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Reportage
27 ottobre 2012 - Esteri - Afghanistan - Il Giornale
Io, saltato su una bomba con i soldati italiani: il blindato ci ha salvati

L'esplosione è improvvi­sa, quando meno te l'aspetti, lungo una pi­sta arida, assolata e deserta, che si infila fra le montagne. Non hai neppure il tempo di capire se sei vi­vo o morto, che la polvere invade il super blindato Cougar fatto ap­posta per resistere alle trappole esplosive. È come se la mano del Dio talebano afferrasse il bestio­ne da 14 tonnellate in movimento fermandolo come una macchini­na giocattolo. «Siamo saltati, sia­mo saltati » urla alla radio il tenen­te Davide Secondi, che conduce la missione per stanare gli Ied, le famigerate trappole esplosive. E poi sbotta: «Porco demonio». La pesante corazza del mezzo di fab­bricazione Usa e le cinture da for­mula Uno, che ti ancorano ai sedi­li, ci hanno salvato la pelle, ma il brivido lungo la schiena lo senti lo stesso. I primi attimi sono di sor­presa e caos, più che panico. E l'adrenalina pompa a mille. I tre guastatori alpini del 32˚ Genio di Torino, dentro il sarcofago d'ac­ciaio, chiamano subito «Marian­gela, Mariangela sei ferita?». Alla prima missione in Afghanistan, Mariangela Ballieri, 24 anni, è in ralla, con metà del corpo fuori dal mezzo attaccata alla mitragliatri­ce pesante. Il ruolo più pericoloso ed esposto, dove puoi venire lan­ciato nel vuoto come un birillo o ri­trovarti con la testa portata via da una scheggia. Il Cougar non a ca­so ha una torretta protettiva. «Sto bene, sto bene. Per un attimo non sentivo dall'orecchio destro, ma ho preso solo qualche pietra» ri­sponde la giovane donna soldato con le palle di un uomo. «Scendi dentro il mezzo, devi scendere, aiutatela» ordina il tenente, che a 24 anni guida i suo uomini come se fosse un veterano. Aiutiamo Mariangela, capelli neri e sguardo da ragazza stravol­to da tensione e paura. «Dobbia­mo andarcene, dobbiamo andar­cene. Era una trappola. Me lo sen­tivo, me lo sentivo» ripete, ma si sforza di riprendersi e ce la fa. «Og­gi è l'anniversario di fidanzamen­to con Maurizio, guastatore come me, pure lui in missione in Afgha­nistan » sussurra la donna solda­to. Non solo: in questa operazione sostituisce un commilitone per­chè stava male. «Puntavo l'arma verso le colline nel caso gli insorti ci avessero attaccato - racconta Mariangela come se rivedesse un film - . L'esplosione non mi sem­brava così forte, ma poi si è solleva­to il polverone. Ho pensato: 'Sia­mo saltati'. Quando ho sentito le vostre voci significava che erava­mo tutti vivi e ho tirato un sospiro di sollievo».
In mezzo al polverone Alessio Frattagli,26 anni,l'autista,sta dan­do una mano al tenente per le con­citate comunicazioni via radio dei primi minuti. Barba, tacitur­no, ma sorriso sempre pronto, una volta in salvo, racconta: «Subi­to dopo il botto, una nuvola di fu­mo e polvere ci ha avvolto. Il mez­zo era stato colpito vicino alla ruo­ta sinistra».
Il caporal maggiore scelto Vin­cenzo Pagliarello, detto Lello, 31 anni, è un veterano dell'Afghani­stan e oltre ad essere guastatore ha il compito di prestare i primi soc­corsi ai feriti. Nel 2010 a Bala Mur­ghab, il fronte nord da dove ci sia­mo già ritirati, è stato lui il primo a raggiungere un blindato Lince sal­tato in aria. Per Massimiliano Ra­madù e Luigi Pascazio, gli alpini che stavano davanti, non c'era nul­la da fare.
Dietro il caporal maggio­re Cristina Buonacucina gridava dal dolore con una gamba incastra­ta fra le lamiere. Lello l'ha tirata fuo­ri. Ed è lui che riceve l'ordine dal te­nente, che lo segue, di scendere a terra, per controllare che non ci sia­no altre trappole esplosive. Prima si era avvicinato solo il robottino. Lello apre il portellone blindato e scende a terra, come se non fosse appena saltato in aria.
La trappola esplode verso le 10.30, mentre nel super blindato sto accendendo la videocamera che ha ripreso i momenti imme­diatamente dopo il botto. I taleba­ni hanno piazzato l'Ied sulla Bar­bie, la famigerata statale 515, che collega Farah a Bakwa l'avampo­sto 
sto italiano più a sud, dove giovedì è caduto l'alpino Tiziano Chierot­ti. E ieri un colpo di mortaio ha sor­volato la base di Bala Baluk. Oltre un centinaio di uomini del 9˚ reggimento alpini, l'8˚ ber­saglieri, i lagunari e i carabinieri paracadutisti sono stati impegna­ti­negli ultimi tre giorni in una mis­sione a Kormaleq. Un grosso vil­laggio di 200 famiglie, dove i tale­bani la facevano da padroni e han­no decapitato il capo degli anzia­ni. Prima sono arrivati i comman­do dei marines, che hanno passa­to le consegne agli italiani assie­me agli afghani della polizia e dell' esercito.
Ieri l'ultima parte della missio­ne guidata dal tenente colonnello
 Marcello Orsi prevedeva di avan­zare fino al passo di Kormaleq, punto d'accesso per raggiungere Bakwa. Solo una quindicina di chi­lometri più in là è stato ucciso gio­vedì l'alpino Tiziano Chierotti. Do­po pochi chilometri un camion in­cenerito e abbandonato sul lato della strada mette in guardia i guastatori del 32˚ reggimento. Al pri­mo controllo non si tro­va nulla. Il nostro mez­zo è il secondo della co­lonna quando salta su un piatto a pressione collegato con diversi chilogrammi d'esplosi­vo, che per fortuna scoppiano davanti e non sotto il Cougar. Il drone che ci sorveglia dall'alto filma il botto.
I guastatori individuano una se­conda trappola esplosiva a cin­quanta metri da noi. Qualche ora dopo la fanno brillare. L'esplosio­ne scuote l'aria e alza una colonna di fumo di una quindicina di metri
 simile al botto che ci ha fatto salta­re. Il tenente Secondi, della com­pagnia Uragano, sopravvissuto all'Ied, smorza la tensione con una battuta: «Per un guastatore è il battesimo del fuoco, ma ci ag­giungo la comunione e la cresi­ma. Una volta per tutte basta». 
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[continua]

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