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Commento
21 dicembre 2012 - Prima - India - Il Giornale
Che lezione riconsegnarsi a testa alta

Non è il modo più onorevole per tornare in Italia, dopo dieci mesi di ingiustizie patite in India. La richiesta allo Stato del Kerala di riavere Salvatore Girone e Massimiliano Latorre in «prestito», per un paio di settimane, non è un’ideona. Gli stucchevoli appelli dei ministri della Difesa e degli Esteri all’«umanità» e alla «sensibilità» degli indiani fanno ridere per non piangere. La cauzione di 826 mila euro chiesta dal giudice del Kerala, come se i marò fossero Al Capone, è un oltraggio. L’impegno di controllare i loro spostamenti in Italia, alla stregua di criminali comuni in permesso premio, è una beffa. La lista di brutte figure sarebbe ancora lunga, ma quello che conta veramente è il ritorno in patria di Salvatore e Massimiliano. Il Giornale si è battuto per i due marò e li accoglie con un abbraccio. Ogni soldato in missione, e i fucilieri di marina lo sono da dieci mesi, sa bene quanto sia importante tornare a casa, anche se in «licenza». E ancora più importante è farlo per Natale, una festa non solo religiosa, ma il momento in cui le famiglie, anche le più divise, si ritrovano sotto l’albero in un momento di serenità. I «leoni» del reggimento San Marco sono addestrati al peggio, ma assieme ai propri cari, in «prima linea» con loro dal 15 febbraio, hanno bisogno di una pausa.
Non dimentichiamo, però, che il «permesso» natalizio è una vittoria di Pirro, a dimostrazione dell’inconsistenza della linea morbida adottata fino ad oggi dal governo. All’Italietta che non è stata in grado di farsi valere con l’India hanno dato il contentino della «licenza».
E conoscendo un po’ il Kerala le sorprese potrebbero spuntare all’ultimo minuto. I pescatori, che hanno subito due vittime in questa storiaccia, già gridano all’«imbro­glio » e parlano di «vergogna per l’India». Oggi un altro tribunale, quello di Kollam, dovrà restituire ai marò i passaporti e concedere il visto d’uscita. Speriamo che il procuratore del Kerala, che ha espresso contrarietà al permesso natalizio, e la politica locale non ci mettano lo zampino.
La vittoria di Pirro del governo italiano potrebbe diventare un boomerang se al ritorno a casa dei marò non seguirà la sentenza della Corte suprema indiana, che rientra dalle ferie il 2 gennaio. Una
 settimana dopo Latorre e Girone dovranno tornare in India, ma come ha fatto capire il presidente Giorgio Napolitano si spera che entro quella data i giudici di Delhi avranno dato ragione all’Italia. Così i marò resteranno a casa e verranno processati in patria.
In queste due settimane in Italia speriamo non salti fuori il magistrato di turno, che si sogna di arrestarli. Qualcuno già parla di candidare i marò alle elezioni e gli indiani temono qualche sotterfugio da Italietta per non farli tornare.
Latorre e Girone hanno già sgombrato il campo dai dubbi con poche, ma significative parole: «Se torneremo in India? Certo: noi abbiamo una parola sola ed è parola di italiani». Se la linea morbida del governo non darà risultati prima del 10 gennaio i due leoni del San Marco dovranno rientrare a Kochi, ma lo faranno a testa alta.


[continua]

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08 gennaio 2014 | Vita in diretta | reportage
Il caso marò nella palude giudiziaria indiana
Gli indiani vogliono i marò al­la sbarra, forse per torchiarli, an­che se l’antiterrorismo non ha ancora presentato il volumino­so rapporto d’accusa contro Massimiliano Latorre e Salvato­re Girone. Il processo «speciale» ai fucilieri di Marina è partito ieri con un rinvio al 30 gennaio. Il pubblico ministero aggiunto, Siddharth Luthra, a nome della polizia antiterrorismo (Nia), vo­leva obbligare i marò a presen­tarsi in aula. Non solo: gli investi­gatori pretendono che vengano intrapresi «i passi appropriati per garantire la custodia» di La­torre e Girone, secondo il giorna­le The Hindu . Il pm ha poi precisato: «Non sto dicendo che devono essere fi­sicamente presi in custodia», ma passare sotto la completa tu­tela della cort­e speciale del giudi­ce Darmesh Sharma e venire al­la sbarra. Fonti italiane a Delhi gettano acqua sul fuoco, ma gli indiani fanno sapere al Giornale che la Nia «vuole interrogare an­cora i fucilieri di Marina». E non escludono ulteriori sviluppi. I marò non si sono presentati al­l’udienza di ieri e attraverso i lo­ro legali hanno chiesto di venir esentati anche in futuro. L’unico dato certo è che l’anti­te­rrorismo non ha ancora conse­gnato il rapporto d’accusa. Staf­fan De Mistura, inviato speciale del governo, volato a Delhi, haprecisato che l’ulteriore rinvio «non è stato subito ma voluto dai nostri legali per l'esistenza di troppe zone grigie ed ambiguità da parte indiana».De Mistura ri­badisce: «Non possiamo accetta­re di procedere senza un capo di accusa chiaro e la certezza che non venga evocata la legge sulla repressione della pirateria» che prevede la pena di morte. L’ex ministro degli Esteri Giulio Ter­zi ribadisce che il processo a Delhi «è illegittimo. Affidare la sorte dei nostri ragazzi all’India è profondamente sba­gliato sia giuridicamen­te che politicamente». Secondo fonti india­ne la Nia presenterà «l’at­to d’accusa entro la fine del mese» e sarà pesan­te. I fucilieri di Marina, in servizio anti pirateria, sono accusati di aver uc­ciso due pescatori il 15 febbraio del 2012 al di fuori delle acque territoriali indiane. L’aspetto paradossale è l’esempio che ci sta dando Delhi verso la superpotenza america­na «colpevole» dell’arresto per qualche ora della console india­na a New York. Dopo immediate proteste e rappresaglie il gover­no indiano ha intimato ieri la chiusura di tutti gli esercizi com­merciali e la palestra gestita da locali nel compound dell’amba­sciata degli Stati Uniti. Non solo: le macchine con targa diplomati­ca americana potranno venir multate se violano le norme del traffico.

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19 febbraio 2014 | Rai 1 mattina | reportage
Ennesimo rinvio per i marò. L'Italia richiama l'ambasciatore, ma non basta


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18 marzo 2013 | TG5 | reportage
Caso marò: documento esclusivo pubblicato dal Giornale
Il 15 marzo con la nota verbale 100/685, l’ambasciata italiana ricordava al “ministero degli Esteri indiano gli obblighi alla protezione dei diplomatici derivanti dalla Convenzione di Vienna”. Nella nota si chiede al governo di Delhi di “riassicurare che nessuna autorità indiana possa applicare misure restrittive alla libertà di Sua Eccellenza l’ambasciatore”. Alla fine si invita pure a garantire la “personale sicurezza” di Mancini e tutti i nostri diplomatici in India.

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17 dicembre 2012 | Zappingduepuntozero | intervento
India
La saga dei marò
Un'analisi fuori dai denti di dieci mesi di linea morbida che non sono serviti a molto.

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