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Reportage
11 maggio 2014 - Esteri - Ucraina - Il Giornale
Un referendum poco libero per dire addio a Kiev
Donetsk Nella fetta ribelle e filo russa dell’Ucraina orientale si tiene il referen­dum più pazzo del mondo. Le regioni di Donetsk e Lugansk con 7,3 milioni di abitanti hanno proclamato, armi in pu­gno, un voto sull’«autogoverno». L’ar­dito sogno di un’indipendenza del Donbass,l’area mineraria ed industria­le dell’Ucraina vicina a Mosca, che nes­suno riconoscerà.
Oggi si va alle urne improvvisate (1527 seggi in 53 circoscrizioni) in un clima da guerra civile alle porte. L’ulti­ma battaglia di venerdì fra filorussi e guardia nazionale ucraina a Mariupol, la seconda città della regione di Do­netsk, ha visto testimone anche un ita­liano, Uber Pomini. «Sono arrivato in Ucraina 8 mesi fa a vivere in pace e sere­nità, perché la mia pensione in Italia non basta. E ho trovato la guerra civile» racconta al Giornale il connazionale di Verona.
Il capo dell’autoproclamata Repub­blica Popolare di Donetsk, Denis Pushi­lin, ha annunciato che il referendum si terrà «nel 90 per cento delle città della regione». Gli elenchi dei votanti sono vecchi di almeno due anni e gli organiz­zatori
 del referendum hanno preso possesso dei seggi previsti per le elezio­ni presidenziali del 25 maggio. Il quesi­to referendario prevede solo un sì o no all’«autogoverno» della Repubblica di Donetsk e di quella di Lugansk. Nessu­na annessione alla Russia o possibilità di scegliere chiaramente l’integrità ter­ritoriale ucraina. L’obiettivo degli orga­nizzatori è accontentare tutte le anime dei filorussi.Solo un 20%vuole l’annes­sione a Mosca, come è successo in Crimea. Gran parte della popolazione del Donbass, che non ama Kiev, si ac­contenta del federalismo.
Il problema vero è che nessuno sa quanta gente andrà a votare. Ovvia­mente non è prevista una soglia mini­ma per la validità. E sicuramente le ur­ne saranno boicottate da chi vuole
 un’Ucraina unita.
I seggi aprono alle 8 fino alle 22, ma ol­tre agli inevitabili timori di brogli le ur­ne con i voti dovranno arrivare a Do­netsk e Lugansk, i capoluoghi, lungo strade piene di posti di blocco sia dei fi­lo russi, che delle truppe ucraine.
Osservatori internazionali indipen­denti non sono stati
 invitati e le intimi­dazioni si sprecano. Venerdì, a Do­netsk, per la festa della vittoria sovieti­ca della seconda guerra mondiale, il di­rettore della banda ha osato intonare l’inno ucraino.Due energumeni in mi­metica l’hanno malmenato e fatto scappare urlandogli «provocatore». La notte di venerdì sono stati sequestrati sette volontari della Croce rossa, com­preso un francese, per la fobia delle spie. Ieri li hanno rilasciati, ma uno è stato picchiato di brutto e si trova al­l’ospedale.
La guardia nazionale ha abbandona­to la grande città di Mariupol in mano ad un’armata Brancaleone difilorussi. La caserma delle truppe di Kiev è stata saccheggiata, il municipio dato alle fiamme ed i filorussi sono riusciti a far esplodere il blindato ucraino che ave­vano catturato per un’incendio fortui­to.
Il bilancio dei morti degli scontri è sta­to ridimensionato a 7 e 39 feriti, ma lo steso ministro dell’Interno di Kiev ha parlato di 21 e sul sito della città è salta­ta fuori la cifra di 46 vittime. «Sotto casa mia ho visto i separatisti prendere brac­ciate di kalashnikov da un deposito e metterli nel baule di una macchina, pri­ma dell’inizio degli scontri» racconta Pomini,l’italiano di Mariupol.«Davan­ti al teatro i manifestanti cadevano co­me birilli colpiti dalla guardia naziona­le, ma per me sono stati i cecchini filo­russi a sparare per primi ed attaccare la stazione di polizia» dichiara il pensio­nato veronese, che avrebbe visto «una quindicina di cadaveri».
In città starebbero arrivando tre ca­mion di armi dalla milizia del Donbass.
Per l’italiano di Mariupol«siamo all’ini­zio della guerra civile e andrà a finire molto male».
 
[continua]

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In Crimea ultimatum dei russi alle basi ucraine


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Piazza Maidan, l'Ucraina e le mille facce della rivolta contro il regime del presidente Viktor Yanukovich.

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20 luglio 2014 | Russia 1 | reportage
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La guerra civile in Ucraina sempre più sanguinosa e dimenticata schiera in prima linea un reparto fedele a Kiev, che arruola volontari europei provenienti da Italia, Svezia, Finlandia, paesi Baltici e Francia. Il battaglione Azov, accusato di simpatie naziste, sta combattendo con i suoi 250 uomini sul fronte orientale dell'Ucraina contro i ribelli filo russi. Una dozzina di volontari stranieri, che giurano di non venir pagati, hanno già prestato giuramento. Altri 24 stanno arrivando e su Facebook, il veterano francese della guerra in Croazia, Gaston Besson, ha lanciato da Kiev un appello all'arruolamento. Per giorni abbiamo seguito dalla base di Berdyansk, nell'est del paese, il battaglione Azov, che è sotto il controllo del ministero dell'Interno. Fra i volontari europei, l'italiano Francesco F. ha lasciato la vita da manager per combattere al fianco degli ucraini contro i ribelli filo russi. Il cecchino svedese, Mikael Skillt, uno dei pochi a parlare a viso scoperto, ha una taglia dei separatisti sulla testa. E fra loro c'è pure un russo che vorrebbe abbattere il governo di Mosca. Per il colore della divisa e la provenienza dall'estrema destra ucraina ed europea sono conosciuti come "gli uomini neri".

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I rapporti con Mosca, la crisi economica, la secessione del Donbas e lo spettro della guerra civile sempre più sanguinosa.

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