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Intervista
21 agosto 2013 - Esteri - Egitto - Il Giornale
“Così l’Occidente trasforma Al Sisi in un eroe”
Wael Faruq, ospite d’onore del Meeting di Rimini è un docen­te musulmano di lingua araba al­l’università americana del Cairo, in visita alla Cattolica di Milano. Intellettuale e rivoluzionario del­la prima ora ha le idee chiare sui cambiamenti in Egitto.
L’arresto di Mohammed Ba­die, leader dei Fratelli musul­mani, fermerà le protesta?
«No. I Fratelli puntano sulla pressione internazionale sul­l’Egitto e non vogliono nuove ele­zioni per timore di ridare voce al popolo. Loro sanno che in un an­no di governo di Mohammed Morsi si sono inimicati la stra­grande maggioranza degli egizia­ni. Questa è la ragione che ci ha portati di nuovo in piazza contro il potere della Fratellanza».
Lei è musulmano. Come giudi­ca la reazione di piazza alla de­stituzione di Morsi? 
«I Fratelli musulmani hanno mostrato il loro fascismo religio­so. Se il tuo presidente viene co­stretto ad andarsene da milioni di egiziani non ti scateni contro gli edifici governativi e nella caccia ai cristiani o bruciando le chiese. Oggi c’è violenza in Egitto sia per mano dell’esercito, che da parte della Fratellanza, ma l’odio che l’ha provocato deriva dalle scelte di Morsi dell’ultimo anno».
Ottanta fra chiese, scuole ed istituti cristiani sono stati at­taccati. È una vendetta?
«È il frutto di una propaganda costante del partito Giustizia e li­bertà dei Fratelli musulmani. Pos­so elencare i nomi di chi in que­st’ultimo anno ha accusato i cri­stiani di cospirazione contro lo stato islamico. Ringrazio Dio che adesso sono fuori gioco». 
Non pensa che la repressione, con circa 1000 morti, sia stata terribilmente sanguinosa?
«Sono d’accordo, ma i soldati sono mal addestrati e si tratta in gran parte di ragazzi senza alcu­na istruzione. L’alto numero di vittime è stato provocato da que­ste carenze strutturali. Non so­stengo l’esercito, ma sono ferma­mente contrario al terrorismo e auspico nuove e libere elezioni che mostrino il vero volto del­l’Egitto ». 
Cosa pensa della possibile li­berazione dell’ex presidente Mubarak?
«È da due anni in prigione sen­za essere stato ancora condanna­to. Non può rimanere dietro le sbarre per sempre. Senza una pe­na il tribunale è obbligato a rila­sciarlo ». 
Dopo la morte in custodia del­la p­olizia di 36 attivisti dei Fra­telli musulmani, 24 agenti so­no stati «giustiziati» nel Sinai.
È lo spettro siriano che avan­za?
«Morsi ha fatto rilasciare centi­naia di terroristi. Il Sinai è fuori controllo, rifugio di Al Qaida. I Fr­a­telli musulmani propagandano il rischio della guerra civile, ma non penso sia realistico».
Come giudica la reazione del­l’Occidente e dell’Italia davan­ti agli ultimi avvenimenti? 
«Quando i Fratelli musulmani hanno preso il potere, molti in Eu­ropa pensavano che lo avrebbero tenuto per decenni e si sono di­menticati di noi. Ho conosciuto Emma Bonino, prima che diven­tasse ministro degli Esteri, quan­do er­a venuta al Cairo per difende­re i diritti delle donne egiziane.
 Le stesse donne hanno perso i loro diritti in un solo anno sotto Morsi. La signora Bonino, però, è rima­sta in silenzio. Perché? Non solo io, ma la maggioranza degli egizia­ni è profondamente sorpresa dal doppio standard dell’Unione Eu­ropea e degli Stati Uniti. Di fronte alle violazioni dei nostri diritti da parte di Morsi, la comunità inter­nazionale ci ha abbandonato. E adesso protesta per la rivolta con­tro i Fratelli musulmani».
Il generale Abdel Fattah Al Si­si, che ha destituito Morsi, sa­rà il prossimo Rais?
«Non sono un fan dei militari o di Al Sisi, ma chi l’ha trasformato in eroe? Le pressioni degli Usa e della Ue. E se verranno applicate sanzioni sarà punito il popolo egi­ziano, non i militari, ma Al Sisi ri­sulterà sempre più un eroe. L’Eu­ropa sta facendo esattamente l’opposto di quello in cui spera. Con la pressione sull’Egitto il ge­nerale diventerà un secondo Nas­ser democraticamente eletto». 
[continua]

video
23 febbraio 2016 | Porta a Porta | reportage
Il caso Regeni
Un video, denunce pubbliche dei pericoli per gli studenti in Egitto e scritti militanti mostrano un altro volto dei referenti accademici inglesi di Giulio Regeni. Non sono solo professori universitari, ma attivisti contro il regime egiziano oppure erano a conoscenza dei rischi della ricerca al Cairo dello studente friulano. Lo rivela il numero di Panorama in edicola con un titolo forte: “Le colpe dei docenti di Cambridge”.

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10 febbraio 2016 | Sky Tg24 | reportage
Il caso Regeni
I misteri di un'orribile moret al Cairo. I suoi supervisori dell'università di Cambridge lo avevano messo in guardia sui rischi che correva?

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21 agosto 2013 | Uno Mattina | reportage
I Fratelli musulmani piegati dalla piazza e dai militari
Sull'Egitto i grandi inviati sono rimasti infatuati dai Fratelli musulmani duramente repressi, ma gran parte degli egiziani non stava più con loro e non li considerava delle vittime

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[altri video]
radio

15 febbraio 2016 | Zapping Radio uno | intervento
Egitto
Misteri e sospetti sulla morte di Regeni
Ospedali Bombardati in Siria.Non si fermano i raid:Germano Dottori analista strategicoLuiss,Gastone Breccia esperto Medio Oriente,Loris De Filippi presidente MSF. I misteri ed i sospetti sulla morte di Regeni:Fausto Biloslavo.

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07 aprile 2016 | Zapping Rai Radio 1 | intervento
Egitto
Regeni: la pista inglese
Le referenti accademiche di Regeni sono protette da un insolito tabù mediatico e governativo. In realtà proprio il ruolo delle docenti di Cambridge potrebbe indirizzare verso il movente dell’orribile fine del giovane ricercatore. Maha Abdulrahaman, la sua tutor di origini egiziane, l’11 giugno dello scorso anno aveva tenuto una conferenza sui “Diritti umani in Egitto” a Cambridge nella sede di Amnesty international, che ha lanciato la campagna “verità per Giulio”. La conferenza denunciava le “forme di repressione contro giornalisti, studenti, attivisti, lavoratori e cittadini ordinari”. Pur conoscendo bene i pericoli ha controfirmato l’analisi del rischio presentata da Regeni all’università per poter andare al Cairo. La sua sodale, Alexander, ha storto il naso contro la “tardiva” presa di posizione britannica: “Quando un dottorando viene torturato ed ucciso i ministri sembrano riluttanti a dire qualcosa di critico sulle autorità egiziane”. In ottobre con Regeni al Cairo, grazie ai suoi contatti, la docente di Cambridge pubblicava un’analisi proponendo l’alleanza fra gli attivisti di sinistra ed i Fratelli musulmani “capace di farla finita con il regime del generale” Al Sisi, presidente egiziano. Il 25 ottobre firmava un appello contro la visita del capo dello stato egiziano a Londra, poi pubblicato su Ikhwanweb, il sito ufficiale dei Fratelli musulmani. Il 4 novembre con Regeni sempre in prima linea al Cairo arringava la piazza a Londra bollando Al Sisi come “un assassino” sollevando l’entusiasmo e lo sventolio delle bandiere della Fratellanza. Il tutto immortalato in un video, che non può essere sfuggito ai servizi inglesi ed egiziani. Alexander fin dal 2009 è in contatto con Maha Azzam, presidente dell’Egyptian Revolutionary Council, il governo ombra dell’opposizione ad Al Sisi con sede a Ginevra. La Farnesina non ha mai voluto commentare questa parte, inquietante ed ambigua, del caso Regeni, che potrebbe portare al movente del delitto.

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