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Articolo
25 marzo 2013 - Esteri - India - Il Giornale
Marò, ora l’India ci deride “La linea dura ha pagato”

La linea dura ha piegato l'Italia è il senso dell'ennesima sberla verbale, che ci assesta il mini­stro della Difesa indiano, A.K. Antony. In riferimento al caso dei marò, il re­sponsabile politico delle Forze armate indiane ha dichiarato: «La questione è stata risolta, senza molti problemi, con il deciso atteggiamento assunto dalla Corte Suprema e il suo energico intervento». In pratica Antony ha sot­tolineato che è servito mostrare i mu­scoli mettendo sotto processo il no­stro ambasciatore a Delhi, Daniele Mancini, obbligandolo a non lasciare il Paese. Il vittorioso annuncio lo ha voluto fa­re, non a caso, a Trivandrum, la capita­le del Kerala, dove Massimiliano Lator­re e Salvatore Girone erano stati stati sbattuti in galera per tre mesi. Antony ha iniziato la sua carriera politica nel Kerala, ancora serbatoio di voti, che gli è servito come piattaforma di lancio verso la poltrona di ministro. Da nota­re che ci ha pure sbeffeggiati sostenen­do che l'Italia si è piegata «senza molti problemi». In realtà la Corte suprema è stata potentemente spalleggiata dall' esecutivo centrale, che ha fatto calare le braghe al gabinetto di Mario Monti. «Anche il governo- conferma Antony­ha lavorato sulla stessa lunghezza d'onda ottenendo che i marò tornasse­ro qui per essere sottoposti a proces­so ». Con una stoccata finale il ministro della Difesa indiano ha ricordato che le autorità di New Delhi hanno soste­nuto i sentimenti del governo del Kera­la, che dal 15 febbraio 2012 accusa i ma­rò di aver ucciso due pescatori indiani.
Speriamo che non continui a farlo as­secondando la richiesta del governato­re locale, che vuole il processo della Corte speciale contro Massimiliano Latorre Salvatore Girone nel suo stato.
Al di là delle dichiarazioni ufficiali in India siamo guardati con sospetto e considerati meno che zero per aver osato minacciare di non far tornare i marò, ma derisi dietro le quinte per il voltafaccia. Sui giornali locali si è parla­to di «piccola Italia» che sfida il gigante indiano e alla fine ne esce con la coda fra le gambe.
L'editorialista, Ram Jethmalani, sul
 Guardian , attacca un'intera paginata scrivendo che il governo indiano avrebbe dovuto rincarare ancora più la dose di fronte «alla perfidia e all'in­ganno » dell'Italia. Secondo il dotto esperto, l'India avrebbe dovuto «com­battere (l'Italia ndr ) in ogni forum e rompere immediatamente le relazio­ni diplomatiche». Il titolo del lungo commento non lascia dubbi: «L'Italia testa la pazienza dell'India». The Asian Age ci considera addirittura al di 
sotto dello Sri Lanka. In un articolo inti­tolato «Double standard» si sottolinea che con l'Italia la partita è vinta. Però il giornale si chiede come mai l'India non ha «usato lo stesso ze­lo » con lo Sri Lanka. La sua Marina milita­re quattro anni fa ha falciato ot­to pescatori in­diani,
 ma Colom­bo non ha calato le braghe. Alla Caporet­to asiatica si aggiunge un nuovo fronte, che in questo momento suona come l'ennesima beffa. Otto im­piegati indiani della nostra ambascia­ta a New Delhi hanno presentato una denuncia contro il governo italiano per «discriminazione» basata su razza e nazionalità. Il personale ci accusa di praticare una disparità di salario tra i locali e gli italiani che hanno le stesse mansioni. Una grana giudiziaria pres­so all'Alta corte di Delhi, che deve no­minare i giudici del tribunale speciale per i marò.
Latorre e Girone sono gli unici a ve­nirne fuori a testa alta. Con una faccia terribile ieri Latorre ha detto al Tg1: «Siamo militari, abbiamo le stellette. Sappiamo obbedire, nella buona e nel­la cattiva sorte».


[continua]

video
19 febbraio 2014 | Rai 1 mattina | reportage
Ennesimo rinvio per i marò. L'Italia richiama l'ambasciatore, ma non basta


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18 marzo 2013 | TG5 | reportage
Caso marò: documento esclusivo pubblicato dal Giornale
Il 15 marzo con la nota verbale 100/685, l’ambasciata italiana ricordava al “ministero degli Esteri indiano gli obblighi alla protezione dei diplomatici derivanti dalla Convenzione di Vienna”. Nella nota si chiede al governo di Delhi di “riassicurare che nessuna autorità indiana possa applicare misure restrittive alla libertà di Sua Eccellenza l’ambasciatore”. Alla fine si invita pure a garantire la “personale sicurezza” di Mancini e tutti i nostri diplomatici in India.

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08 gennaio 2014 | Vita in diretta | reportage
Il caso marò nella palude giudiziaria indiana
Gli indiani vogliono i marò al­la sbarra, forse per torchiarli, an­che se l’antiterrorismo non ha ancora presentato il volumino­so rapporto d’accusa contro Massimiliano Latorre e Salvato­re Girone. Il processo «speciale» ai fucilieri di Marina è partito ieri con un rinvio al 30 gennaio. Il pubblico ministero aggiunto, Siddharth Luthra, a nome della polizia antiterrorismo (Nia), vo­leva obbligare i marò a presen­tarsi in aula. Non solo: gli investi­gatori pretendono che vengano intrapresi «i passi appropriati per garantire la custodia» di La­torre e Girone, secondo il giorna­le The Hindu . Il pm ha poi precisato: «Non sto dicendo che devono essere fi­sicamente presi in custodia», ma passare sotto la completa tu­tela della cort­e speciale del giudi­ce Darmesh Sharma e venire al­la sbarra. Fonti italiane a Delhi gettano acqua sul fuoco, ma gli indiani fanno sapere al Giornale che la Nia «vuole interrogare an­cora i fucilieri di Marina». E non escludono ulteriori sviluppi. I marò non si sono presentati al­l’udienza di ieri e attraverso i lo­ro legali hanno chiesto di venir esentati anche in futuro. L’unico dato certo è che l’anti­te­rrorismo non ha ancora conse­gnato il rapporto d’accusa. Staf­fan De Mistura, inviato speciale del governo, volato a Delhi, haprecisato che l’ulteriore rinvio «non è stato subito ma voluto dai nostri legali per l'esistenza di troppe zone grigie ed ambiguità da parte indiana».De Mistura ri­badisce: «Non possiamo accetta­re di procedere senza un capo di accusa chiaro e la certezza che non venga evocata la legge sulla repressione della pirateria» che prevede la pena di morte. L’ex ministro degli Esteri Giulio Ter­zi ribadisce che il processo a Delhi «è illegittimo. Affidare la sorte dei nostri ragazzi all’India è profondamente sba­gliato sia giuridicamen­te che politicamente». Secondo fonti india­ne la Nia presenterà «l’at­to d’accusa entro la fine del mese» e sarà pesan­te. I fucilieri di Marina, in servizio anti pirateria, sono accusati di aver uc­ciso due pescatori il 15 febbraio del 2012 al di fuori delle acque territoriali indiane. L’aspetto paradossale è l’esempio che ci sta dando Delhi verso la superpotenza america­na «colpevole» dell’arresto per qualche ora della console india­na a New York. Dopo immediate proteste e rappresaglie il gover­no indiano ha intimato ieri la chiusura di tutti gli esercizi com­merciali e la palestra gestita da locali nel compound dell’amba­sciata degli Stati Uniti. Non solo: le macchine con targa diplomati­ca americana potranno venir multate se violano le norme del traffico.

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radio

26 marzo 2013 | Radio Città | intervento
India
Caso marò: Terzi si dimette. Il ministro della Difesa no


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26 marzo 2013 | Radio24 | intervento
India
I Marò rispediti in India


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12 marzo 2013 | Radio 24 - Melog | intervento
India
I due Marò
La storia di Massimilianno Latorre e Salvatore Girone i fucilieri di Marina trattenuti in India per un anno con l'accusa di aver ucciso due pescatori scambiati per pirati. Sul Giornale.it è raccontata nell'e book "I NOSTRI MARO'", che ripercorre la vicenda attraverso documenti esclusivi, testimonianze, foto e video inediti. Un anno di sgarbi diplomatici, interpretazioni arbitrarie del diritto e umiliazioni, ma anche un anno di retroscena e di battaglie per riportarli a casa. Latorre e Girone restano in Italia, ma la storia non è finita. Ora è sotto tiro il nostro ambasciatore in india, Daniele Mancini, come rappresaglia per il mancato rientro a Delhi dei marò.

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