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01 maggio 2014 - Esteri - Iraq - Il Giornale
L’Irak alla prova di maturità Primo voto senza americani
Le prime elezioni parlamen­tari in Iraq dopo il ritiro delle truppe americane nel 2011 si so­no svolte con successo, nono­stante gli attacchi dei terroristi legati ad Al Qaida. Una prova di maturità in un Paese scosso da una nuova ondata di violenze scaturita dall’atavico braccio di ferro fra sciiti e sunniti.
Ieri 20 milioni di iracheni so­no stati chiamati alle urne per scegliere fra oltre 9mila candi­dati i 328 parlamentari dell’as­semblea
 na­zionale, che eleggerà il pri­mo ministro ed il presiden­te. Nelle urne si sfidavano 39 coalizioni, ma il favorito è il blocco «Stato di dirit­to », che sostie­ne il premier uscente Nouri al Maliki appoggiato sia dagli Usa che dall’Iran.
«La nostra vittoria è certa, ma aspettiamo di vedere di che mi­sura », ha affermato Maliki do­po aver votato. Il premier sciita al suo secondo mandato ha invi­tato gl­i iracheni a recarsi in mas­sa alle urne «per mandare un se­gnale di deterrenza, uno schiaf­fo in faccia ai terroristi». L’af­fluenza è stata soddisfacente nonostante una serie di attenta­ti abbiano provocato 17 morti. Nella provincia sunnita di An­bar, al confine con la Siria, so­prattutto a Falluja ed in parte a Ramadi i seggi sono rimasti chiusi. Dallo scorso dicembre le tribù sunnite locali si sono al­leate con­al Qaida contro il pote­re sciita a Bagdad. Questo mese in Iraq sono morte oltre 500 per­so­ne per attentati e violenze set­tarie
 e dall’inizio dell’anno 2700.
La rivolta sunnita nella pro­vincia di Anbar è alimentata dal­la guerra in Siria. Le frange estreme della ribellione contro
 Damasco considerano i due pa­esi un solo terreno di battaglia dove fondare un Califfato se­condo l’ideologia di Al Qaida. Non solo:L’Arabia Saudita pre­occupata per il rischio di venir spodestata dall’aumento della produzione petrolifera del­l’Iraq governato dagli sciiti, sta alimentando sotto banco l’in­sorgenza sunnita.
La minaccia del terrore non ha impedito al Paese di andare alle urne. Il segretario di stato
 americano, John Kerry, ha elo­giato «il coraggio» di milioni di elettori. Washington sta accele­rando la consegna a Bagdad di 36 caccia F-16, 24 elicotteri Apa­che e 500 missili Hellfire per fronteggiare Al Qaida.
La lotta al terrorismo è stata uno dei cavalli di battaglia della campagna elettorale del pre­mier uscente Maliki. In realtà le indiscrezioni sul voto di poli­ziotti e militari, che si è tenuto lunedì, indicano che il capo del governo non ha ottenuto un buon risultato. Maliki è accusa­to di aver marginalizzato i sun­niti p­rovocando l’insana allean­za fra tribù e terroristi nella pro­vincia di Anbar. Adesso propo­ne una grande coalizione aper­ta «ad arabi, curdi, turcoman­ni, musulmani, cristiani, a pat­to che credono nell’unità del­l’Iraq ».
La coalizione del primo mini­stro non teme il fronte sunnita, che si è presentato alle urne più diviso che mai. La spina nel fian­co­è la crescita di nuove compa­gini sciite,
 che riusciranno a ro­sicch­iare la maggioranza al pre­mier uscente. In ogni caso il go­verno sarà di coalizione ed i tempi per formarlo lunghi e tri­bolati. L’alleanza politica sciita al Muaten (il cittadino) guidata da Ammar al Hakim potrebbe aggiudicarsi la guida del prossi­mo esecutivo. L’ago della bilan­cia è rappresentato più che mai dai curdi, che vivono nei loro territori al Nord in una specie di altro Iraq, polo di attrazione per gli investimenti stranieri. Il nodo da sciogliere sarà lo sfrut­tamento del petrolio e l’esporta­zione che i curdi gestiscono da 
soli.
 
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