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Articolo
22 gennaio 2014 - Esteri - Siria - Il Giornale
Milizie cristiane in campo in Siria
Una croce tatuata sul braccio e kalashnikov a tracolla sono il simbolo dei cristiani che in Siria si difendono, armi in pugno. Da una parte e dall’altra della guerra civile hanno un nemico comune: gli estremisti islamici ispirati da Al Qaida, che vogliono far nasce­re un Cal­iffato e cancellare la pre­senza millenaria di Cristo. Lo scorso anno, nella provin­cia nord orientale siriana di Al Ha­sakah, controllata in gran parte dai ribelli, è na­to il Sutoro, una milizia che prende il nome da un’antica pre­ghiera in ara­maico, la lin­gua parlata da Gesù. Si op­pongono agli estremisti di Al Qaida, ma pu­re ai governati­vi.
Non solo: dall’Europa so­no partiti per la Siria dei volontari cristiani pronti a combattere per proteggere le loro comunità a ri­schio di estinzione. Una ventina di giovani con il passaporto tede­sco, svizzero o svedese di origini cristiane siriache. Uno di loro, Johan Cosar, ex sergente del­l’esercito elvetico, che parla per­fettamente italiano, viveva a Lo­carno, nel Canton Ticino. Ufficial­mente si trova in Siria da oltre un anno per documentare le soffe­renze dei cristiani, ma in realtà ha addestrato le reclute del Sutoro. Anche dall’Italia ci sarebbero dei volontari pronti a partire.
Nella caserma di Qamishli, nel nord della Siria, i giovani milizia­ni sfilano sotto la bandiera bian­ca con l’aquila ed una croce rossa in mezzo, che ricorda una stella. Un ragazzo tarchiato, in maglio­ne nero e capelli a spazzola osten­ta il crocefisso attorno al collo. «In Medio Oriente abbiamo già patito due genocidi e quello in Si­ria potrebbe essere il terzo. Euro­pei ed americani non ci aiutano. Basta scappare. Le nostre comu­ni­tà si sono organizzate per difen­dersi e combattere contro gli estremisti di Al Qaida» spiega La­dhu
 Obil. Da Bruxelles guida l’Unione europea siriaca,il cartel­lo formato da una dozzina di asso­ciazioni dei cristiani emigrati in Europa dal Medio Oriente. Da po­co più di un mese il Sutoro com­batte assieme ai curdi contro i ri­belli islamici, che vogliono appli­care la sharia talebana e spazzar via le formazioni più moderate.
BesimAtbalgimdelCentrocul­turale mesopotamico di Locarno conferma che «una decina, forse una ventina di giovani»partiti dal­l’Europa «stanno difendendo il
 popolo cristiano in Siria. Quan­do torneranno a casa non voglia­mo che vengano trattati come mercenari».
I cristiani in armi volevano par­tecipare a Ginevra 2, la conferen­za di pace sulla Siria, ma l’Onu ha fatto orecchie da mercante. Da oggi a Montreux si incontreran­no i governativi di Assad e i ribelli più moderati assieme a Russia, Stati Uniti e gli amici del Paese tra­volto da tre anni di sanguinosa guerra civile, come l’Italia. L’obiettivo è pattuire tregue loca­li
 e aprire corridoi umanitari per arrivare in futuro ad un governo di transizione e a libere elezioni.
Sul terreno si contano oltre 130mila morti e 2 milioni e mez­zo di profughi scappati della Si­ria, compresi 200mila cristiani. I vescovi siriani sono contrari al­l’uso delle armi, ma diverse co­munità stanno combattendo per sopravvivere. Gli armeni hanno imbracciato per primi il kalash­nikov ad Aleppo. Sul fronte gover­nativo della barricata a Saidnaya, non lontana da Damasco, la mili­zia locale è composta da cristiani.
«Fai il segno della croce e non ti accadrà nulla. La Madonna ci protegge» sussurrava un milizia­no con il rosario al collo e kalash­nikov
 a tracolla all’ingresso di Maalula, la piccola perla dove si parlaancoral’aramaico,attacca­ta lo scorso settembre dai ribelli fi­loqaidisti.
In Siria vivevano due milioni di cristiani, prima del conflitto. Ai funerali delle vittime della guerra civile, nel fumo dell’in­censo, le donne in nero alzano un cartello scritto in rosso san­gue: «Dio benedica la Siria».
(ha collaborato Romano Bianchi) 
[continua]

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