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Articolo
07 maggio 2013 - Esteri - Siria - Il Giornale
L’inafferrabile fantasma delle armi chimiche
L'incubo delle armi chimi­che non aleggia solo sulla Siria, ma è apparso come uno spettro nelle guerre degli ultimi anni dall'Iraq di Saddam Hussein al­la Libia del colonnello Ghedda­fi. Servono a convincere l'opi­ni­one pubblica che un interven­to militare è inevitabile, ma qua­si sempre si rivelano armi fanta­sma.
L'ultima «bomba» sulle armi chimiche siriane l'ha lanciata Carla Del Ponte, ex procurato­re d'assalto, che fa parte della Commissione Onu incaricata di indagare sulle nefandezze della guerra civile in Siria. «I no­stri investigatori nei Paesi confi­nanti hanno intervistato vitti­me, medici e visitato ospedali da campo - ha dichiarato alla Tv della Svizzera italiana - . Se­condo il loro rapporto della scorsa settimana esistono forti e concreti sospetti, ma non an­cora prove incontrovertibili dell'utilizzo di gas sarin». La te­mibile arma sarebbe stata «usa­ta dai ribelli, non dai governati­vi ». Del Ponte ribalta la convin­zione generale che gli arsenali chimici, da anni in possesso del regime, possono venir usati so­lo dai «cattivoni».Dall'altra par­te della barricata dovrebbero esserci i «buoni», che mai utiliz­zerebbero le armi di distruzio­ne di massa. In realtà nessuno sa con certezza se e soprattutto chi abbia usato i gas. Il presiden­te siriano Bashar al Assad e i ri­belli che vogliono vederlo mor­to si sono accusati a vicenda di aver utilizzato armi di distruzio­ne di massa se­nza riuscire a por­tare alcuna prova definitiva. Gli attacchi fantasma sono tre e sa­rebbero avvenuti fra dicembre e marzo ad Aleppo, Homs e Da­masco, i fronti più caldi.
L'Onu ha in parte smentito il suo commissario Del Ponte so­stenendo che «non ci sono pro­ve conclusive in grado di deter­minare l'uso delle armi chimi­che, né dall'una né dall'altra parte». Lei replica: «Non ho niente da aggiungere. Vedre­mo il risultato delle inchieste» che sarà reso noto il 3 giugno.
Il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmus­sen, alimenta il mistero soste­nendo che «ha avuto indicazio­ne » dell'impiego di armi chimi­che, ma «non esistono prove consolidate né sulle circostan­ze, né su chi ne abbia fatto uso».
I russi, che spalleggiano Da­masco, mettono le mani avanti. Il portavoce del ministero degli Esteri, Aleksandr Lukashevich spiega che Mosca è «seriamen­te preoccupata dai segnali di
 preparazione dell'opinione pubblica mondiale per un pos­sibile intervento armato».
La Casa Bianca aveva giurato che la «linea rossa» per attacca­re in Siria era proprio l'uso di ar­mi chimiche, ma gli Stati Uniti sono già rimasti scottati dall' Iraq. Negli anni Ottanta Sad­dam Hussein ha usato i gas con­tro gli iraniani e i curdi. Dopo l'invasione del Kuwait, l'embar­go e le ispezioni dell'Onu han­no ridotto al lumicino gli arse­nali di distruzione iracheni. Per giustificare l'invasione il gene­rale Colin Powell era andato all' Onu mostrando una fialetta di antrace. Anni dopo si è pentito della sceneggiata e lo stesso pre­sidente George W. Bush ha am­messo «il fallimento dell'intelli­gence in Iraq». Gli apocalittici arsenali non sono mai stati usa­ti contro le forze d'invasione e neppure trovati.
Altre armi fantasma sono spuntate con Gheddafi, che du­rante l'attacco della Nato avreb­be nascosto nel deserto dieci tonnellate di iprite, il gas morta­le della prima guerra mondia­le. In realtà il Colonnello aveva già eliminato il grosso delle ar­mi chimiche in cambio della fi­ne dell'ostracismo internazio­nale, ma questo non servì a sal­vargli la pelle.

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08 settembre 2013 | Tg5 | reportage
La battaglia di Maalula perla cristiana
Fausto Biloslavo, appena arrivato in Siria si trova al centro degli scontri tra governanti e ribelli. Il video terribile ed il racconto della battaglia

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25 gennaio 2016 | Tg5 | reportage
In Siria con i russi
La guerra dei russi in Siria dura da 4 mesi. I piloti di Mosca hanno già compiuto 5700 missioni bombardando diecimila obiettivi. In queste immagini si vedono le bombe da 500 o 1000 chili sganciate sui bersagli che colpiscono l’obiettivo. Un carro armato della bandiere nere cerca di dileguarsi, ma viene centrato in pieno e prende fuoco. In Siria sono impegnati circa 4mila militari russi. La base aerea a 30 chilometri dalla città siriana di Latakia è sorvolata dagli elicotteri per evitare sorprese. Le bombe vengono agganciate sotto le ali a ritmo continuo. I piloti non parlano con i giornalisti, ma si fanno filmare con la visiera del casco abbassato per evitare rappresaglie dei terroristi. Il generale Igor Konashenkov parla chiaro: “Abbiamo strappato i denti ai terroristi infliggendo pesanti perdite - sostiene - Adesso dobbiamo compiere il prossimo passo: spezzare le reni alla bestia”. Per la guerra in Siria i russi hanno mobilitato una dozzina di navi come il cacciatorpediniere “Vice ammiraglio Kulakov”. Una dimostrazione di forza in appoggio all’offensiva aerea, che serve a scoraggiare potenziali interferenze occidentali. La nave da guerra garantisce la sicurezza del porto di Tartus, base di appoggio fin dai tempi dell’Urss. I soldati russi ci scortano nell’entroterra dilaniato dai combattimenti. Negli ultimi tre anni la cittadina era una roccaforte del Fronte al Nusra, la costola siriana di Al Qaida. Le bombe russe hanno permesso ai governativi, che stavano perdendo, di riguadagnare terreno. Sul fronte siriano i militari di Mosca usano il blindato italiano Lince. Lo stesso dei nostri soldati in missione in Afghanistan.

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19 marzo 2019 | Rai 1 Storie italiane | reportage
Ricordo di Lorenzo volontario con i curdi ucciso dall'Isis


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02 luglio 2015 | Radio24 | intervento
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La famiglia jihadista
"Cosa gradita per i fedeli!!! Dio è grande! Due dei mujaheddin hanno assassinato i fumettisti, quelli che hanno offeso il Profeta dell'Islam, in Francia. Preghiamo Dio di salvarli”. E’ uno dei messaggi intercettati sulla strage di Charlie Hebdo scritto da Maria Giulia Sergio arruolata in Siria nel Califfato. Da ieri, la prima Lady Jihad italiana, è ricercata per il reato di associazione con finalità di terrorismo internazionale. La procura di Milano ha richiesto dieci mandati di cattura per sgominare una cellula “familiare” dello Stato islamico sotto indagine da ottobre, come ha scritto ieri il Giornale, quando Maria Giulia è arrivata in Siria. Il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli ha spiegato, che si tratta della “prima indagine sullo Stato Islamico in Italia, tra le prime in Europa”.

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02 dicembre 2015 | Radio uno Tra poco in edicola | intervento
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Tensione fra Turchia e Russia
In collegamento con Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa. In studio conduce Stefano Mensurati.

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23 gennaio 2014 | Radio Città Futura | intervento
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