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Scenari mondo
07 agosto 2013 - Esteri - Egitto - Panorama
In Egitto s’avanza un generale che somiglia tanto a un faraone

Il generale Abdel Fattah al-Sisi, nuovo uomo forte egiziano, è sempre più spesso paragonato al padre della patria laico Gamal Abd al-Nasser. I suoi sostenitori stanno raccogliendo firme per candidarlo alla presidenza del paese sull’orlo della guerra civile. E gli islamici lo contestano, raffigurandolo con i paramenti dei faraoni. In realtà, il ministro della Difesa e vicepremier era considerato vicino ai Fratelli musulmani. Non a caso nel 2012, a soli 58 anni, era stato scelto dal presidente Mohamed Morsi per spazzare via la cricca dei generali di Hosni Mubarak. Ma un anno dopo, il 3 luglio scorso, lo scudiero si è trasformato in boia, destituendo il capo dello stato della Fratellanza. Gli scontri fra i sostenitori di Morsi, i militari e i manifestanti che appoggiano al-Sisi hanno già provocato almeno 125 morti (oltre il doppio secondo gli islamici). Piazza Tahrir, simbolo della rivoluzione contro Mubarak, è diventata la roccaforte del movimento Tamarod, che considera al-Sisi un idolo. Nei sobborghi del Cairo, attorno alla moschea di Rabaa al- Adawiya, si sono trincerati i Fratelli musulmani.

I gruppi liberali e il movimento giovanile 6 aprile (protagonisti della rivolta anti Mubarak), come pure i salafiti, si stanno organizzando come terza forza. «Mai dare carta bianca ai militari, non si sa contro chi rivolgeranno le armi» ha detto Mohammed Adel, fondatore del movimento 6 aprile. L’alleato americano critica il pugno di ferro al Cairo, benché lo stesso al-Sisi avesse frequentato nel 2006 il «war college» dell’esercito Usa. Washington finanzia i militari con 1,3 miliardi di dollari l’anno, ma il rischio di guerra civile l’ha spinta a rimandare la consegna di nuove armi, come quattro caccia F-16. Però le stellette egiziane sono anche una potenza economica: il maresciallo dell’aria Reda Hafez è ministro della Produzione militare e il budget per la Difesa supera i 5 miliardi di dollari. In tutto, gli affari dei militari rappresentano il 15 per cento dell’economia.

Se le città sono sull’orlo della guerra civile, nel Sinai già si combatte. Le formazioni armate filo Al Qaeda si sono organizzate con l’aiuto dei beduini contrabbandieri di armi e di clandestini. Un incubo per il confinante Israele, le località turistiche e il gasdotto verso la Giordania già oggetto di attentati. Nel caos, al-Sisi mobilita i manifestanti anti Morsi con l’incerta promessa di «libere elezioni democratiche entro i primi sei mesi del 2014». (Fausto Biloslavo)


video
21 agosto 2013 | Uno Mattina | reportage
I Fratelli musulmani piegati dalla piazza e dai militari
Sull'Egitto i grandi inviati sono rimasti infatuati dai Fratelli musulmani duramente repressi, ma gran parte degli egiziani non stava più con loro e non li considerava delle vittime

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23 febbraio 2016 | Porta a Porta | reportage
Il caso Regeni
Un video, denunce pubbliche dei pericoli per gli studenti in Egitto e scritti militanti mostrano un altro volto dei referenti accademici inglesi di Giulio Regeni. Non sono solo professori universitari, ma attivisti contro il regime egiziano oppure erano a conoscenza dei rischi della ricerca al Cairo dello studente friulano. Lo rivela il numero di Panorama in edicola con un titolo forte: “Le colpe dei docenti di Cambridge”.

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10 febbraio 2016 | Sky Tg24 | reportage
Il caso Regeni
I misteri di un'orribile moret al Cairo. I suoi supervisori dell'università di Cambridge lo avevano messo in guardia sui rischi che correva?

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radio

15 febbraio 2016 | Zapping Radio uno | intervento
Egitto
Misteri e sospetti sulla morte di Regeni
Ospedali Bombardati in Siria.Non si fermano i raid:Germano Dottori analista strategicoLuiss,Gastone Breccia esperto Medio Oriente,Loris De Filippi presidente MSF. I misteri ed i sospetti sulla morte di Regeni:Fausto Biloslavo.

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07 aprile 2016 | Zapping Rai Radio 1 | intervento
Egitto
Regeni: la pista inglese
Le referenti accademiche di Regeni sono protette da un insolito tabù mediatico e governativo. In realtà proprio il ruolo delle docenti di Cambridge potrebbe indirizzare verso il movente dell’orribile fine del giovane ricercatore. Maha Abdulrahaman, la sua tutor di origini egiziane, l’11 giugno dello scorso anno aveva tenuto una conferenza sui “Diritti umani in Egitto” a Cambridge nella sede di Amnesty international, che ha lanciato la campagna “verità per Giulio”. La conferenza denunciava le “forme di repressione contro giornalisti, studenti, attivisti, lavoratori e cittadini ordinari”. Pur conoscendo bene i pericoli ha controfirmato l’analisi del rischio presentata da Regeni all’università per poter andare al Cairo. La sua sodale, Alexander, ha storto il naso contro la “tardiva” presa di posizione britannica: “Quando un dottorando viene torturato ed ucciso i ministri sembrano riluttanti a dire qualcosa di critico sulle autorità egiziane”. In ottobre con Regeni al Cairo, grazie ai suoi contatti, la docente di Cambridge pubblicava un’analisi proponendo l’alleanza fra gli attivisti di sinistra ed i Fratelli musulmani “capace di farla finita con il regime del generale” Al Sisi, presidente egiziano. Il 25 ottobre firmava un appello contro la visita del capo dello stato egiziano a Londra, poi pubblicato su Ikhwanweb, il sito ufficiale dei Fratelli musulmani. Il 4 novembre con Regeni sempre in prima linea al Cairo arringava la piazza a Londra bollando Al Sisi come “un assassino” sollevando l’entusiasmo e lo sventolio delle bandiere della Fratellanza. Il tutto immortalato in un video, che non può essere sfuggito ai servizi inglesi ed egiziani. Alexander fin dal 2009 è in contatto con Maha Azzam, presidente dell’Egyptian Revolutionary Council, il governo ombra dell’opposizione ad Al Sisi con sede a Ginevra. La Farnesina non ha mai voluto commentare questa parte, inquietante ed ambigua, del caso Regeni, che potrebbe portare al movente del delitto.

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