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Reportage
05 maggio 2014 - Esteri - Ucraina - Il Giornale
La “capitale” ribelle assediata “Siamo russi, non terroristi”
Iblindati ucraini sbarrano la strada all’altezza di una gran­de croce bianca. I soldati in assetto da combattimento ti fan­no passare, ma guai a fotografar­li. Le truppe di Kiev stanno cir­condando Slaviansk, la roccafor­te filorussa dove si è combattuto duramente. Nelle ultime ore non si spara, ma la strada da Do­netsk, l’epicentro della rivolta se­paratista, è un percorso di guer­ra. Posti di blocco travolti dai blindati, che ancora bruciano ed un camion verde messo da tra­verso, ma con la parte posteriore divelta probabilmente da una cannonata. Dopo l’avanguardia ucraina alle porte di Slaviansk per un pa­io di chilometri è terra di nessu­no­fino a delle barricate che sem­brano abbandonate. Ad un trat­to saltano fuori le vedette filorus­se: «Davai, davai, passate in fret­ta ».
Sul ponte che segna l’ingresso della città ed era l’obiettivo del­l’avanzata dei reparti di Kiev
sventola la bandiera della repub­blica di Donetsk, che sogna l’in­dipendenza sulla falsariga della Crimea. La città di 130mila ani­me sembra fantasma, a parte dei gruppetti di civili che escono per trovare generi di prima necessi­tà o godersi la tregua e il sole pri­maverile.
Le arterie principali sono bloc­cate da barricate non solo con sacchetti di sabbia e copertoni. Su un vialone hanno abbattuto pure i grossi alberi laterali per ostacolare i blindati.
In centro l’ex sede dei servizi segreti è presidiata da miliziani armati, mascherati e con il na­stro di San Giorgio sulle mimeti­che, simbolo dei filorussi. Alle spalle non hanno solo una vec­chia mitragliatrice cimelio del­l’-Armata rossa durante al secon­da guerra mondiale,
 ma pure un possente blindato.
«Non vogliono che teniamo il referendum sul nostro futuro? Allora abbiamo imparato la stes­sa lingua
 di Kiev, quella della pi­stola, per difendere il nostro terri­torio » dichiara decisa Stella Ko­rosheva davanti ai sacchetti di sabbia. Portavoce della cittadi­na ribelle, è una fan di Silvio Ber­lusconi. «La vita è più forte della guerra, ma se fosse necessario anche noi donne siamo pronte a fare da scudi umani sulle barrica­te » sostiene la pasionaria filorus­sa.
L’ingresso del municipio è tap­pato da un muro di sacchetti di sabbia con miliziani sempre al­lerta dietro le feritoie. Ai piani su­periori vive in ufficio Viaceslav Ponomariev, autoproclamato sindaco di Slaviansk. Bandiera della nuova repubblica con l’aquila a due teste sul tavolo,ico­na di San Nicola alle spalle e pi­stola nella fondina sotto l’ascella ci accoglie annunciando vitto­ria. «Non siamo né aggressori,
 né terroristi- spiega il capo ribel­le - . Facciamo il referendum e cacciamo i fascisti. Se non lo capi­scono andremo avanti fino a Kiev e ci fermeremo alla frontie­ra con la Polonia».
Alcuni miliziani filorussi, che
 sfrecciano in van, sono equipag­giati con armi a spalla anti-tank. Altri sembrano fai da te, come un volontario di guardia ad una bar­ricata con un fucile di precisione preso in prestito dalla caccia.
Fra la gente non tutti stanno dalla loro parte. Ivan, il figlio del­la portavoce, non ha intenzione
 di combattere.«Sono per l’Ucrai­na unita e vorrei che la soluzione fosse politica e non armata. Gli studenti di Kiev, a Maidan, ave­vano ragione a battersi contro la corruzione - sostiene il giovane -.E molti coetanei nell’Est la pen­sano come me ».
Il governo ucraino ha inviato nuovi elicotteri e mezzi corazza­ti di rinforzo per proseguire l’of­fensiva. Al momento le truppe sembrano segnare il passo. Si è sparato a Lugansk, ancora più ad est e Mariupol a sud, ma il ri­schio è che lo spettro della guer­ra civile si allarghi a macchia d’olio. Non a caso Papa France­sco ha lanciato un accorato ap­pello per evitare che l’Ucraina piombi nel baratro.
Ieri a Odessa, la grande città tu­ristica e cosmopolita, duemila manifestanti antigovernativi hanno preso d’assalto la centra­le di polizia ottenendo la libera­zione di 67 compagni. Li aveva­no arrestati il 2 maggio dopo la mattanza di filorussi provocata dagli scontri con gli ultra nazio­nalisti
 ucraini. A Donetsk i miliziani che guar­dano a Mosca hanno occupato nella serata di sabato la sede dei servizi segreti svuotando l’arse­nale. Sull’ingresso mezzo di­strutto campeggia una scritta con lo spray rosso: «Non perdo­neremo la strage di Odessa». 
[continua]

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