image
Articolo
13 settembre 2012 - Il Fatto - Libia - Il Giornale
Un nuovo colpo di Al QAida l’11/9 Ucciso l’ambasciatore Usa in Libia
Un film anti Islam utilizzato co­me pretesto e diversivo, l’attacco militare ben pianificato da milizia­ni salaf­iti legati ad Al Qaida e la da­ta simbolo dell’ 11 settembre sono il miscuglio esplosivo che ha ucci­so­l’ambasciatore Usa in Libia e al­tri tre americani. Un segnale forte e chiaro del lato oscuro della pri­mavera araba. Tutto è iniziato l’11 settembre, martedì sera. Al Cairo, la capitale egiziana,viene circondata l’amba­sciata Usa per protestare contro il film «L’innocenza dei musulma­ni », considerato un insulto a Mao­metto. Poco dopo, verso le 21.30, la scena si ripete a Bengasi attorno al vasto compound del consolato americano nel capoluogo della Ci­renaica. Il film anti Islam che ri­schia di far ribollire il mondo mu­sulmano serve come diversivo. Al­meno duecento miliziani islamici salafiti con Kalashnikov, razzi Rpg e molotov bloccano tutte le strade attorno al compound. «Era­no armati fino ai denti e dicevano di voler uccidere tutti quelli che si trovavano dentro la sede Usa», rac­conta un testimone, Sofian Kadu­ra, ex pilota di aerei che ha parteci­pato alla rivoluzione. «Si è trattato di una azione più militare, un at­tacco iniziato senza che fosse pre­ceduto da slogan di protesta» ha confermato il console italiano a Bengasi, Guido De Sanctis, che si trovava casualmente nelle vici­nanze.
Attorno alle 21.40 i miliziani sca­tenano l’assalto con molotov, raz­zi e raffiche di mitra. L’obiettivo è l’ambasciatore americano in Li­bia Christopher Stevens, che si tro­va nel compound. All’esterno una decina di poliziotti, che tentano di intervenire, vengono uccisi. I mili­ziani penetrano nel compound,
 ma la battaglia continua e nessu­no interviene. Alla fine riescono ad ammainare la bandiera a stelle e strisce e alzare quella nera dei sa­lafiti vicini ad Al Qaida. Il peggio, però, deve ancora venire.
Una prima versione della autori­tà libiche parla di un razzo Rpg a spalla lanciato verso il fuoristrada dell’ambasciatore che tenta la fu­ga. Poi saltano fuori su internet le foto del cadavere e si capisce che non ha ferite traumatiche, come se fosse stato centrato veramente da un razzo. È grigiastro, bruciac­chiato con il petto denudato e qualche taglio. «Pensiamo che con la sua sicurezza abbia tentato di barricarsi in un edifico conside­rato più sicuro » spiega al Giornale una fonte diplomatica europea in Libia. Il vice ministro dell'Interno
 libico, Wanis al Sharif, conferma che gli americani si sono diretti «in una casa rifugio».
Gli assalitori, però, conoscono l’ubicazione e l’attaccano. Il rap­presentante Usa sarebbe morto per asfissia a causa del fumo degli incendi. Lo conferma il medico che ha cercato disperatamente di rianimarlo. Nella mattanza riman­gono uccisi anche due marines e Sean Smith, un agente dei servizi Usa, che poco prima di perdere la vita ha inviato sulla linea su cui sta­va «chattando» il drammatico messaggio «stasera potrei mori­re ». Altri cinque americani riman­gono feriti. «Sono andati via verso mezzanotte» racconta Kadura, te­stimone dell'attacco, riferendosi ai miliziani filo Al Qaida. Il perso­nale
 americano superstite viene evacuato nella notte con un volo diretto a Tripoli.
Poche ore dopo sui siti jihadisti circola la rivendicazione dell'at­tacco che vendica l’uccisione del numero due di Al Qaida, il libico Abu Yahya al-Libi. Un drone ame­ricano lo aveva incenerito il 4 giu­gno nelle aree tribali pachistane. Il governo di Tripoli punta il dito contro il gruppo Ansar al Sharia, i partigiani della legge islamica du­ra e pura, che si «rallegrano» per l’assalto a Bengasi ma smentisco­no la paternità. In realtà si tratta di un cartello di estremisti attivi nel­lo Yemen e in Tunisia e con una se­de a Beida, la cittadina libica da do­ve negli anni passati sono partiti tanti kamikaze per l’Iraq. Sempre a Bengasi il 12 giugno un convo­glio
 sul quale viaggiava l’amba­sciatore britannico è stato colpito da un razzo Rpg. La sede Usa in cit­tà era già stata attaccata dalla «bri­gata » che si ispira ad Omar Abdel Rahman, lo sceicco cieco impri­gionato negli Usa per il primo at­tentato alle Torri gemelle del 1993.«L’ambasciatore Usa forse è stato imprudente a recarsi a Ben­gasi in questo momento» spiega al Giornale una fonte a Tripoli.
I salafiti non solo hanno colpito l’11 settembre, ma alla vigilia del­la nomina del premier libico da parte del primo Parlamento elet­to liberamente dopo 40 anni di re­gime di Gheddafi, che si è riunito ieri sera con addosso l’ombra cu­pa di Al Qaida.
 
www.faustobiloslavo.eu
 

video
26 marzo 2011 | Studio Aperto | reportage
Diario dalla Libia in fiamme
Diario dalla Libia in fiamme

play
28 marzo 2011 | TG5 | reportage
Diario dalla Libia in fiamme
Diario dalla Libia in fiamme

play
03 aprile 2011 | TG5 | reportage
Diario dalla Libia in fiamme
Diario dalla Libia in fiamme

play
[altri video]
radio

18 marzo 2011 | Radio Capodistria | intervento
Libia
IL vaso di pandora
IL vaso di pandora

play

06 marzo 2011 | Panorama | intervento
Libia
Diario dalla Libia
Diario dalla Libia

play

22 marzo 2011 | Panorama | intervento
Libia
Diario dalla Libia
Diario dalla Libia

play

02 marzo 2011 | Panorama | intervento
Libia
Diario dalla Libia
Una nube nera su tutta Tripoli

play

12 maggio 2011 | Nuova spazio radio | intervento
Libia
Che fine ha fatto Gheddafi?
Il colonnello Gheddafi è morto, ferito oppure in perfetta forma, nonostante le bombe, e salterà fuori con la sua ennesima e prolissa apparizione televisiva? Il dubbio è d’obbligo, dopo i pesanti bombardamenti di Tripoli. Ieri è ricomparaso brevemente in un video girato durante un incontro, all'insaputa dei giornalisti, nell'hotel di Tripoli che ospita la stampa internazionale.

play

[altri collegamenti radio]




fotografie







[altre foto]