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Articolo
12 marzo 2013 - Esteri - India - Il Giornale |
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“I marò restano in Italia” Il governo beffato alla fine beffa l’India |
Fausto Biloslavo «Finalmente. Sono felice, anzi strafelice. Adesso voglio solo tornare a fare il fuciliere di Marina al mio reparto, il San Marco, per mare per terram ». Al telefonino con il Giornale Massimiliano Latorre si lascia andare. Lui e Salvatore Girone, accusati dall'India di aver ucciso due pescatori scambiati per pirati il 25 febbraio di un anno fa, non torneranno a Delhi. L'ultimo permesso di quattro settimane concesso dalla Corte suprema scadeva il 23 marzo. Meglio tardi che mai, il governo Monti in scadenza, con un colpo di reni, ha informato l'India che l'Italia, già umiliata a più riprese, non riconsegnerà i due marò. «Ero in macchina quando mi è arrivata la notizia. E un secondo dopo il telefonino ha cominciato a squillare come se fosse impazzito e sono arrivati mille messaggi di calore e affetto» racconta Latorre, il comandante della squadra di protezione anti pirateria della nave italiana «Enrica Lexie» trattenuto in India per un anno. «Finalmente, ma devo confessare che non ho mai avuto dubbi sull'impegno dello Stato- spiega il capo di prima classe del San Marco - . Voglio cogliere l'occasione per ringraziare il presidente della Repubblica, le istituzioni e il popolo italiano che ci ha sostenuti». «Giuro sui miei figli che sono sempre stato sereno che sarebbe finita bene- sottolinea Latorre- . Adesso voglio godermi questo momento, ma in quest'anno difficile non siamo mai stati soli. I gruppi che sono nati su Facebook ci hanno dimostrato un grande affetto». Latorre, però, precisa che non ce l'avrebbero fatta, lui e Girone, «senza i nostri familiari, ai quali va il ringraziamento più grande: loro hanno avuto una grande forza nell' affrontare tutta questa vicenda, e soprattutto hanno dato a noi la forza e il coraggio per andare avanti». Una nota della Farnesina resa pubblica ieri pomeriggio annuncia: «L'Italia ha informato il governo indiano che, stante la formale instaurazione di una controversia internazionale tra i due Stati, i fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone non faranno rientro in India alla scadenza delpermesso loro concesso».L'ambasciatore italiano a New Delhi, Daniele Mancini, su istruzione del ministro degli Esteri, Giulio Terzi, ha consegnato all autorità indiane una nota verbale che non lascia dubbi. I marò restano in patria. «All' indomani della sentenza del 18 gennaio 2013 della Corte Suprema indiana, (che ha strappato i marò dalle grinfie del Kerala, nda) l'Italia ha proposto formalmente al governo di New Delhi l'avvio di un dialogo bilaterale per la ricerca di una soluzione diplomatica del caso » rivela la nota. Il grimaldello è la convenzione delle Nazioni Unite, Unclos, sulla legge del mare, richiamata dagli stessi giudici di Delhi, che prevede un arbitrato internazionale in casi del genere. L'India non ha risposto e noi abbiamo finalmente reagito sbattendo i pugni sul tavolo. «L'Italia ha sempre ritenuto che la condotta delle autorità indiane violasse gli obblighi di diritto internazionale », sostiene adesso la Farnesina. Dopo la nota ufficiale è il ministro Terzi a suggellare con un Tweet i ritrovati attributi del nostro Paese: «Disponibili a trovare soluzioni con India in sede internazionale. Intanto i nostri marò restano in Italia». I marò ed i loro familiari vengono travolti. «Siamo attoniti, non possiamo che esultare. È una bellissima notizia. Grazie Italia» esulta Franca Latorre, sorella di Massimiliano. Dall'India, commenti opposti. «I due marò italiani devono essere processati da noi secondo le leggi indiane», sbotta una fonte diplomatica di New Delhi all'Onu. I media lanciano la notizia con evidenza. Sul sito i lettori del Times of India cominciano ad accusare Sonia Gandhi, la lady di ferro di origini italiane, di aver aiutato i marò. Il ministro degli Esteri indiano, Salman Kurshid, adotta il profilo basso: «Non sarebbe bene reagire ora ». Una fonte diplomatica de il Giornale fa notare che «la soluzione dell'arbitrato internazionale potrà anche turbare gli indiani, ma alla fine si rivelerà la giusta via d'uscita. Né noi, né loro vogliamo rovinare i rapporti fra i due Paesi». |
[continua] |
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03 luglio 2013 | Uno Mattina | reportage
E se i marò fossero innocenti?
E se i marò non avessero mai sparato sul peschereccio St. Anthony, dove la morte di due pescatori indiani ha fatto esplodere una crisi senza precedenti fra Italia e India? Se fossero totalmente innocenti? Lo sostiene Toni Capuozzo in una nuova ricostruzione degli eventi sul fatidico 15 febbraio 2012.
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24 gennaio 2014 | Vita in diretta | reportage
I marò nella trappola giudiziaria indiana
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08 gennaio 2014 | Vita in diretta | reportage
Il caso marò nella palude giudiziaria indiana
Gli indiani vogliono i marò alla sbarra, forse per torchiarli, anche se l’antiterrorismo non ha ancora presentato il voluminoso rapporto d’accusa contro Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Il processo «speciale» ai fucilieri di Marina è partito ieri con un rinvio al 30 gennaio. Il pubblico ministero aggiunto, Siddharth Luthra, a nome della polizia antiterrorismo (Nia), voleva obbligare i marò a presentarsi in aula. Non solo: gli investigatori pretendono che vengano intrapresi «i passi appropriati per garantire la custodia» di Latorre e Girone, secondo il giornale The Hindu .
Il pm ha poi precisato: «Non sto dicendo che devono essere fisicamente presi in custodia», ma passare sotto la completa tutela della corte speciale del giudice Darmesh Sharma e venire alla sbarra. Fonti italiane a Delhi gettano acqua sul fuoco, ma gli indiani fanno sapere al Giornale che la Nia «vuole interrogare ancora i fucilieri di Marina». E non escludono ulteriori sviluppi. I marò non si sono presentati all’udienza di ieri e attraverso i loro legali hanno chiesto di venir esentati anche in futuro.
L’unico dato certo è che l’antiterrorismo non ha ancora consegnato il rapporto d’accusa. Staffan De Mistura, inviato speciale del governo, volato a Delhi, haprecisato che l’ulteriore rinvio «non è stato subito ma voluto dai nostri legali per l'esistenza di troppe zone grigie ed ambiguità da parte indiana».De Mistura ribadisce: «Non possiamo accettare di procedere senza un capo di accusa chiaro e la certezza che non venga evocata la legge sulla repressione della pirateria» che prevede la pena di morte. L’ex ministro degli Esteri Giulio Terzi ribadisce che il processo a Delhi «è illegittimo. Affidare la sorte dei nostri ragazzi all’India è profondamente sbagliato sia giuridicamente che politicamente». Secondo fonti indiane la Nia presenterà «l’atto d’accusa entro la fine del mese» e sarà pesante. I fucilieri di Marina, in servizio anti pirateria, sono accusati di aver ucciso due pescatori il 15 febbraio del 2012 al di fuori delle acque territoriali indiane.
L’aspetto paradossale è l’esempio che ci sta dando Delhi verso la superpotenza americana «colpevole» dell’arresto per qualche ora della console indiana a New York. Dopo immediate proteste e rappresaglie il governo indiano ha intimato ieri la chiusura di tutti gli esercizi commerciali e la palestra gestita da locali nel compound dell’ambasciata degli Stati Uniti. Non solo: le macchine con targa diplomatica americana potranno venir multate se violano le norme del traffico.
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26 marzo 2013 | Radio Città | intervento |
India
Caso marò: Terzi si dimette. Il ministro della Difesa no
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26 marzo 2013 | Radio24 | intervento |
India
I Marò rispediti in India
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12 marzo 2013 | Radio 24 - Melog | intervento |
India
I due Marò
La storia di Massimilianno Latorre e Salvatore Girone i fucilieri di Marina trattenuti in India per un anno con l'accusa di aver ucciso due pescatori scambiati per pirati. Sul Giornale.it è raccontata nell'e book "I NOSTRI MARO'", che ripercorre la vicenda attraverso documenti esclusivi, testimonianze, foto e video inediti. Un anno di sgarbi diplomatici, interpretazioni arbitrarie del diritto e umiliazioni, ma anche un anno di retroscena e di battaglie per riportarli a casa. Latorre e Girone restano in Italia, ma la storia non è finita. Ora è sotto tiro il nostro ambasciatore in india, Daniele Mancini, come rappresaglia per il mancato rientro a Delhi dei marò.
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