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Reportage
08 maggio 2014 - Prima - Ucraina - Corriere del Ticino
“Come accettare un governo che ci considera terroristi”

«Welcome toDonbass». Il miliziani filorusso mascherato, in mimetica, giubbotto antiproiettile e dito sul grilletto ci dà il benvenuto ad uno dei tanti posti di blocco nell’Ucraina dell’Est, che vuole staccarsi da Kiev. Non è ancora la carneficina della Bosnia,mala guerra civile del Donbass rischia una sanguinosa escalation. E maggio sarà un mese di passione. Domani l’anniversario della vittoria sovietica nella seconda guerra mondiale potrebbe provocare nuove violenze in grandi città come Kiev, Odessa e Kharkiv, dove sono state negate le tradizionali parate. Domenica i filorussi vogliono tenere a tutti costi un referendum sull’indipendenza della Repubblica di Donetsk, che occupa una bella fetta dell’Ucraina sud-orientale. Il voto è stato bollato come «una farsa» da Washington. Il 25 maggio si terranno le presidenziali, ma nel Donbass i governativi difficilmente riusciranno ad aprire i seggi. Mosca,madrina dei filorussi, ha definito il ricorso alle urne «bizzarro» con l’operazione antiseparatisti dell’esercito ucraino in corso nell’Est. 

DONETSK -  I blindati di Kiev, davanti ad una grande croce bianca, sono piazzati a due chilometri da Sloviansk, una cittadina di 130 mila abitanti, in mano alla milizia del Donbass. Nidi di mitragliatrice e cecchini si intravedono mimetizzati nella boscaglia su un lato della strada. I soldatini di Kiev sono giovani, ma decisi. Le poche macchine che passano vengono controllate con la pistola in pugno ed il cannoncino di un blindato puntato contro. La strada principale che porta a Sloviansk è sbarrata da blocchi di cemento, prima di un ponte strategico ancora in mano ai filorussi. Il centro è disseminato di barricate e hanno abbattuto anche gli alberi secolari di un viale per fermare i blindati. 

I volontari con la pancetta 

I miliziani sono dappertutto, armati fino ai denti e con il volto mascherato per non farsi riconoscere. Con i giornalisti occidentali i termini più gettonati sono «pravda» (verità), che secondo loro non raccontiamo e «provocazia», vera o presunta. Alcuni gruppi sembrano organizzati come unità militari e composti da gente ben addestrata con armi antitank. Altri sono volontari civili con la pancetta armati di bastoni o fucili da caccia. Nonostante le smentite di Mosca non è escluso che ci siano agenti russi infiltrati. Molti miliziani sono ex militari, poliziotti dei Berkut, i corpi speciali sciolti dal nuovo Governo di Kiev o veterani ucraini che hanno partecipato all’invasione sovietica dell’Afghanistan. 

«Mi hanno sparato al distributore» 

Ad Andrievka, un sobborgo della città, corre il fronte più caldo. Si è combattuto anche ieri all’alba,magli ucraini ancora non sfondano. La prima linea è una fila abbandonata di vagoni merci bucherellati da razzi e proiettili. Il casello ferroviario è stato trasformato in avamposto, dove i miliziani preparano il tè e le bottiglie molotov. Lo scontro più duro di lunedì ha provocato almeno 8 morti e 16 feriti. Ruslan, uno dei civili, colpito da un proiettile al braccio destro, è appena stato operato nell’ospedale di Sloviansk. «Ero in macchina quando un razzo ha centrato il distributore facendo esplodere la benzina – racconta dolorante –. Sono corso via per scappare quando, non so chi,mi ha sparato». Alexander Serghievic è il medico di turno. Baffi grigi e camice verde schizzato di sangue è il primo, da queste parti, che difende «un’Ucraina libera ed unita. Il federalismo può essere una soluzione, ma non con la Russia». Il coraggioso medico rincara la dose:«È una guerra e dicono che dobbiamo difenderci, ma non credo che ci sia alcuna ragione per imbracciare le armi. Qual è la vera minaccia?». Donetsk è la «capitale» della rivolta dei secessionisti, che hanno conquistato armi in pugno il palazzo del governatore circondandolo con le barricate, il Municipio, la procura e la sede dei servizi segreti. La polizia si è schierata con i filorussi. Le sedi dei partiti di Governo a Kiev sono chiuse e chi si oppone alla creazione della Repubblica indipendente viene minacciato. «Qualcuno vuole combattere, ma molti hanno paura. È come vivere sotto un’occupazione banditesca. L’esercito dovrebbe intervenire con maggior forza. La propaganda del Cremlino attraverso i canali Tv russi ha fatto il lavaggio del cervello alla gente», spiega Ghennadi, che ci chiede di non scrivere il cognome. L’incontro avviene in un parco attraverso una sostenitrice del partito Patria, di Yulia Tymoshenko, candidata alle presidenziali. 

Le «Forze patriottiche» 

I governativi si sono riuniti nelle «Forze patriottiche del Donbass», che rischiano la semi clandestinità. Ghennadi è convinto che la rivolta armata sia finanziata da Rinat Akhmetov, l’uomo più ricco del Paese che la faceva da padrone ai tempi del presidente deposto Viktor Yanukovich fuggito in Russia. «L’oligarca vuole trattare con Kiev dicendo: Trovo io una soluzione negoziale se non toccate i miei affari e privilegi. Prima, però, ci sarà un’escalation in vista delle elezioni presidenziali», sostiene Ghennadi. 

Al funerale della ragazza 

La guerra civile, per ora a bassa intensità, sta spazzando anche Kramatorsk, dove erano sbarcate all’aeroporto militare le avanguardie ucraine. Yulia Izotova aveva solo 21 anni e stava coronando il suo sogno di diventare infermiera. Il 2 maggio, quando è iniziato l’assedio di Slaviansk, andava ad un posto di blocco dei filorussi per soccorrere i feriti. A Kramatorsk la bara con il corpo della giovane viene portato a spalla per le vie del centro con una folla silenziosa che la segue. I rintocchi delle campane a morto salutano il corteo. «L’hanno ammazzata con una raffica di un blindato di Kiev contro la sua macchina – racconta commosso Maxim –. Come possiamo accettare un Governo che spara ai civili e ci considera terroristi? Con questa Ucraina non voglio più avere a che fare. L’unica strada è la secessione ». Davanti al corteo funebre innalzano una croce degli ortodossi in legno ed una foto di Yulia, che era una bella ragazza mora con i capelli a caschetto. A Kramatorsk i miliziani del Donbass hanno occupato il Municipio, dove monta la guardia un manipolo di armati, compresi dei cosacchi. Gli incroci principali sono presidiati da ragazzotti filorussi mascherati, nervosi ed armati di pistole o coltelli. Il comandante della guardia al Municipio non vuole dirci il suo nome, ma viene da Nikolayev vicino ad Odessa, la grande città cosmopolita del sud dove si stanno espandendo le violenze. All’inizio non vuole saperne dei giornalisti, ma poi ci fa entrare superando le barricate per portarci nei sotterranei dove hanno ricavato la mensa ed un’infermeria da campo. 

Scudi umani volontari   

Irina è una bella ragazza, cuoca volontaria: «Aiuto i nostri ragazzi preparando da mangiare. Non riceviamo soldi. Ed è falso che i combattenti vengono pagati 500 dollari al giorno». Jaroslav ha un camice bianco senza maniche con una croce rossa sul cuore ed una mascherina verde. «Sono pronto a prestare il primo soccorso ai feriti, che grazie a Dio non ci sono ancora», spiega il giovane infermiere. Il comandante della milizia filorussa racconta che i blindati ucraini erano entrati in città, «ma la gente li ha bloccati in strada, senza armi. Una parte della popolazione se ne frega, ma il resto sta con noi. Davanti al loro coraggio mi inchino». La tattica dei civili, scudi umani volontari, ha messo i bastoni fra le ruote all’offensiva dell’esercito di Kiev. I militari non vogliono usare le armi pesanti nelle città per evitare un bagno di sangue, che potrebbe provocare l’intervento di 40 mila soldati russi dispiegati oltre confine. Al Municipio occupato di Kramatorsk si presenta Alexander, un uomo di mezza età, tozzo e pelato, con una vistosa cicatrice sul volto. Lo accompagna la moglie per salutarlo. «Mi arruolo nella milizia – spiega –, da giovane ho combattuto in Afghanistan e sono rimasto ferito in un’imboscata a Kandahar. Un tempo eravamo uniti: ucraini, russi, georgiani, spalla a spalla. Adesso è tutto finito».   



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07 marzo 2014 | TG5 | reportage
In Crimea arrivano i volontari serbi
SEBASTOPOLI - Folti barboni, mimetiche, coltellacci alla cintola e sulla spalla il teschio con le tibie incrociate, simbolo del sacrificio in nome del popolo slavo. Si presenta così una ventina di cetnici, i paramilitari serbi, arrivati in Crimea per dare man forte ai filo russi. Non è stato facile trovare l’avanguardia dei “lupi” come vengono chiamati i volontari giunti dalla Serbia.

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20 luglio 2014 | Russia 1 | reportage
Gli uomini neri
La guerra civile in Ucraina sempre più sanguinosa e dimenticata schiera in prima linea un reparto fedele a Kiev, che arruola volontari europei provenienti da Italia, Svezia, Finlandia, paesi Baltici e Francia. Il battaglione Azov, accusato di simpatie naziste, sta combattendo con i suoi 250 uomini sul fronte orientale dell'Ucraina contro i ribelli filo russi. Una dozzina di volontari stranieri, che giurano di non venir pagati, hanno già prestato giuramento. Altri 24 stanno arrivando e su Facebook, il veterano francese della guerra in Croazia, Gaston Besson, ha lanciato da Kiev un appello all'arruolamento. Per giorni abbiamo seguito dalla base di Berdyansk, nell'est del paese, il battaglione Azov, che è sotto il controllo del ministero dell'Interno. Fra i volontari europei, l'italiano Francesco F. ha lasciato la vita da manager per combattere al fianco degli ucraini contro i ribelli filo russi. Il cecchino svedese, Mikael Skillt, uno dei pochi a parlare a viso scoperto, ha una taglia dei separatisti sulla testa. E fra loro c'è pure un russo che vorrebbe abbattere il governo di Mosca. Per il colore della divisa e la provenienza dall'estrema destra ucraina ed europea sono conosciuti come "gli uomini neri".

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14 marzo 2014 | TG5 | reportage
Gli italiani di Crimea
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27 marzo 2014 | La notte di radio uno | intervento
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Crimea, i trenta giorni che sconvolsero l'Europa


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26 maggio 2014 | RadioVaticana | intervento
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Il nuovo presidente ucraino e la guerra civile nell'Est
I rapporti con Mosca, la crisi economica, la secessione del Donbas e lo spettro della guerra civile sempre più sanguinosa.

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16 aprile 2014 | Radio IES | intervento
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Una nuova Crimea


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