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Reportage
07 novembre 2012 - Esteri - Afghanistan - Panorama
Faccia a faccia con le mine

La guerra delle trappole esplosive è la minaccia più  temuta per le truppe italiane in Afghanistan. Le statistiche  della zona ovest, sotto il nostro comando, parlano  chiaro. 

Nel 2009 gli ordigni improvvisati, che in gergo si  chiamano Ied, erano 312, nel 2011 sono balzati a 854,  tra esplosi e scoperti. Quest’anno, fino al 23 ottobre,  il nostro contingente ha già contato 874 trappole tra Ied e  attacchi suicidi. Metà sono state piazzate a Farah, la provincia  meridionale più ostica. 

«A Bakwa c’è l’università degli  Ied, con professionisti che riescono a piazzare un ordigno  in mezz’ora» spiega in prima linea a Panorama il tenente  colonnello Nicola Piasente. Il 25 ottobre un suo alpino, il  caporalmaggiore Tiziano Chierotti, è stato ucciso in combattimento  e altri tre militari sono rimasti feriti.  In settembre, quando il secondo reggimento di Cuneo  era arrivato a Bakwa, i talebani piazzavano un ordigno  improvvisato al giorno.

L’intervento degli alpini del Döi  e dei guastatori del 32° reggimento di Torino ha fatto  diminuire di quattro volte il numero degli Ied. Il 59,6 per  cento delle trappole esplosive è costituito dai cosiddetti  piatti a pressione. Il più comune è fatto con due tavole di  legno, separate da molle, e tarate sul peso della vittima:  un uomo può passarci sopra senza saltare in aria se l’obiettivo  è un blindato da 14 tonnellate. 

Le assi  vengono interrate nelle piste sabbiose e collegate  all’innesco della carica, tra 10 e 20 chili di esplosivo.  Sulle strade asfaltate, lo Ied viene nascosto negli scoli o  nei canali laterali ed è attivato a distanza da un telefonino.  

L’esplosione può essere innescata anche con un filo  interrato e collegato a una batteria. Gli artificieri hanno  scoperto fili che finivano addirittura nei cortili delle case.  

«Mettono in mano ai bambini macchinine telecomandate  da fare girare vicino ai blindati, fino a quando non si  bloccano a causa dei sistemi di inibizione anti Ied» racconta  da Herat Gualtiero Raspa, primo maresciallo della Folgore  esperto di ordigni improvvisati. «In questo modo capiscono  come fare esplodere la carica» . Per confondere i cani cerca  mine, i talebani lasciano in giro bottigliette piene di benzina,  che mandano in tilt il fiuto degli animali. 

Il marchingegno  che fa esplodere la carica interrata, invece, può essere  anche una scatola di fiammiferi che si schiaccia sovrappensiero. Hanno perfino cominciato a fare i detonatori in  plastica o grafite, così non vengono rilevati dagli apparecchi  cerca metalli del genio guastatori.  

L’ultima trovata degli insorti è «lo Ied con i sensori,  come quelli dei cancelli automatici» rivela il  marresciallo Raspa. La trappola viene tarata su un  certo numero di passaggi per esplodere non al primo  blindato, ma a quello prescelto, colpendo in mezzo  alle colonne. 

Fausto Biloslavo - da Bakwa


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