di guerra del mondo. Penna sottile, attenta, con un grande amore per la verità raccontata a narrare le diverse vicende dell’uomo.

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05 ottobre 2010 | La vita in diretta - Raiuno | reportage
Islam, matrimoni forzati e padri assassini
Nosheen, la ragazza pachi­stana, in coma dopo le spranga­te del fratello, non voleva spo­sarsi con un cugino in Pakistan. Il matrimonio forzato era stato imposto dal padre, che ha ucci­so a colpi di mattone la madre della giovane di 20 anni schiera­ta a fianco della figlia. Se Noshe­e­n avesse chinato la testa il mari­to, scelto nella cerchia familia­re, avrebbe ottenuto il via libera per emigrare legalmente in Ita­lia. La piaga dei matrimoni com­binati nasconde anche questo. E altro: tranelli per rimandare nella patria d’origine le adole­scenti dove le nozze sono già pronte a loro insaputa; e il busi­ness della dote con spose che vengono quantificate in oro o migliaia di euro. Non capita solo nelle comuni­tà musulmane come quelle pa­chistana, marocchina o egizia­na, ma pure per gli indiani e i rom, che sono un mondo a par­te.

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radio

03 giugno 2019 | Radio Scarp | intervento
Italia
Professione Reporter di Guerra


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06 settembre 2018 | Radio immaginaria | intervento
Italia
Teen Parade
Gli adolescenti mi intervistano sulla passione per i reportage di guerra

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20 giugno 2017 | WDR | intervento
Italia
Più cittadini italiani con lo ius soli
Estendere la cittadinanza italiana ai bambini figli di stranieri? È la proposta di legge in discussione in Senato in questi giorni. Abbiamo sentito favorevoli e contrari.

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03 gennaio 2011 | Radio Capodistria - Storie di bipedi | intervento
Italia
Gli occhi della guerra
Le orbite rossastre di un bambino soldato, lo sguardo terrorizzato di un prigioniero che attende il plotone di esecuzione, l’ultimo rigagnolo di vita nelle pupille di un ferito sono gli occhi della guerra incrociati in tanti reportage di prima linea. Dopo l’esposizione in una dozzina di città la mostra fotografica “Gli occhi della guerra” è stata inaugurata a Trieste. Una collezione di immagini forti scattate in 25 anni di reportage da Fausto Biloslavo, Gian Micalessin e Almerigo Grilz, ucciso il 19 maggio 1987 in Mozambico, mentre filmava uno scontro a fuoco. La mostra, che rimarrà aperta al pubblico fino al 20 gennaio, è organizzata dall’associazione Hobbit e finanziata dalla regione Friuli-Venezia Giulia. L’esposizione è dedicata a Grilz e a tutti i giornalisti caduti in prima linea. Il prossimo marzo verrà ospitata a Bruxelles presso il parlamento europeo.Della storia dell'Albatross press agency,della mostra e del libro fotografico Gli occhi della guerra ne parlo a Radio Capodistria con Andro Merkù.

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25 maggio 2010 | Spazio Radio - Radio 1 | intervento
Italia
L'Islam nelle carceri italiane
In Italia su oltre 23mila detenuti stranieri, 9840 risultano musulmani, secondo i dati ufficiali. Almeno seimila, però, non si sono dichiarati. Il rapporto di 364 pagine, “La radicalizzazione jihadista nelle istituzioni penitenziarie europee”, realizzato dall’esperto di Islam nella carceri, Sergio Bianchi, ne indica 13mila.
In Italia ci sono circa 80 islamici dietro le sbarre per reati connessi al terrorismo. Dal 2009 li hanno concentrati in quattro istituti di pena: ad Asti, Macomer, Benevento e Rossano. Nel carcere di Opera, invece, sono arrivati Adel Ben Mabrouk, Nasri Riadh e Moez Abdel Qader Fezzani, ex prigionieri di Guantanamo. Chi li controlla ogni giorno racconta che parlano in italiano. La guerra santa in Afghanistan l’hanno abbracciata dopo aver vissuto come extracomunicatori nel nostro paese. Non si possono incontrare fra loro e vivono in celle singole. Pregano regolarmente con molta devozione e hanno mantenuto i barboni islamici.

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