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Articolo
07 aprile 2013 - Esteri - Siria - Il Giornale
Siria, i giornalisti scambiati per spie
I quattro giornalisti italiani inghiottiti dalla guerra civile in Siria, più che rapiti, sono stati fermati e interrogati da un grup­po­di estremisti islamici anti As­sad, che li sospettano di essere spie. «Probabilmente hanno fil­mato qualcosa che non doveva­no, ma li stanno trattando be­ne. Vogliono solo controllare tutto il materiale e verificare», spiega al Giornale Malih Fal­laha, italiano di origini siriane. Di solito abita a Bolzano, ma fi­no a venerdì era nel nord della Siria, nella zona di Idlib, dove sono stati «trattenuti» Amedeo Ricucci della Rai, il fotografo di guerra Elio Colavolpe, il docu­mentarista Andrea Vignali e la freelance italo-siriana Susan Dabbous.
Fallaha porta aiuti alle vitti­me della guerra civile dalla par­te dei ribelli: «Grazie al Syrian
 children relief ci occupiamo di 90 orfani. Bastano 50 euro al mese». Con lui, per documen­tare lo strazio della guerra, c'era Diego Artioli. Un fotogra­fo italian­o free lance che ha toc­cato con mano quanto sia peri­coloso il nord della Siria: «Ve­nerdì dopo la preghiera un col­po di cannone è andato a schiantarsi nell'edificio di fron­te, un altro a circa una trentina di metri ed il terzo direttamen­te sopra la nostra testa, sul tetto dell'edificio».
Non hanno incrociato i gior­nalisti italiani dispersi, ma l'ita­losiriano si è subito mobilitato con i suoi contatti nella guerri­glia. «Li hanno individuati vici­no a­l confine con la Turchia nel­la zona di Jisr al Shugour- spie­ga Fallaha - . I quattro giornali­sti stanno bene. Vogliamo fare il possibile per contattarli e ri­solvere la situazione». La solu­zione potrebbe essere immi­nente,
 forse già nella giornata di oggi o nel giro di 24 ore. Se co­sì non fosse la faccenda si com­plicherebbe.
Una fonte anonima dell'An­sa conferma che gli italiani «so­no stati fermati e non seque­strati » e che «presto verranno li­berati e accompagnati in Tur­chia ». La stessa fonte precisa che i ribelli stanno «effettuan­do degli accertamenti per veri­ficare che si tratti di giornalisti e non di spie».
Chi li trattiene fa parte del Ja­bath al Nusra, un efficiente gruppo guerrigliero salafita, che conta nei suoi ranghi com­battenti
 stranieri veterani del­la guerra santa internazionale. Non a caso sarebbe intervenu­to il Qatar, che tiene i cordoni della borsa dei gruppi più estre­misti. L'accordo è consegnare i giornalisti ad una fazione più moderata vicino all'Esercito di liberazione siriano e scortarli in territorio turco.
Il gruppo di Ricucci è entrato in Siria il 2 aprile da Guvecci partendo dalla città turca di An­tiochia. Di fronte avevano la ca­tena di Jabal Turkman, indica­ta nell'ultimo messaggio di Su­san Dabbous che collabora con il
 Foglio , Il Fatto , Avvenire .
L'area è sotto controllo dei ri­belli dopo aspri combattimen­ti andati avanti fino a gennaio. Nella zona sono stati segnalati campi di addestramento com­preso uno dei temibili ceceni, che combattono contro Assad. Tutte le testimonianze concor­dano: i giornalisti italiani han­no filmato «una postazione mi­litare » o qualcosa del genere, fa­cendo scattare i sospetti. Non sarebbero stati «venduti», ap­pena passato il confine, ma «fermati» come presunte spie ed interrogati. Giovedì 4 aprile è arrivata la loro ultima comu­nicazione via telefono: «Stia­mo bene, ma non possiamo parlare».
La Rai ha invocato il silenzio stampa con l'appoggio dei solo­ni del sindacato Usigrai. L'agenzia Adn Kronos, che tem­po fa non aveva dubbi a lancia­re la bufala della liberazione della cooperante Rossella Ur­ru, lo ha accolto. Sembra quasi che la pelle dei giornalisti valga più degli altri. Invece siamo proprio noi che dobbiamo met­tere nel conto disavventure del genere se vogliamo raccontare le guerre. In Siria, solo nel 2012, sono stati uccisi 28 reporter, al­tri 21 rapiti e 15 incarcerati.
 
[continua]

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14 febbraio 2019 | Porta a Porta | reportage
Parla il miliziano italiano che ha combattuto nell'Isis


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02 dicembre 2015 | Radio uno Tra poco in edicola | intervento
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Tensione fra Turchia e Russia
In collegamento con Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa. In studio conduce Stefano Mensurati.

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La guerra continua


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